Bonini su IMU agli italiani all’estero: “Scelta obbligata per far quadrare i conti”

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“È vero che lo Stato ha dato facoltà di scegliere se classificare l’abitazione dei residenti all’estero come prima o seconda casa; ma è altrettanto vero che dai comuni, a prescindere dalle aliquote applicate, pretende la metà sul minimo previsto, con il risultato che siamo di fatto costretti ad applicare percentuali maggiori”.
È con questa sorta di sillogismo che il sindaco Marco Bonini replica all’attacco sulla tassazione IMU ai residenti esteri sollevato da una cartolina apparsa pochi giorni fa.

Il documento, anonimo, dichiarava infatti che “per Barga gli italiani all’estero sono stranieri” proprio perché le abitazioni dei bargo-esteri sono state classificate come seconda casa e quindi tassate al 10.6 per mille, al pari di tutti coloro che possiedono più di un immobile.
Voci di protesta si erano alzate da più parti, anche con la pubblicazione della già citata cartolina, sottolineando come in questo modo agli italiani all’estero venisse quasi negato lo status di residente.

Ma non si tratta di discriminazione o scarsa sensibilità, spiega ancora il sindaco di Barga, bensì di una scelta obbligata per far quadrare i conti, “scombinati” dalla soppressione dell’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) e dalla successiva introduzione dell’IMU (imposta Municipale Unica).
Ecco l’arcano: l’ICI prevedeva un aliquota “non agevolata” (cioè per seconde case ed altre proprietà) del 7per mille, la quale, poi, rimaneva interamente al comune.

L’IMU impone, sempre per gli immobili non agevolati (quelli cioè che non sono classificati come prime case), un’aliquota base di 7,6 per mille, che i comuni possono variare di più o meno 3 punti, portandola cioè al 4,6 o 10,6 per mille del valore catastale. Il Governo pretende però il 50% dell’aliquota di base, come dire il 3,8 per mille su quanto riscosso.

Ergo, per tutelare i cittadini possessori di un solo immobile (e quindi, teoricamente, con minori facoltà finanziarie) e per mantenere più o meno costanti gli di introiti, molti comuni hanno scelto di classificare come “altre proprietà” tutto ciò che non fosse davvero prima ed unica casa, per la quale è stata mantenuta al minimo la tassazione (4,6 per mille – metà da cedere allo stato), portando al massimo consentito la tassazione sugli altri tipi di proprietà, in modo da avere entrate analoghe a quanto fruttava l’ICI.

10,6 ‰ aliquota massima – 3,8 ‰ aliquota da versare al governo = 6,8 ‰ +/- quanto fruttava l’ICI al 7‰

Una decisione che è stata adottata da moltissimi comuni, sottolinea ancora Marco Bonini, tra i quali rientrano la maggior parte dei nostri vicini e addirittura Lucca stessa, costretti a scelte impopolari ma vincolate al mantenimento delle entrate.

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