Fumo: nuovi scenari nella lotta alla dipendenza

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E’ stato scoperto e identificato il meccanismo che ci induce alla dipendenza da nicotina: dipende da una differenza genetica. Il risultato dello studio è opera dei ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla (California). In Italia fumano più di 14 milioni di persone di cui almeno 5 milioni sono donne

Una mutazione genetica del recettore per la nicotina rende i soggetti portatori più vulnerabili al consumo di sigarette. Il risultato dello studio, opera dei ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla (California), è stato da poco pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature. I dati ottenuti potrebbero ora aprire nuovi interessanti scenari nella lotta alla dipendenza da fumo. L’effetto della nicotina si esplica attraverso il suo legame con il recettore nicotinico, una struttura composta da 5 differenti sub-unità. Una di queste, l’alfa-5, è stata oggetto dello studio dei ricercatori statunitensi. Dalle analisi effettuate in modelli animali è emerso che, la presenza di una mutazione che non consente la corretta espressione di questa sub-unità, porta a un consumo notevolmente maggiore di nicotina rispetto a chi ha la sub-unità normale. Meccanismo che si arresta se, attraverso l’ingegneria genetica, viene ripristinata la corretta funzione. “I nostri dati –  dichiara Christie Fowler, una delle principali autrici dello studio – possono spiegare il fatto che persone con una variazione genetica nella sub-unità alfa-5 del recettore della nicotina sono più a rischio di dipendenza. Conoscendo questo meccanismo è ipotizzabile lo sviluppo di nuovi farmaci per aiutare queste persone a smettere di fumare”.

L’elemento che maggiormente determina assuefazione e che fa del fumo una delle tossicodipendenze più pericolose è la nicotina contenuta nella sigaretta. Questo alcaloide, ovvero una sostanza organica azotata ottenuta per la maggior parte dal regno vegetale, è presente nella sigaretta in concentrazione variabile dal 2 all’8% e produce due tipologie di effetto: uno attivante e quindi eccitante, il secondo sedativo e rilassante. Oltre all’aumento dei battiti cardiaci che sottopongono il cuore a un lavoro maggiore, i maggiori effetti si verificano sul sistema nervoso: grazie alle alterazioni a livello psichico causate dalla nicotina si verifica la dipendenza ormai accertata da tutti i medici e gli scienziati che si sono occupati degli effetti del fumo sul corpo umano. La nicotina viene assorbita a livello polmonare, entra nel circolo sanguigno e raggiunge il cervello in 8/10 secondi stimolando la liberazione di un mediatore chimico (dopamina) e modificando la trasmissione degli impulsi nervosi.

Le conseguenze di questo processo sono l’eccitazione, l’attivazione delle funzioni cerebrali legate all’attenzione, alla concentrazione, all’umore, favorendo anche il rilassamento e la riduzione dello stress. Una sensazione complessiva di benessere generale che, una volta svanita, è sostituita da una sensazione di depressione che spinge ad accendere nuovamente una sigaretta e ad aumentare la dose di fumo per mantenere costante il livello di nicotina nel sangue. In Italia, secondo gli ultimi dati statistici, oggi fumano più di 14 milioni di persone. Un numero impressionante, di cui almeno 5 milioni sono donne. E il dato più sconcertante di questa vera e propria epidemia riguarda proprio le donne: l’Italia è uno dei paesi europei in cui il fumo al femminile è in costante crescita. Al contrario, i fumatori sono diminuiti di circa 20 punti nel corso di questi ultimi decenni (nel 1980 fumava il 54% degli uomini, nel 1995 il 34%) per stabilizzarsi oggi intorno al 33%. Aumentando il numero di donne fumatrici sono aumentate, di conseguenza, anche le patologie legate al fumo: in Italia, nel 1970 morivano 2.300 donne per tumore al polmone, oggi questo numero è salito superando i 6.100 casi all’anno. È in aumento, purtroppo, anche il numero di adolescenti che iniziano a fumare: fra i 15 e i 17 anni fuma quasi il 7% delle ragazze (nel ’90 fumava il 4,5%) tra i 18 e 19 anni il 15%, rispetto al 12,7% del ’90 e fra i 20 e 24 anni la percentuale cresce ancora, raggiungendo quasi il 20%. La prima sigaretta è accesa a soli 11 anni: questo significa che si abbassa notevolmente l’età dei fumatori più a rischio, cioè coloro che fumano da almeno 20 anni ai quali sono destinate solitamente le raccomandazioni di controllo medico ogni anno per verificare lo stato di salute e prevenire l’insorgere di malattie connesse al fumo. Non più quindi sopra i 50 anni ma circa 35.

Articolo di Daniele Banfi pubblicato sul sito della Fondazione Veronesi source

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