LE BEFANATE DI BARGA NELLA TRADIZIONE POPOLARE E NELLA LETTERATURA

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L’angolo della storia
Le origini barghigiane dei canti di questua delle befanate sono lontanissime e risalgono almeno al medioevo, per quanto è possibile documentare. Nello statuto del 1414, quasi seicento anni fa, si parla de1l’epifania e precisamente nel “liber maleficiorum” , quello che oggi è il codice penale.In un paragrafo di questa rubrica si commina un’ammenda di un soldo per ciascuna persona e per ciascuna volta che la vigilia della befana canterà quelle brutte cose che si usano da lungo tempo. Probabi1 mente la più antica testimonianza dei canti popolari della befana che si conosca.

Il poeta giocoso Antonio Guadagno1i di Arezzo (1798-1858) verso la metà del 1800 fu ospite, durante il periodo natalizio, della signora Marianna Mordini nel suo palazzo di Porta Reale.

Al momento del commiato scrisse una poesia estemporanea intitolata “Addio a Barga”, ma anche alcuni gustosi versi sulla tradizione locale della befana.

Alfredo Bonaccorsi (1887-1971), critico e storico musica1e di notevole fama, trattò l’argomento della musica popolare su11’encicic1opedia “Treccani”, una monumenta1e opera tuttora insuperata, edita fra le due guerre mondiali.Il nostro concittadino descrisse, in una dotta esposizione, le “befanata” barghigiane riportandone, alcune strofe con relativo testo musicale.

Giovanni Pascoli giunse a Barga nell’ottobre del 1895 ed ebbe modo di udire le rime della befana cantate a Caste1vecchio il 5 gennaio successivo. Ne rimase colpito e pochi mesi dopo scrisse la poesia “La befana” composta appositamente in ottonari e tale per essere cantata sulle note dei canti popolari tradizionali.

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