La gita di Pasquetta

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La tradizione della gita a Pasquetta affonda le proprie radici in un passato lontano quando nell’equinozio di primavera, momento fondamentale per molte culture antiche basate sull’agricoltura, si celebrava il risveglio della natura e il ritorno della terra alla fertilità con riti e festeggiamenti che onoravano gli dei preposti a questa annuale rinascita.

Con l’arrivo del cristianesimo questo evento, come altri, trovò nuovi significati e valori, ma questa è un’altra storia…

Fatto sta che questa fusione tra paganesimo e religione cristiana ha dato vita a una festività in cui le scampagnate e il desiderio di stare insieme evocano, magari inconsapevolmente, l’antica usanza di accogliere gioiosamente la primavera.

La gita del lunedì di Pasqua rappresenta, dunque, una sorta di connessione tra passato e presente e tra sacro e profano in cui questi motivi ancestrali si fondono con la voglia di stare all’aperto dopo il lungo inverno.

Allora migliaia e migliaia di persone si danno da fare inseguendo il mito di una Pasquetta dal sole caldo e dall’aria gentile che esiste, purtroppo, solo nei loro desideri e nei ricordi che il passare del tempo ha ricoperto di una lieve patina di rimpianto e di romantica bellezza.

Programmano gite, caricano le auto di sedie e tavoli pieghevoli, palloni, barbecue anneriti dal fuoco di mille braci e tonnellate di carne, vino, birra e cestini da picnic che farebbero la gioia dell’orso Yoghi e del suo amico Bubu.

Finalmente arrivati a destinazione, dopo uno sguardo preoccupato a quel cielo fattosi così avaro di azzurro e senza confessare il timore che hanno dentro, stendono quegli sgargianti plaid a quadri che resistono in famiglia da generazioni e preparano per una monumentale grigliata.

Il tempo, che alla partenza sembrava benevolo, è adesso di un grigio imbronciato e una brezza maligna costringe a indossare controvoglia giubbotti e piumini mentre le prime imprecazioni, che sanno tanto di resa davanti all’evidenza, sibilano rabbiose a mezz’aria.

Con un occhio preoccupato alle nuvole incombenti e ostentando un’allegria più falsa dei soldi del Monopoli consumano un pasto frettoloso e preoccupato.

Lottando contro le folate di vento che portano via piatti e bicchieri di plastica, sparpagliandoli ovunque insieme al loro contenuto, finiscono il cibo in fretta e furia e caricano di nuovo tutto sull’auto in una ritirata strategica che ha tutto il sapore della disfatta.

Durante il viaggio di ritorno, con l’umore che sembra ammucchiare nuvoloni neri contro il soffitto dell’abitacolo e coi tergicristalli che spazzano la pioggia dal parabrezza, giurano per l’ennesima volta che la prossima Pasquetta non si faranno fregare, restando tranquilli a casa.

Intanto, nel buio del bagagliaio, i plaid a quadri e il cestino da picnic sghignazzano già pregustando la gita dell’anno prossimo che sarà in tutto e per tutto uguale…

 

p.s.

Non fatevi scoraggiare dal mio pessimismo e preparate la vostra gita che sarà senz’altro allietata da un caldo sole ma tra le cose da portare, fosse solo per scaramanzia e nella speranza di tenerlo chiuso, non dimenticate l’ombrello!

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