Il calvario di Santa Gemma Galgani

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Crediamo che pochi santi riescano ad introdurci nella ricorrenza della Pasqua come S. Gemma Galgani, con la quale condividiamo pure una certa vicinanza territoriale. I suoi antenati, di cui abbiamo notizie risalenti al 1257, provengono infatti da Pescaglia, dove si trova anche un palazzo del Quattrocento appartenuto ai Galgani. Da innumerevoli documenti sappiamo inoltre che nella loro famiglia si trovavano diversi uomini d’arme, che ben presto si distinsero per il contributo dato alla scienza medica. Non a caso, in qualità di medici e di chirurghi, molti di essi compaiono in un lungo catalogo di sanitari lucchesi, tra cui il bisavolo di Gemma, il nonno ed infine il padre Enrico. Dal canto suo Santa Gemma, ha lasciato traccia di sé a Cerreto di Borgo a Mozzano, dove di recente è stato inaugurato e benedetto il sedile di pietra su cui sostava, davanti la casa degli avi. Il parroco Marcello Brunini ci ha raccontato che fin dal 1895, durante l’estate, Gemma soleva trascorrere lunghi periodi a Cerreto; affetta da tubercolosi, necessitava di aria fresca e salubre, che a Cerreto non mancava. Nel tardo pomeriggio, uscita di casa, sedeva sulla panchina di pietra. Subito le venivano attorno i ragazzi, a cui impartiva lezioni di catechismo. Per il resto la sua vita altro non fu che di preghiera e di meditazione. Fin da bambina aveva sentito la chiamata di Cristo. Adulta, questa voce si fece più nitida, tanto che lei comprese cosa avrebbe dovuto fare: vivere a immagine di Cristo, addossandosi i peccati dell’umanità in modo da alleggerire il peso della Croce al Redentore. Lui stesso gli dirà che l’attendeva al Calvario.

Nata il 12 marzo 1878 a Borgonuovo di Camigliano, muore l’11 aprile 1903, sabato santo. Una vita breve, ma intensa, durante la quale dovrà superare una serie di ostacoli, propri di chi è chiamato a divenire santo. L’otto giugno del 1999, Cristo, come le aveva anticipato nelle estasi, le fa il dono delle stimmate. Dopo il tracollo finanziario del padre e la sua successiva morte,  Gemma sarà ospite di casa Giannini i cui familiari, durante le estasi, la sentivano conversare con Cristo. Di nascosto, senza che lei se ne accorgesse, appuntavano quanto udivano, per poi inviarlo a padre Germano, suo direttore spirituale. Insieme alle estasi (se ne conoscono 141, ma forse ne ebbe di più), dovrà vedersela con le vessazioni sataniche. Momenti drammatici durante i quali, come riportano le testimonianze di Cecilia Giannini, veniva percossa e strattonata quando era a letto; Cecilia vedeva Gemma aggredita e battuta, senza  notare altro. Padre Germano invitò Gemma a redigere un diario e una autobiografia. Il diario le venne rubato da Satana. Glielo riporterà dopo tre esorcismi di padre Germano, ma con le pagine affumicate. Fra esorcismi, vessazioni, e sofferenze varie, S. Gemma si sente ancora più vicina al suo Gesù, che chiama “Sposo di sangue” e a Maria, sua tenerissima madre, incontrata in molte apparizioni, alla stregua di S. Gabriele dell’Addolorata. Con l’Angelo Custode aveva un rapporto pressoché costante, e ne intravvedeva la sagoma.

Nel frattempo erano accaduti episodi dai risvolti misteriosi. Al padre spirituale, le lettere che lei gli inviava, arrivavano senza essere contrassegnate dalle poste del regno. Una di quelle lettere, anche su indicazione di padre Germano, fu allora riposta in un cassetto chiuso a chiave. Gemma era in giardino che accudiva un piccolo di casa Giannini, quando disse che era passato l’angelo. Andata a verificare il cassetto, Cecilia constatò che la lettera non c’era. Da ulteriori accertamenti, si saprà che era arrivata a padre Germano in tempo  pressoché reale. Altri sarebbero gli avvenimenti inspiegabili che accompagnarono le sue giornate. Ciò non toglieva che lei restasse fedele e coerente alla promessa fatta a Cristo: coadiuvarlo fino al raggiungimento del Calvario. Fra lutti familiari, problemi di salute e vessazioni diaboliche, prosegue la sua via dolorosa alla volta del Golgota. Adesso non la troviamo più a casa Giannini, ma in un  appartamento di via della Rosa. Ridotta pelle e ossa e affetta da dolori atroci, i medici, pur non riuscendo a formulare una diagnosi, consigliano di isolarla. Ai malesseri fisici si aggiungono le vessazioni  di Satana, che lei esorcizza in proprio. Il mercoledì santo le viene amministrato il Viatico. Il venerdì, rivolta a Cecilia, che lei chiamava zia, le mormora di  non lasciarla sola finché non sia inchiodata alla croce. E aggiunge: “Ho da essere crocifissa con Gesù. Gesù mi ha detto che i suoi figli debbono morire crocifissi.” Poi finisce in una estasi dolorosa, le braccia allargate fino alle 13,30. Cecilia scriverà a padre Germano: “Guardi una immagine di Gesù crocifisso moribondo, e questa era la sua figura”. Con due lacrime agli occhi, spira alle 13,45 del sabato santo, 11 aprile 1903. Fedele alla sua missione, aveva affiancato Cristo nell’ascesa al Golgota, fino alla crocifissione.

Si racconta che, alla sua morte, le campane della città si disciolsero in un unico suono. Il 14 maggio 1933 Pio XI la dichiara Beata, il 2 maggio 1940 Pio XII procede alla solenne Canonizzazione. Si avverava così quanto Cristo le aveva rivelato nel marzo 1901: “Per opera mia tu sarai santa, farai miracoli e sarai agli onori degli altari”.

Non solo. Sarà la più grande mistica del ‘900, oggi venerata in tutto il mondo.

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