Storia del Teatro Differenti. Premessa (prima parte)

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Questa mia storia del Teatro Differenti prende le mosse da quando l’anno 1998, dopo diverso tempo dall’inizio dell’ultimo restauro, finalmente il 29 novembre, si riaprì il portone al pubblico.

Furono quelli anni che mi videro impegnato nel sostenere politicamente, nei miei limiti, l’Amministrazione Comunale del Dott. Mauro Campani e devo dire che mi riuscì anche assai bene. Erano quelli anche gli anni della riapertura del Teatro e per l’occasione proposi un’attuata lapide in ricordo dei coniugi Peter Hunt e Gillian Armitage, fondatori di Opera Barga, un’istituzione culturale che dalla fondazione, era il 1967, dette a Barga uno slancio incredibile, anche turistico.

Erano altri tempi ma loro andavano eternati all’interno del Teatro, come ancora attendiamo che si eterni la memoria di Giacomo Puccini, quando con Plinio Nomellini, proveniente dall’Abetone dove era in villeggiatura, il musicista con lo scultore, entrarono nel Teatro Differenti per udire la commemorazione di Giovanni Pascoli. Era il 6 ottobre 1912, sei mesi esatti dalla sepoltura a Barga del Poeta, in un loculo gratuito messo a disposizione dell’Arciconfraternita di Misericordia, cosicché dal cimitero a Barga la salma, con un solenne funerale, in quel giorno fu trasferita alla cappella di Casa Pascoli. Scrisse Mario Biagini nel suo libro su Pascoli Il Poeta solitario – Vita di Giovanni Pascoli, del 1963, che “tra il popolo Giacomo Puccini: il grande fratello piangeva”.  

Sono passati venticinque anni e, seppur qualcosa sia rimasta indietro, la lapide “pucciniana”, questa data non può passare in sordina e allora siamo qui a scrivere qualcosa della più che secolare storia del culturale e bell’edificio. Teatro che sin da quando per la prima volta fu edificato, era anno 1668, seppur nessuno scritto ci resti, ma è facile credere che si salutò nella Valle del Serchio come un segno di quell’emancipazione sociale che ogni società posta tra le Apuane e gli Appennini, fosse con Lucca o con Modena, vide brillare come una stella, che da quassù, nella Terra fiorentina di Barga, illuminava la via dell’auspicato progresso.  Anche questa è una delle importanti cifre de’ La  Bella Signora Senza Tempo.

Il Teatro di Barga nella sua lunga storia ebbe due momenti principali, come due vite congiunte in un’unica realtà, che si spiegano subito con una prima nascita, appunto quella del 1688, per poi riprendere slancio con gli anni finali del Settecento, quando sul solito sito del precedente e più piccolo Teatro si volle far nascere un nuovo edificio più bello e capiente. In entrambe le occasioni, fautori, autori e mecenati in favore della società locale, furono gli appartenenti a delle famiglie locali raccolte sotto l’insegna degli Accademici dei Differenti. L’accademia, inizialmente, sorse con il nome di “Indifferenti”, una scelta di cui non sappiamo di preciso le origini culturali ma che il protettore della stessa, il Granduca Gian Gastone dei Medici, volle si cangiasse in “Differenti”.

Tutti sanno che varie furono le Accademie nate in Toscana come altrove e ognuna aveva il suo modo di appellarsi, in genere un nome tra i più strani e al primo impatto di difficile comprensione, certamente non per gli iscritti che anch’essi si appellavano stranamente, che però ben sapevano cosa li riuniva, sia nel campo dell’arte, della musica, delle lettere e nel caso di Barga un misto tra letteratura, forse musica, certamente commedia e, seguita a leggere. Inizialmente presero il nome di “Indifferenti” forse perché, essendo quei personaggi immersi nella cultura in genere ma anche nella storia del Castello, sentivano ancora venire incontro a loro quello zefiro orgoglioso, sì, lontano ormai di tre secoli, quando con lo Statuto del 1360 Barga avrebbe voluto non essere sottomessa a Firenze ma, come denunciano gli attuati stralci di articoli al testo iniziale, bensì, alleata, come una sorta di San Marino d’occidente. Per esempio, il podestà che Firenze avrebbe inviato a Barga, la sua accettazione la votasse il Consiglio della Terra, ovviamente un articolo che fu tolto.

Tornando sui nostri passi teatrali, va detto che in Barga, a questa data 1688, parrebbe essere già stata in essere dagli inizi di questo secolo XVII, un’Accademia, sorta nel ricordo del poeta Pietro Angeli il Bargeo, uno dei maggiori letterati del Cinquecento italiano, che era nato a Barga nel 1517 e morto a Pisa l’anno 1596. Un eminente latinista che aveva scritto le sue opere essenzialmente in quella lingua, un dato letterario, che con il continuo sviluppo del volgare, già durante la sua vita, di là dal riconosciuto grandissimo merito intellettuale, lo stava relegando un poco ai margini della nuova via, appunto, letteraria e sociale.

Di questa storia di un’antica Accademia Bargea si narrano alcune cose, brevi e con poca chiarezza documentaria, nel libro “Storia delle accademie in Italia”, scritto dall’ungherese Michele Maylender (1863-1911) (1). Comunque riportiamo ciò che in quel testo si dice e che è posto sotto il titolo “Accademia Bargea”. Inizia il breve racconto con il ricordo che nella Terra di Barga nacque l’anno 1517 il celebrato letterato Pietro Angeli, detto il Bargeo, che ricoprì l’anno 1588 il Consolato dell’Accademia di Firenze. Ebbene, a quasi un secolo dalla sua morte, che avvenne gli anni 1596 e non 1576 come dice il testo, al suo nome in Barga prende avvio un Accademia letteraria che sarà chiamata Bargea e questo avviene secondo Maylender l’anno 1688, il solito degli accademici Indifferenti e poi Differenti. Premesso che si potrebbe trattare della solita cosa chiamata in un nome diverso, comunque, prendendo per buona la diversità, questa notizia è molto intrigante, perché potrebbe ravvisarci la motivazione per cui, alla rifondazione del Teatro dell’anno 1793-95, si volle un logo che ancora oggi fa chiedere a tutti quale sia il suo vero significato. Si tratta di uno scudo con dentro un alpestre e tempestoso paesaggio che nel mezzo mostra un monte a Barga notissimo, perché disegna magnificamente il paesaggio, cioè, la Pania. Dai suoi lati partono due fiumi che stanno sotto un arcobaleno e che vanno ad alimentare un lago, mentre in basso si apre un cartiglio, con scritto un motto: “Ad Unum”.

Allora, se fosse vero tutto ciò che noi sin qui abbiamo letto di Maylender e poi arguito, si potrebbe vedere la società culturale di Barga che nel tempo che va dalla prima fondazione del Teatro (1668) alla seconda (1795), si fosse divisa culturalmente ma che poi, nella rifondazione del Teatro, riedificazione per certi versi imposta da Firenze, così come vedremo più avanti, avesse trovato la via dell’unità. Come in tutte le cose di cui non abbiamo tracce, potrebbe anche essere, che già alla fondazione l’anno 1688 del Teatro, ci fosse da unire la comunità culturale e forse politica di Barga.

Tenendo presenti queste due idee, andiamo ad aprire un altro cassetto culturale, consistente nel sapere ciò che al termine della rifondazione del Teatro nel 1795, si pensava di dover disegnare e pitturare in maniera significante il telone che avrebbe chiuso il palco, il boccascena. Ciò che d’importante si voleva lo svela il poeta Giovanni Fantoni (Fivizzano 1755-1807) quando, all’incaricato di eseguire la pittura del sipario al Teatro di Barga, il pittore Saverio Salvioni (Massa 1755-1833), descrive come si sarebbe dovuto comportare artisticamente.

In pratica, potremmo vedere Salvioni, che ricevuto dagli accademici di Barga l’incarico della pittura, con la commessa gli fosse stato richiesto di condensare nell’opera ciò che culturalmente e socialmente stava dietro alla storia della riedificazione del Teatro. Il senso di ciò lo potremmo ravvisare ieri racchiuso sul telone, oggi nella pittura dello scudo che è ancora sotto l’arco del boccascena accanto a quello del Comune di Barga. Infatti, il telone, aveva la solita pittura del presente scudo che reca la scritta “Ad Unum” e questo lo diciamo con sicurezza, perché Salvioni, per dare corpo pittorico all’idea che a lui era stata suggerita, come detto, aveva ricercato l’aiuto del poeta Fantoni che in una lettera del maggio 1794 gli dà le dritte per l’opera da farsi. Infatti, ciò che gli suggerì è quello che oggi, seppur grossomodo, vediamo nello scudo. Questa nostra affermazione trova la sua conferma in ciò che è in un libro e possiamo leggere subito a seguire.

Chi scrive è il poeta Giovanni Fantoni che, rivolgendosi a Salvioni, così inizia (2): Amico carissimo. Progetto del sipario di Barga, a tenore di quanto mi avete indicato, etc.

Farei nel fondo del telone una tempesta (genere in cui voi vi distinguete per eccellenza) e due fiumi, che gonfi serpeggiano per la pianura, o piuttosto fralle balze, essendo Barga paese di monte. Indi farei comparire il sole, che squarcia le nubi, e adduce l’arco baleno su del quale (per non fare cose de’ comuni confessorum) mi risparmierei di mettere a sedere la dea Iride. Quest’arco baleno deve tagliare il telone perdendosi dietro un anfiteatro a sinistra in avanti, sotto di cui si riuniranno i due fiumi divenuti più placidi. In questo punto dev’essere Mercurio dio delle arti col caduceo e la lira appoggiato ad un cippo, o termine, su di cui sarà scolpito, Ad Unum 1688. E sotto di questo sgorgherà, come da un’urna dei due fiumi riuniti, che lambirà un colle, su di cui alla diritta in avanti sarà il tempio della pace, ed appié del colle Melpomene, e Talia, la prima in aria severa, la seconda ridente. E perché possiate dipingere queste due muse in un contegno un poco fuori dal solito, eccovi una descrizione, che farà al vostro proposito in alcuni miei versi …

Ora Fantoni descrive all’amico pittore con parole di poesia, Melpomene e Talia, per poi passare alle conclusioni di carattere confidenziale, ma ciò che a noi può ancora interessare sta nel fatto che in questo libro di cui diamo le credenziali in nota, appaiono dei personaggi di Barga che sono amici o conoscenti dello stesso Fantoni. Come un canonico Verzani e più marcatamente Giuseppe Bertacchi e questi appartiene a una famiglia che con il Teatro in oggetto, al tempo della seconda edificazione, ebbe un ruolo primario, tanto da avere avuto delle memorie che conservate presso i propri archivi, oggi e da diversi anni, sono entrate nell’Archivio Storico del Comune di Barga.

Come nota di colore, lo scrivente ricorda quando Riccardo Gramigna, erede dei Bertacchi, al proscenio del Teatro Differenti, molti anni fa, ma non ricorda per cosa, ebbe l’occasione di raccontare un episodio sentito narrare in famiglia e che riguardava un Bertacchi. Probabilmente questi era un Console dell’Accademia Differenti, cioè presidente, e durante un incontro alla sua villa, svolto al lume di candela con gli altri accademici, a un certo punto esordì dicendo che se non si fosse trovato l’accordo su un certo argomento che andavano discutendo, avrebbe spento la candela e tutti a casa. L’accordo non si trovava e lui mantenne la promessa: dette un bel soffio e tutti a tastoni dovettero tornarsene a casa.

Di tutto quello che sino a ora abbiamo letto certamente resta come traccia ideale il fatto che qualsiasi cosa non nasce all’improvviso, ma sempre è il frutto di un qualcosa che in anni è andato maturando. Con questo vogliamo dire che certamente già l’anno 1688 dell’Accademia degli Indifferenti e poi Differenti che fa il Teatro, chissà che questa non sia nata da quella Bargea, nome che ci ricorda Maylender, questo potrebbe essere anche vero perché, lo ripetiamo, non ci si associa così a caso, all’improvviso, ma si fa seguendo un’ideale che pian piano matura o che già è nell’etere come memoria. Come anche ciò che noi presupponiamo sia nato nel Seicento, potrebbe avere le sue radici nel Cinquecento. Questa è un’idea non peregrina perché ha il suo riscontro in un articolo dello scrivente che è su questo sito, in cui parlava anche di Porta Reale “Anno 1779: le strade della Comunità di Barga” (3) .

Nell’articolo, parlando di Porta Reale, ecco cosa si diceva lo scrivente: Prima del quattrocentesco rivellino, la Loggia era solo un androne chiuso con una possente, porta, un’antica difesa che rimase a cielo aperto sino al 1512, quando fu chiusa a costituire una Loggia. La copertura fu salutata dai barghigiani del Terziere di Porta Reale con grande soddisfazione, ma anche degli altri terzieri della Terra, perché finalmente ebbero un luogo pubblico riparato dalle intemperie, simile alla Loggia di Piazza del Mercato che era nel Terziere di Borgo. Infatti, si ha memoria che quella Loggia s’iniziasse a usarla anche come una sorta di teatrino per certe e ignote rappresentazioni, questo ancor prima che nascesse il primo teatro, erano gli anni 1688, fatto dagli accademici Indifferenti di Barga.

Tornando sui nostri passi circa la genesi di un Accademia letteraria in Barga, abbiamo letto che già nel Cinquecento, sotto la Loggia di Porta Reale, si tenevano degli spettacoli teatrali, forse organizzati da possibili compagnie di girovaghi o messi in piedi dalle persone più avanzate culturalmente tra i locali. Del resto le accademie nascono proprio per il bisogno che hanno le persone di stare insieme a parlare di cose che culturalmente uniscono. Anche oggi le varie associazioni dedite alla cultura o altro si comportano come sempre è stato nel passato: associarsi nell’idea del solito fine. Non è difficile, quindi, capire che già nel corso del Cinquecento ma anche prima, in Barga ci si riuniva per assistere o fare degli spettacoli e da questo dato ecco che poi sempre più si andava praticando questo tipo di evasione mentale dal quotidiano, elevando gli spiriti in lidi di edificante fantasia da tradurre, possibilmente, in pratica.

Tali pratiche siano esse letterarie o di commedia si praticavano anche in case private del Castello, quasi mai accettate dal governo superiore a quello di Barga. Si tenevano in grandi sale, dove si davano spettacoli su invito, chissà di che natura, comunque ci sono i riscontri, specialmente nei secoli successivi al Cinquecento, come del fatto che si ballasse o giocasse anche d’azzardo. Tutto viene fuori dalle lamentele che poi sfociavano nella giustizia e dalle indagini compiute e raccolte dal tribunale di Barga, da questa fonte primaria se non assoluta, si apprendono molte cose, con beghe che sfociavano anche in liti in cui poteva scorrere anche il sangue.

Crediamo si sia scritto assai e per ora a questa Premessa circa le motivazioni che portarono alla nascita del Teatro di Barga, si pone il punto, fissandoci appuntamento al prossimo articolo con cui continueremo la stessa premessa comunicando notizie su quali furono le famiglie di Barga che dettero il loro economico contributo l’anno 1688 del primo edificio e poi per la riedificazione del 1795. Magari parleremo anche di cosa si muoveva in Barga nel secolo XVII e, seppur non sarà facile, noi ci proveremo.

(fine prima parte –continua)   

 

  1. Michele Maylender – Storia delle accademie in Italia con prefazione di S. E. Luigi Rava – Vol. 1, Abbagliati-Centini.

  2. Giovanni Fantoni (Labindo) – Epistolario (1760-1807) a cura di Paola Melo. Biblioteca di Culture / 453 – Bulzoni Editore, 1992. Lettera pubblicata alle pagg. 259-60.

  3. Pier Giuliano Cecchi – Anno 1779: le strade della Comunità di Barga (seconda parte). La via Imperiale della Giovicchia. 14 luglio 2022.

 

Dedico questo mio lavoro, che prevede altri articoli, alla memoria di Antonio Nardini, già Commissario la Sezione di Barga dell’Istituto Storico Lucchese, di cui oggi io sono il Vice di Sara Moscardini. Antonio, quasi quaranta anni fa, mi fece fotocopiare diverse cose antiche che parlavano del Teatro Differenti e che oggi mi saranno molto utili per questa mia storia. Tra l’altro Antonio scrisse il libro: Storia del Teatro Differenti, edito due volte, la prima volta a cura de’ Il Giornale di Barga, nel 1983, mentre la seconda uscita fu nel 1998, riapertura del Teatro, a cura della Fondazione Ricci Barga. Il libro fu il primo del genere e resta una pietra miliare per chi voglia conoscere quella storia.

 

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