Anno 1779: le strade della Comunità di Barga (nona e ultima parte). La via del Saltello: storica aspirazione di Lucca per Modena ma soprattutto di Barga (FINE)

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Con il precedente articolo si è terminato il virtuale cammino assieme al nostro tecnico Francesco Merrighi sulle settecentesche e più importanti strade del territorio di Barga. Adesso però crediamo sia interessante definire un poco cosa avesse voluto dire, per la nostra Comunità, il Passo del Saltello, quale sia stato la sua importanza a livello anche provinciale tanto che la strada per raggiungerlo era considerata la migliore e la più pratica anche per la stessa Lucca nel raggiungere Modena.

Una storia molto lunga ma che mai ha avuto il suo coronamento, tanto interessante da aver creato una specifica e ampia letteratura sull’argomento. Noi cercheremo di riprendere un poco il filo della storia che dai secoli più lontani, passando a volo d’uccello nel Medioevo, ci porta al Settecento, poi all’Ottocento, fino al secolo scorso, il Novecento.

Gli storici in genere ci indicano questo passo montano molto antico, che posto a un’altezza di circa 1600 metri, era il più facile, il più comodo da raggiungere per chi salendo da Lucca a Barga o dal territorio limitrofo, avesse voluto attraversare l’Appennino per raggiungere il Frignano e Modena. Purtroppo, ahimè! Seppur tutti lo avessero saputo, finanche i vari governi a cavallo delle Apuane e degli Appennini e poi d’Italia, la strada per raggiungerlo non fu mai possibile renderla comodamente ruotabile, meglio dire pensando all’oggi, asfaltata e sviluppata come altri e vari collegamenti che attraversano ancora gli Appennini, e questo nonostante i molteplici e autorevoli tentativi che più avanti vedremo. Nell’anno 1988, il Circolo Cesare Biondi, grazie all’impegno dello scrivente, e Istituto Storico Lucchese Sezione di Barga, in occasione dell’ultimo tentativo di realizzare la strada del Saltello, sull’argomento realizzò una mostra storica, di cui l’immagine in apertura dell’articolo e le prossime due a seguire, mostrano quale fu l’impegno sull’argomento. I particolari per cui occorse la mostra si potranno leggere in chiusura del presente articolo.

Per quanto riguarda la storia del passo va detto che è naturale pensare che un valico appenninico posto a quasi 1600 metri di altezza, da sempre abbia attratto chi dalla Toscana e viceversa, per i propri interessi, avesse avuto il bisogno di attraversarlo. Certamente si prestava molto bene ed era il collegamento ottimale da Barga per il Frignano, specialmente con Rocca a Pelago, sede dei due – trecenteschi signori di Montegarullo. Questi avranno con la stessa Barga un rapporto molto singolare, prima di aiuto per farla aderire al Comune di Firenze, un periodo di una decina di anni, poi dopo l’effettiva adesione che avvenne nel 1342, con Nieri da Montegarullo che nel successivo anno sarà incaricato da Firenze di reggere, quale podestà, la finalmente acquisita Terra di Barga in Garfagnana. Certo il Saltello fu il luogo principe dell’incontro tra le due realtà, ora unite in difesa dei propri interessi che poi s’incrinarono quando nel 1374, Obizzo di Montegarullo avrebbe voluto per conto anche di Pieve a Pelago, in regalo da Firenze, per quelle buone pratiche guerresche attuate in suo favore, quel territorio di Barga, il saliente che sconfinava di là dalla cresta appenninica, e che s’incuneava nei loro possedimenti, conosciuto come “Selva Romanesca”.

 

Nei secoli precedenti, tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, quando i Longobardi sottrassero ai Bizantini il controllo del Passo della Cisa che è in alta Toscana, ecco, secondo certa letteratura storica, questi ultimi decidere in alternativa di utilizzare come transito appenninico il Passo del Saltello, che gli consentiva di congiungere l’Adriatico al Tirreno (Luni). Che poi fosse un passo transitato in tutti i tempi, parrebbe dimostrarlo ancora il fatto che nei suoi pressi si trovarono dei reperti romani e di precedenti culture. Vedi: Sulle gobbe del Leviatano, di Matteo Carletti. Certo è che niente nasce così all’improvviso e allora è bene e utile ricordare che già i nostri Liguri Apuani, per collegarsi con i Friniati, seguissero questo tragitto, cioè, passando per il Saltello e questo ci fa riflettere ancor di più, quanto questo pratico tragitto possa essere stato maggiormente antico.

Secondo quanto ci narra lo storico Pietro Magri nel suo libro Il Territorio di Barga, l’anno 1698, tra il Granduca di Toscana e il Duca di Modena, intercorsero accordi per rendere uguale la strada di qua e di là dal Passo del Saltello, con il libero transito delle mercanzie toscane a San Bartolomeo e poi al Saltello, ma se ciò andasse a buon fine non lo sappiamo.  Per altro possiamo dire che per secoli Barga ebbe tra le sue entrate fiscali la tassa del legname che proveniva dal Frignano, che investendo anche altri minori luoghi di passo, certamente interessava soprattutto ciò che dal Saltello poi finiva per entrare nel Territorio di Barga.

 

Per raggiungere il Saltello da Barga, inizialmente era più consono il tragitto che passava da Sommocolonia, poi, con il tempo a seguire, ecco che prese campo anche il tragitto dalla montagna più propriamente di Barga, cioè da Renaio, così come si è visto nel passato articolo, che transitando per Tiglio, finiva con l’arrivare alla strada che portava anch’essa allo stesso Saltello. Comunque la principale rimase, almeno sino al periodo francese, la via di Sommocolonia, che munita di una dogana, questa da allora fu traslocata alla Porta Macchiaia di Barga, probabile segno dell’importanza acquisita dall’altra via per Reanio che sappiamo da qui muovesse.

Come si è certamente capito il passo del Saltello fu molto utilizzato e non solo da Barga ma anche dalle terre confinanti di Fosciandora, Treppignana e Ceserana, però per Barga fu un vero desiderio che potesse avere uno sviluppo più consono ai tempi che anche allora andavano, sia pur lentamente, cambiando. Altri passi o passetti che portavano di là ce n’erano, ma il Saltello, la Bassa del Saltello, era il più agevole, il più efficientemente diretto, per la maggiore brevità, ma anche perché presentava una salita graduale, senza difficili sbalzi. A ciò si univa anche la buona quota del transito, che in certi periodi invernali, se miti, poteva presentare poca neve. Di questo stato conclamato delle cose ne era ben consapevole anche la Repubblica di Lucca, quando alla metà del secolo XVIII, in accordo con il Duca di Modena, era il 1755, decise di studiare un tracciato che unisse le due città, ravvisando il Passo del Saltello quale valico appenninico. Lucca per raggiungere il Saltello, quale miglior tracciato nel suo versante toscano, a giusta ragione, aveva pensato a quello che sarebbe passato per Barga e poi Sommocolonia, ma purtroppo Firenze non dette l’assenso, questo per il pericolo che tale strada avrebbe potuto far voltare la stessa Barga a Lucca.

Certamente l’interessamento lucchese per questa strada e passo, mosse i barghigiani l’anno 1772 a pressare il Granduca di Toscana affinché concedesse la possibilità di rendere totalmente someggiabile la strada che da Porta Macchiaia saliva alla macchia di Sua Altezza Reale, ossia, quel bosco di massima altura che dal 1562 era stato sottratto all’utilizzo dei barghigiani perché incamerato ed esclusivamente utilizzato per uso della marina granducale (flotta di Santo Stefano), principalmente per produrre con i dritti faggi i remi. Questa via, che aveva la particolarità di non toccare la giurisdizione della Garfagnana modenese, quindi, politicamente tranquilla nel suo percorso, muoveva da dentro Porta Macchiaia. “Dopo essersi aggirata sulla schiena dei vicini poggi, va per il corso di circa sei miglia innalzandosi sulle pendici dell’alta montagna e giunta alle falde della macchia di S.A. Reale in loco detto Capanne Abbruciate, diramasi con altra a levante, rivolgersi per la parte di tramontana verso l’Alpe detto di Romecchio e sormontatone il crine s’inoltra nella boscaglia di Modena, altrimenti alla Rocca a Pelago, in distanza di cinque miglia dalla nuova strada modenese”.

 

Questa è una lunga delibera del Consiglio della Terra di Barga e seguita a rilevare i vantaggi che apporterebbe al territorio la pensata someggiabile strada, come per esempio: “Rilevarono che questa strada essendo più breve e comoda richiamerebbe una parte dei Lombardi (ndr – così erano appellati i modenesi di là dall’Alpe) a transitare col loro bestiame per la medesima nel portarsi nelle maremme, per il qual passaggio ci sarebbe la speranza che si aumentasse il provento della gabella comunitaria e finalmente farebbe che dalla Lombardia s’introducesse in questo territorio e nel rimanente dello stato maggior quantità di bestiame e burro e somministrerebbe un comodo maggiore”, si precisa lo scambio delle merci, ecc.

Dopo questa introduzione e spiegazione degli scambievoli benefici, si passò a deliberare che a tutti quelli che erano censiti a estimo dovessero dare alla semplice intimazione finalizzata alla realizzazione della strada due opere per fuoco, cioè famiglia, o in mancanza di ciò, due lire; i non possidenti, invece, un’opera per fuoco, però ricompensati con dodici soldi o con tanto pane per quel valore. Nonostante i buoni propositi, che periodicamente ritorneranno, la strada non fu possibile ampliarla perché il Granduca aveva maggiormente a cuore l’altra via dell’Alpe per il trasporto dei remi, che per il suo mantenimento richiedeva continui interventi a carico dell’Universale Fiorentino.

 

Intanto, due anni dopo, nel 1774, il Consiglio della Terra di Barga delibera due deputati a seguire l’iter della nuova strada per le Alpi di Barga, quella dalla parte di Renaio, “quando tornerà approvata la relazione fatta dall’Ingegnier Bombicci, (deputati) li Signori Avvocato Frediano Menchi e Vincenzo Niccoli”. Chiaro che sono passati due anni dal 1772 e ancora a Barga si aspetta l’assenso ai lavori alla strada della montagna che comodamente porti nel modenese. L’anno 1778 siamo sempre a riattare la strada dell’alta montagna di Barga. L’anno 1779 si mette mano ancora a questa strada come a quella per la parte di Sommocolonia, definita “delle Tre Potenze”, cioè, là dove s’incontravano i confini tra Lucca, Modena e Firenze. Ancora nel 1780 si lavora alla strada dell’Alpe di Barga ma anche a quella per il trasporto dei Remi.

Nel giugno 1784 c’è ancora a una supplica dei barghigiani diretta a S. A. Reale per aprire la strada dell’Alpe per raggiungere la modenese Pieve Pelago. Qui va detto che quando si dice strada dell’Alpe sia quella dalla parte di Renaio, mentre l’altra dalla parte di Sommocolonia si appellava “delle Tre Potenze”. Dopo un mese il Consiglio risponde a quest’appello, soggiungendo che non fosse il caso di tornare a importunare S.A. Reale perché già lo facemmo l’anno passato, ma nel 1786 si tornerà alla carica con la stessa richiesta da indirizzarsi a Firenze. Dal testo di questa ennesima richiesta si apprende che si vorrebbe ancora una comunicazione con Pieve Pelago, ma da congiungersi con quella nuova che il Duca di Modena sta costruendo dalla stessa Pieve Pelago a Castelnuovo di Garfagnana. Il fine è sempre lo stesso, ossia, affinché ne tragga vantaggio il commercio di Barga. Ovviamente niente di nuovo si mosse e si continuava a stanziare dei soldi per riattare le strade esistenti, delle Tre Potenze e quella di Renaio. Arrivò poi l’anno 1787, tempo in cui il Granduca di Toscana, cambiati i tempi marittimi e non occorrendo più i remi per le galee, decise di rendere, donandola alla Comunità, la macchia di faggi che aveva incamerato all’Universale l’anno 1562.

 

L’anno 1791 vediamo che i Priori di Barga incaricano il dott. Michelangelo Giannetti e il dott. Gaetano Palloni, affinché supplichino il Granduca per il ripristino del commercio di Barga con la Garfagnana e la Lombardia modenese, secondo quelle antiche consuetudini che ora sono disattese. L’anno 1792 e poi nel 1797-98 siamo sempre ai risarcimenti delle due strade che da Barga conducono alla montagna. Qui è l’ora di dire che mai sarà attuata una consona strada che da Barga portasse nella cosiddetta Lombardia, ossia l’Emilia. Lo diciamo anche perché sembra di inseguire un qualcosa che poi, prima o dopo verrà, ma non fu mai così seppur si realizzasse uno sterrato.

 L’anno 1799 arrivano anche a Barga i francesi e c’è più poco tempo per pensare a questi progetti, anche perché s’instaura tutto un nuovo modo di pensare, con rivoluzioni sociali e altri obiettivi. Tra l’altro ci furono dei cambiamenti politici in Toscana che sballottarono un po’ tutti e figuriamoci se c’era il referente giusto per simili richieste. Pensiamo solo che Barga fu inserita nel Dipartimento del Mediterraneo di Livorno. Solo con la Restaurazione si ebbe una certa ripresa dei progetti, anche se Barga e Pietrasanta, secondo gli intercorsi accordi, avrebbero dovuto finire con Modena. Uno stato delle cose che mise in allarme Firenze che nell’idea di fare finalmente uno stato unito, avendo avuto la possibilità di mantenere la Lunigiana e tutta quell’area, ci rinunciò a favore delle due isole geografiche distaccate di Barga e Pietrasanta, che con Lucca che sarebbe entrata nel Granducato di Toscana, finalmente lo stato gli sarebbe riuscito unito.  Questi furono i temi affrontati con gli Accordi di Firenze nel 1844, in cui il Granducato ebbe la sua vittoria politica.

Fu quest’evenienza che per prima mise in crisi il sistema economico di Barga, questo perché, seppur Modena non poté avere le due isole fiorentine, volle che i confini del Comune di Barga arretrassero al crinale sull’Alpe, cosicché il saliente modenese dopo molti secoli di rivendicazioni, che videro in campo nel 1374 anche Obizzo di Montegarullo, finalmente fu definitivamente acquisito. Poi a Barga tornò qualcosa, molto, ma solo come padronanza, simile a un privato che seppur di altra regione abbia beni oltre gli Appennini. La maggiore perdita fu comunque l’entrata del Monte di Gragno, possedimento concesso a Barga e sconfinante di là dal Serchio, che essendo in territorio lucchese, secondo antichi accordi, le tre comunità lucchesi che se ne giovavano: Cardoso, Bolognana e Gallicano, secondo accordi non sempre totalmente rispettati, versavano al dirimpettaio Comune di Barga, quasi mille lire l’anno.

Tutto ciò svanì, come i privilegi che il Granducato aveva concesso a Barga, si veda il prelievo del sale a Pisa e Livorno a prezzi molto vantaggiosi, da Barga venduto anche alle terre di Castiglione lucchese e Castelnuovo modenese, con un grande vantaggio economico, di fatto, equiparando Barga al resto della Valle del Serchio. Questa evenienza molto negativa fece decidere ai barghigiani la ripresa del progetto di rendere meno isolato il Territorio di Barga che stava sulla sinistra del fiume Serchio. C’erano delle vie, come detto, che solcavano la montagna per andare nel modenese, la cosiddetta Lombardia, o che collegavano Barga alle terre di Cesarana, Fosciandora, ecc, ma erano molto insufficienti. Solo il collegamento con il Lucchese a Ponte all’Ania, era sufficiente al traffico ma non rispondeva alle necessità della Terra. Si pensi che per andare di là dal Serchio, a Gallicano, Fiattone, ecc, per i barghigiani occorresse scendere al fiume Serchio e lì salire sulla Barca che avrebbe traghettato sull’altra sponda uomini e merci.

Fu allora che la parte politica di Barga si accorse che il precedente isolamento, favorito da una politica fiorentina di aiuti, ora stava stretto come un paio di scarpe di due numeri più piccoli. A favorire l’idea barghigiana di togliersi dall’isolamento ci contribuiva anche Lucca, quando intese riprendere il progetto di avere una strada comoda per Modena. Il territorio di Barga fu scelto ancora una volta come il naturale e più breve tragitto per raggiungere la meta, così com’era già successo con Maria Luisa di Lucca nel 1815, che sua volta, aveva mutuato i precedenti tentativi, falliti per il negativo assenso del Granduca di Toscana, fatti che ora riaccaddero.

 

La questione ebbe un notevole impulso nel 1850, quando uscì un opuscolo da definirsi molto interessante per capire cosa si muovesse come idee in Barga. Autore Enrico Bertacchi, che più di altri chiarì l’utilità di una comoda via per le Alpi di Barga, solo così il territorio poteva uscire dal suo isolamento e ampliare i suoi commerci e viceversa: Pensieri sopra alcuni importanti interessi del Comune di Barga, questo il titolo che da sé si presenta nei suoi contenuti. Altri iniziarono invece a pensare a una strada per la Garfagnana, che sarebbe stata il proseguimento di quella che da Bagni di Lucca, Calavorno, Ponte all’Ania, finiva a Barga. L’odierna via Pascoli che arriva in Campia, prima conosciuta come via Mordini, in omaggio al maggiore sostenitore, che varcato il ponte si porta sulla destra del fiume Serchio e prosegue per Castelnuovo. Chiaro che, essendo oggi in essere la detta strada, vinse quest’idea rispetto alla via per l’Alpe. Tutta questa storia è ben descritta nel libro di Anna Rita Grandini: Un Antico Comune nello stato italiano. Classe dirigente e amministrazione locale a Barga – (1865 – 1885).  La strada per la Garfagnana iniziò nel 1866 e il suo tragitto fu ultimato l’anno 1875 con il collaudo del Ponte di Campia, poi, nel 1879 fu elevata a Provinciale. Ricordiamo che la strada portava non in provincia di Lucca ma in quella di Massa-Carrara e questo sino al 1923 del passaggio della Garfagnana con Lucca.

 

Comunque sia stato, la via dell’Alpe di Barga e Passo del Saltello, ebbe i suoi importantissimi studi, tutti concordanti che fosse la via più comoda per la minore altezza in genere e più celere da Lucca per Modena, con i suoi km 150,778, poi, addirittura la migliore per collegare molti più centri abitati. Questi dati appena letti mettevano in raffronto la strada passante da Bagni di Lucca, km 169,862, come di quella alla Foce a Giogo di Coreglia, km 158, 096, ma quella del Saltello era migliore anche di quella del passo alle Radici passante per Castelnuovo e la Garfagnana, km 182,914. La strada per il Saltello sarebbe partita dalla provinciale Bagni di Lucca – Barga. Ovviamente, come in precedenza abbiamo già avvisato i lettori, questa strada per ora non si fece (in seguito solo in parte)  ma la sua realizzazione rimase nell’idea dei barghigiani e non solo di loro, riproposta ancora nel 1881-85.

Nel 1912 vide interessato al progetto il barghigiano Generale del Genio Ruggiero Micheluccini, pensandola come una strada militare, che vide il parere favorevole della Provincia di Lucca e del Ministero dei Lavori Pubblici, però solo nel 1930 fu ripreso il progetto, addirittura andando a riesumare lo studio dell’Ing. Fossi di Lucca fatto l’anno 1815 di Maria Luisa. Fu sottoposto dal Comune di Barga al Genio Civile che lo studiò, aggiornandolo e poi fu sottoposto e reso approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici l’anno 1938. La direttrice non era più la via di Sommocolonia ma quella dell’Alpe di Barga, con il Comune che aveva già indirizzato il percorso, quando nel 1925 approvò la costruzione del viale di Canteo, oggi Cesare Biondi. Nel 1942, al sommo del viale allora detto Littorio, si fece il ponte sul rio Fontana Maggio che consentiva di intraprendere il percorso verso Tiglio e Pegnana, ma per l’avvento della Seconda Guerra Mondiale, s’interruppero i lavori. Queste notizie ci vengono dal proposto di Barga Mons. Lino Lombardi, che continua dicendoci che nel 1956, un approvato stanziamento di cento milioni per proseguire i lavori si arenò per cause sconosciute, certamente politiche. Chiosa il Lombardi che ai tanti di quei 1961 del suo scritto così stava la situazione della strada del Saltello, dell’antico desiderio di Barga che abbiamo in parte documentato, che a suo tempo ebbe autorevoli approvazioni, dalle provinciali alle nazionali; un respiro verso l’alta Italia non solo utile a Barga ma a tutta la Valle del Serchio.

Nel dopo guerra, esattamente nel 1947, la strada detta del Saltello, sostenuta dal Consiglio Comunale di Barga, era arrivata alla valletta della Lopporella, poi a quella della Loppora, da cui si diramavano due strade, una per Tiglio e l’altra per Pegnana, lì fermandosi per il ricordato finanziamento che prese altre vie. In quegl’anni così interveniva in seno al Consiglio Comunale Morando Stefani, era il 1° novembre 1951: “Questa strada agognata da oltre due secoli, sarà il miglior tracciato da Lucca a Modena, e rivoluzionerà l’economia della Valle del Serchio, dove esiste il più grande stabilimento della SMI, iniziando finalmente un’era novella”. Colpisce la conoscenza appropriata della storia della via che porta al Saltello da parte di Morando Stefani, parole dette ancor prima che le scrivesse dopo dieci anni il Lombardi nel suo articolo. Come possiamo capire è questa una vicenda che per oltre due secoli ha attraversato i giorni di Barga.

Un’idea però che non fu mai abbandonata da Barga, anzi, sul finire degli anni ’80 del Novecento, eccola riapparire in un progetto destinato ancora a far raggiungere all’abbandonata strada il Passo del Saltello. Il nuovo iter iniziò nel 1985, quando l’Amministrazione Comunale di Barga decise di richiedere alla Comunità Europea di poter accedere al fondo Piano Investimenti Mediterranei, dove c’erano dei finanziamenti per le zone agricole e montane. Riconosciute valide dalla Provincia e Regione Toscana le richieste di Barga riguardo allo sviluppo turistico della sua montagna, si era nel 1988, ecco che nel successivo 1989 ci fu l’annuncio che sarebbero partiti i lavori per la strada del Saltello, ma anche questa volta, dopo l’esecuzione di un tratto, quasi come una maledizione, altri e diversi intoppi fermarono la realizzazione. Chissà però, se a pezzettini alla volta, un giorno non si arrivi al Saltello in Macchina viaggiando su di una strada asfaltata? (Fine)

 

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