La piuma

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La signora Piera, donna formosa di mezz’età, molto curata nell’abbigliamento, stava facendo la spesa giornaliera al supermercato; quand’ecco che incontrando due amiche si sofferma con esse, amichevolmente:

“Carissima Piera – le si rivolse Anita, una giovane alta e magra, mamma di due gemelli -, mi fa piacere vederti: tutto bene?”.

“Abbastanza, sì: altrettanto è pure anche per voi?”.

“Diciamo di sì”, le risposero le altre due, la terza delle quali, Sonia, vedova, già in là con gli anni, aggiunse:

“Che ci racconti di interessante?”.

“Non saprei. È tutto nella norma; però una cosa strana sembra avvenuta, in casa mia…”.

“Sentiamo di che si tratta – le chiesero le due signore -: parlare di qualcosa, in amicizia, è sempre un piacere”.

“Ecco – prese a dire Piera -: giorni fa, sulla scrivania dello studio di Pietro, mio marito, presso il ritratto dei suoi defunti genitori, comparve una piccola piuma, di un volatile; e fui io stessa che per prima la notai: era un mattino, e quando rientrarono a casa mio marito e mio figlio, durante il pranzo parlai loro della cosa, chiedendo a Pietro se ce l’aveva messa lui, come pensavo sicuramente.

‘Assolutamente no – mi rispose -, ed anzi ti dirò che ieri sera prima di coricarmi ebbi da fare qualcosa al computer, sulla scrivania; e la piuma, se ci fosse stata, certamente l’avrei notata’.

‘E allora? – feci e, rivolgendomi al figlio -: Paolo, anche tu non ne sai niente?’.

‘Proprio no – mi rispose lui -: addirittura sono alcuni giorni che non ho occasione di entrare in quella stanza’.

Detto questo, sospendendo il pasto, andammo nello studio, osservando, toccando quella graziosa leggerissima piumetta, quasi del tutto biancastra con una striscia scura, ipotizzando come poteva essere giunta lì, forse portata dal vento: ma quale vento? Nell’appartamento non c’era alcuna corrente d’aria; e lo studio aveva una piccola finestra, che era chiusa ed inoltre era dotata di un fitto retino antizanzare.

Pietro era turbato, e commentò:

‘Non credo a certe cose; ma questa misteriosa piuma, posta proprio davanti a quel ritratto, fa pensare a qualcosa di arcano…’.

‘Che sia un segno che ci danno i nonni dall’al di là?’, sommessamente fece il giovane Paolo.

‘Mah, chissà?’, mormorammo mio marito ed io”.

Terminato il racconto del fatto Piera tacque, ma subito Anita commentò:

“Macché misteri, e ultraterreni per giunta; senza dubbio la piuma è giunta lì per causa naturale, va a sapere in che modo; magari il perché di queste cose lo scoprirà poi la scienza: è insomma un ‘caso’, cioè un fatto casuale come tanti continuamente ne avvengono”.

Al che la vecchia Sonia ribatté, decisamente:

”Abbiamo perso il senso del trascendente, fin in chi è credente, addirittura. Tutto si vuol risolvere in modo razionale escludendo la parte spirituale: è la cultura della nostra epoca che sta portandoci fuori rotta, perché siamo fatti sì di corpo; ma anche, e soprattutto, di anima La scienza scoprirà tutto; ma intanto, come sempre, fin dalla nascita ogni vivente deve morire; ed in quell’estremo momento ad ogni morituro il progresso scientifico non gli serve a nulla. Ma ecco che, all’opposto, la religione serve, preminentemente, ad indirizzare la nostra esistenza, nel migliore dei modi verso quella futura, dopo la morte. Tornando all’argomento – proseguì la signora -, ricordo che quand’ero bambina circolava normalmente questa credenza di piume che comparendo stranamente, posandosi nei posti più impensati, davano come dei messaggi dall’altro mondo: quelle del tutto bianche dicevano che erano mandate da angeli, o da defunti già in paradiso, e così via con altre definizioni. Per la Chiesa, di simili fatti nessun fedele è obbligato a credere; però penso che aiutano a pensare, ad elevarsi spiritualmente”.

Sonia aveva terminato di parlare, e le nostre tre donne stavano per riprendere le compere, quando un anziano signore, munito di barba e occhiali, ex insegnante in scuole superiori, che si era soffermato per alcuni minuti presso di loro cercando negli scaffali ciò che gli serviva, a loro si rivolge:

“Buongiorno, e scusatemi: siamo tutti paesani di questa frazione, da sempre ci conosciamo, diciamo di vista: ecco, non volendo ho ascoltato la vostra conversazione, ed ora mi permetto di esternarvi la mia condivisione per l’argomento che avete trattato molto bene . E’ rarissimo che in un luogo come questo al giorno d’oggi, si affrontino simili temi”.

Le tre signore gli rispondono cordialmente e lo invitano, se crede, a dire qualcosa in merito; ed il professore, volentieri, accetta di parlare:

“Una di voi, poco fa, ha liquidato il fatto della piuma dicendo che si è trattato di una casualità, come tante ne avvengono, senza che sia stato programmato né da questo, né dall’altro mondo; ebbene io conosco un anziano eremita, monaco contemplativo, letterato, scrittore, che vive in un eremo in Alta Garfagnana, insieme ad altri confratelli eremiti, il quale afferma che ciò che accade non è mai causato dal ‘caso ‘, che non esiste. Ed ora – continuò il signore tirando fuori dalla borsetta un taccuino sul quale cominciò a scrivere -, ascoltatemi bene: è scritto nel vangelo secondo Giovanni, 18 /37-38 che, quando Pilato interrogò Gesù, in latino che era la lingua dei romani, chiedendogli: ‘QUID EST VERITAS?’ (che cos’è la verità?), Gesù non gli rispose; però, anagrammando la frase della domanda, si ottiene la risposta: ‘EST VIR QUI ADEST’ (è l’uomo che è presente), composta dalle medesime quattordici lettere…E’ un ‘caso’ anche questo?”, concluse sorridendo maliziosamente mentre consegnava alle signore il foglio su cui aveva scritto dette frasi.

Le quali amiche lo presero, ringraziando quel signore:

“E’ molto interessante – è Piera che parla , prendendo il foglio –, certamente ci rifletteremo, e stasera stessa ne parlerò a mio marito, che ha studiato il latino; poi ne farò due fotocopie e – rivolta alle due amiche -: domani ve le darò”.

Quindi i saluti, fra le tre signore ed il professore, e via alla svelta a terminare le compere, che era ormai tarda mattina, ed il mezzogiorno si avvicinava.

 

Commenti

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  1. Gian Gabriele Benedetti


    È veramente ammirevole la forza della fede dell’amico Mario Camaiani. Emerge spesso nelle sue narrazioni. Anche in questa si fa evidente e ci riporta al di fuori di quel secolarismo e di quel materialismo ormai imperante. L’uomo pare aver perduto, anche attraverso un razionalismo esasperante, quel coinvolgimento vitale che fa parte del nostro spirito e delle nostre tradizioni religiose.
    La Scienza ci parla della Teoria del Caos, per cui possono avvenire episodi straordinari (basti pensare all’Effetto Farfalla). Ma noi, uomini credenti, pur non disconoscendo la straordinaria validità della ricerca fisico-scientifica e dei principi da essa dettati, abbiamo capacità di uscire dalla freddezza di certi schemi, poiché siamo dotati, oltre che di materia, soprattutto di spirito, di sentimento, di emozioni, che ci permettono di andare ben al di là degli sviluppi di una razionalità non di rado asettica. Ed è questo che fa dell’uomo un essere superiore, un soffio divino, capace di far voli in più lontani orizzonti, fin verso l’infinito e fino a toccare l’ultima Verità.
    Per questo il racconto di Mario ci porta, pure questa volta, non poco a meditare e a ritrovare quella via meditativa di un credo salvifico. E a non dimenticarci anche di certi segni che il Cielo può presentarci.
    Gian Gabriele Benedetti


  2. Bravo Mario, sempre racconti interessanti che una volta iniziati a leggere non puoi fare a meno di continuare sino alla fine.
    Ottimi racconti ben scritti, con fine di religiosità che si sta perdendo.

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