Problemi di clima

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A partire dalla rivoluzione industriale, con la combustione di carbone, petrolio e gas naturale abbiamo cominciato a emettere ogni anno un quantitativo di anidride carbonica (CO2) maggiore di quello dell’anno precedente.

L’aumento è stato notevole: per avere un’idea siamo passati dai 9,4 miliardi di tonnellate di CO2 emesse nell’anno 1960 ai 22,1 miliardi nel 1990 e infine ai 36,4 miliardi nel 2019 (nel 2020 siamo scesi a 34 miliardi per la pandemia). Per un po’ di tempo terra ed oceani sono riusciti ad assorbire tutta questa CO2 in eccesso ma a un certo punto, verso il 1850, non ce l’hanno fatta più per cui la concentrazione di CO2, che era rimasta costante per migliaia e migliaia di anni al livello di 280 ppm (parti per milione), a partire dal 1850 ha cominciato ad accumularsi in atmosfera, arrivando all’attuale concentrazione di 417 ppm. Questo ha già portato notevoli cambiamenti, fra i quali un aumento della temperatura media di 1,1°C rispetto all’era preindustriale.

Solo a partire dall’inizio degli anni Settanta si è pian piano acquisita la consapevolezza del fatto che l’aumento della concentrazione della CO2 in atmosfera avrebbe avuto conseguenze catastrofiche sugli equilibri naturali e sulla sopravvivenza della stessa specie umana ma non abbiamo fatto niente e così la CO2 ha continuato ad accumularsi ancora e ancora. Con la conferenza di Parigi nel 2015, finalmente, tutta l’umanità, attraverso i suoi rappresentanti, si è accordata sull’obiettivo di non fare aumentare la temperatura media globale più di 1,5°C o comunque di tenerla ben al di sotto dei + 2°C rispetto all’epoca preindustriale. Per ottenere ciò, gli accordi di Parigi hanno stabilito che è necessario arrivare, nel 2050, alla neutralità climatica (tanta CO2 emettiamo, tanta il pianeta ne assorbe).

Ed eccoci qui, insieme, in quest’impresa che comporterà importanti cambiamenti nella nostra vita e nella nostra organizzazione sociale. E pare proprio che il motore del cambiamento siano valli e piccoli borghi, come i nostri, dove si possono sperimentare e avviare nuove pratiche di vita, di socialità e di cooperazione. Per un futuro possibile.

 

di Maria Elena Bertoli e Gaia Pedrolli

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