Il caso Mazzotti di Coreglia

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Ci sono storie sommerse che possono riemergere, destando curiosità e inquietudine; una di queste è senz’altro quella di Nicolao e Leonello Mazzotti di Coreglia, padre e figlio morti suicidi alla stessa ora a 30 chilometri di distanza. Nicolao a Coreglia, il figlio a Lucca, in un appartamento di via Guinigi.
Accadde tutto il 20 aprile del 1928. Leonello, ex ufficiale dell’esercito, era ingegnere; il padre, Nicolao, esattore. Il primo si sparò, il secondo si gettò da una rupe nei pressi del paese, la quale verrà denominata “Grotte dei Mazzotti”.
Una storia che molti di noi hanno sentito raccontare sin da bambini, le sere d’inverno nel canto del focolare, quando i nostri nonni rendevano omaggio alle loro memorie, narrandoci vicende di un passato che non era mai passato, proprio perché le parole hanno il potere di abolire, come diceva anche Jorge Francisco Isidoro Lui Borges Acevedo, la finzione del tempo, trasferendoci in quello che in realtà viviamo: l‘eterno presente.
Ed è in questo odierno che un loro discendente, Leonello, pure lui ingegnere, ha voluto rievocare la tragedia vissuta dai suoi antenati chiedendo la collaborazione di ricercatori e avvocati ognuno dei quali, nel proprio ruolo, ha ricostruito l’atmosfera, politica e sociale, di quell’epoca.
Un evento serio, da meritare il supporto della Sezione di Coreglia dell’Istituto Storico Lucchese. Tanto che il 15 novembre del 2019 al teatro comunale “A. Bambi” di Coreglia si è svolta, con grande partecipazione di folla nonostante la pioggia, la rappresentazione di “Una Tragedia Coreglina”. Momenti davvero unici. Anche perché Leonello ha raccontato di un biglietto di addio, che lui conserva alla stregua di una reliquia, lasciato dal suo omonimo a suo nonno, Giuseppe Mazzotti. Un biglietto dalle cui frasi, e perfino dalla scrittura, traspare una disperazione insolita: quella che affigge chi sta per suicidarsi, oppure sta per essere suicidato da terze persone.
Ma perché questa tragedia? Eravamo nel 1928. Il fascismo cominciava a mostrare il suo volto e loro, si può pensare, potevano aver presagito che il mondo stava avviandosi alla Seconda guerra mondiale, quando ancora persistevano i terribili ricordi della Prima.

Uomini di intelletto e custodi di ideali libertari, intendevano forse ostacolare il regime. Ma le nostre sono solo ipotesi, ossia un debole tentativo di voler fare luce, alla stregua di altri, ben più qualificati, su un evento a cui non si è ancora riusciti a disciogliere il bandolo della matassa. Per quanto non possa sembrarci vero, la nostra memoria e il nostro sangue, vuoi per affinità antropologiche e culturali, sono oscuramente legati agli antenati, di cui, per vie sconosciute, recepiamo talvolta messaggi, non tanto formulati da parole, ma da percezioni che si travasano dalla mente al cuore.
Leonello, forse da ciò sollecitato, sostiene che su questo duplice suicidio dei suoi capostipiti perdurano dei dubbi. Del dubbio, sappiamo che è un potente motore di ricerca, il medesimo cui fanno ricorso i grandi investigatori e i romanzieri di libri gialli e di spionaggio, tramite il quale giungono spesso a centrare l’obiettivo. E’ quanto, a distanza di 90 anni, si vorrebbe ottenere continuando a discutere e indagare su tale caso. E qualche passo in avanti, come dimostra la serata al teatro “Bambi” sembra essere stato fatto. Rievochiamone alcune sequenze.
Per cominciare, all’epoca del tragico evento, nessuno credette che i due Mazzotti si fossero suicidati. Una convinzione mai venuta meno nel tempo, che continua a persistere, specialmente da quando sono state rese pubbliche le ricerche di Matilde Gambogi avallate dalle analisi storico-espositive dell’avvocato Romina Brugioni la quale, lasciando molti col fiato sospeso, ha puntualizzato che Nicolao  e Leonello Mazzotti erano massoni, quindi non in buoni rapporti col regime fascista, che, come sappiamo, aveva messo al bando le logge, in quanto, alla loro maniera, gli si opponevano.

Giuseppe Mazzotti di Acqualoria
e a tutti i miei parenti del monte
20 apr 28 – a. VI
Caro Beppe,
Apprenderete presto la mia triste sorte. Io andavo fiero del parentato
modesto ma onestissimo. In quest’ora grigia, penso a
voi, o buoni miei parenti, o buoni galantuomini dei miei monti.
E vorrei essere stato sempre con voi, fra voi. Eppure la vostra
onestà è la mia, e la mia è la vostra!
Vi abbraccio
Ricordate l’infelice vostro Leonello
e ricordate il disgraziatissimo mio padre.

(la seconda ed ultima parte la troverete nel numero di luglio-agosto del Giornale di Barga e prossimamente anche su questo sito))

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