SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Salvoni vs Dinelli

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Giunti a meno di due mesi dall’appuntamento – quale che sia l’esito – storico del prossimo 4 dicembre con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile, il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza (massimo 400 battute per ogni risposta).

Stavolta tocca a Raffaele Dinelli di Tiglio ed Andrea Salvoni di Castelvecchio Pascoli. Entrambi sono due giovani docenti, impegnati a livello culturale ed anche in modo serio ed attivo in politica.
Raffaele Dinelli è il coordinatore dei Comitati per il Sì del Comune di Barga. Andrea Salvoni è militante dei Giovani Comunisti e Comuniste, organizzazione giovanile di Rifondazione Comunista. Il primo vota sì; il secondo sostiene e vota il No.

Referendum costituzionale, si o no e perché?

RAFFAELE DINELLI:

Certamente si!! Il nostro apparato legislativo ha sempre avuto lungaggini, ormai da molto tempo ci raccontiamo che non funziona, quindi perché non cambiarlo? E’ giusto ridurre un parlamento troppo popolato, è legittimo definire cosa fa lo stato e cosa fanno le regioni per evitare che continuino a pestarsi i piedi a vicenda, è sacrosanto cambiare il quorum ai referendum per evitare che finiscano quasi sempre in un nulla di fatto; è rispettoso che un parlamento dia delle risposte ai cittadini che firmando ai gazebo propongono delle leggi di iniziativa popolare. In sostanza voto si per cambiare un sistema che è sintesi e somma di molte storture, mancate risposte e lentezze.

ANDREA SALVONI:

Un chiaro e deciso NO sia per quanto riguardo i modi sia per i contenuti. Circa le modalità voglio sottolineare l’arroganza con la quale il partito democratico e i suoi alleati raccogliticci hanno imposto la riforma, la quale, in tutte le votazioni non ha mai ottenuto i 2/3 necessari per scansare il referendum oppositivo. Il referendum del 4 dicembre è infatti una tappa inevitabile che scaturisce proprio da questo processo unilaterale di modifica ed è in quella data che, votando NO, i cittadini potranno rispedire al mittente sia la presunzione dei modi sia la confusione dei contenuti con i quali il governo ha tentato di stravolgere la Carta Costituzionale. Riguardo invece alle modifiche apportate basterebbe dire che la riforma cambia la bellezza di 47 articoli su 139, quindi più che una riforma questa è uno stravolgimento della natura della Costituzione, considerato appunto che 1/3 di essa viene modificato. Già altri rappresentanti del Comitato del No hanno sostenuto su queste pagine le ragioni che ci vedono contrari a questa revisione costituzionale. Io mi limito a sottolinearne due: il connubio riforma costituzionale-legge elettorale, tra deputati eletti con listini bloccati e senatori indicati dai consigli regionali, produrrà sostanzialmente un parlamento di nominati, ovvero non eletti, soggetti che rappresenteranno solo loro stessi. La riforma prevede poi che sia solo la Camera a votare la fiducia al leader del primo partito uscito dalle elezioni, senza contrappesi, senza dialettica, in una pericolosa commistione tra potere esecutivo e potere legislativo, tra governo e parlamento.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

ANDREA SALVONI:

La politica, ovvero tutto ciò che concerne il bene comune, è, dovrebbe essere, un’attività alta, importante, che si basa sulla dialettica delle parti. Invece oggi si vuole tutto più funzionale, più veloce, immediato, anche in un ambito così delicato come l’approvazione delle leggi dello Stato.
Il bicameralismo, anche quello paritario, non per forza deve essere visto come una caratteristica negativa dell’azione legislativa; esso, se correttamente inteso, rappresenta una garanzia della dialettica politica.
Poi non è affatto vero che la riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto come stanno dicendo, anzi, nella stessa riforma è prevista l’obbligatorietà della duplice lettura di leggi inerenti alcune materie specifiche. Quindi l’argomento del superamento del bicameralismo perfetto è una falsità.

RAFFAELE DINELLI:

Fin da bambino i doppioni non mi sono mai piaciuti, se trovavo una figurina uguale a quella che avevo già nell’album la scambiavo per averne una nuova. La stessa cosa la faccio in questo caso votando si. Due camere che fanno le stesse cose sono inutili. Se per fare lo stesso lavoro mi basta una camera sola perché dovrei tenerne due? al massimo come avviene in questa riforma utilizzerei il nuovo senato per fare qualcosa di diverso, come occuparsi di più delle realtà locali . Nella vita quotidiana se devo fare dei lavori in casa non chiamo certo due ditte se per fare lo stesso lavoro ne basta una!. Non capisco chi sostiene che raddoppiando continueremo ad avere chissà quali benefici,io fino ad oggi non ne ho visti anzi, ho notato molta inefficienza nel sistema. Se il presente è l’inizio del futuro preferisco cambiare piuttosto che tenere per decenni un sistema che ha sempre camminato a tentoni.

Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

RAFFAELE DINELLI:

Distinguiamo le due cose: la rappresentanza dipende molto dal livello delle persone che scegliamo di votare, se scegliamo candidati inadeguati che vinca il si o il no al referendum non cambia molto. Ovviamente, come si cerca di fare nella riforma inserendo nel nuovo senato sindaci e consiglieri regionali permettiamo di far arrivare prima i problemi al cuore del sistema. Provo a spiegarmi meglio; se sono un consigliere regionale o un sindaco sò quali sono i problemi della comunità perché i cittadini mi incontrano spesso e domandano risposte, quindi ho tutto l’interesse ad impegnarmi perché questi problemi vengano risolti. Inoltre un Sindaco che siederà in senato non potrà più usare l’alibi del ” non ci sono soldi, non posso farci niente” perché anche lui diventa parte in modo nuovo dello stato centrale. L’ultima riflessione che faccio è sul fatto che molti sostenitori del “no” si fossilizzano su come verrà eletta la nuova classe politica, scordandosi che in Italia cambiamo legge elettorale da un anno all’altro. Io ho 27 anni e ho già visto passare 3/4 leggi elettorali diverse, se baso il mio voto al referendum sulla legge elettorale sicuramente farei un grosso errore di valutazione.

ANDREA SALVONI:

La risposta la troviamo – con molta difficoltà, considerato come è scritta – nel testo della riforma stessa. E’ paradossale: da una parte la riforma istituisce questa sorta di “Senato delle Autonomie” fatto da sindaci e consiglieri nominati, dall’altra esautora proprio le Regioni, ovvero gli enti territoriali, delle specifiche competenze che le riguardano. E’ una visione schizofrenica dei rapporti Stato-Regioni che emerge soprattutto nella cosiddetta “clausola di supremazia statale”, nella quale il governo si arroga il diritto di intervenire in materie che non gli competono in modo esclusivo. Quindi, che senso ha sbandierare questa presunta opportunità di “rappresentanza” delle autonomie locali tramite il nuovo Senato se esse stesse in primo luogo sono depotenziate e, quando il governo lo ritiene opportuno, scavalcate? Inoltre, nel nuovo Senato siederanno 5 membri nominati dal Presidente della Repubblica; mi chiedo, questi 5 senatori di nomina presidenziale, quale territorio rappresentano? L’iperuranio, forse?

Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

ANDREA SALVONI:

Per tagliare i costi della politica sarebbe bastata una legge ordinaria, non una revisione costituzionale. Inoltre, l’attuale maggioranza, in sede deliberativa, ha respinto più volte provvedimenti che andavano in tal senso. Non riesco a comprendere il nesso tra l’abbattimento dei costi della politica e la necessità di riformare il testo costituzionale. Perché per fare l’una si deve per forza procedere a fare l’altra cosa? Dove risiede il mistico legame tra i due aspetti? I risparmi derivanti dalla diminuzione del numero dei senatori saranno irrisori mentre la perdita non monetizzabile, inestimabile, alla quale andremo incontro con la riforma consisterà nella sottrazione del diritto di voto per eleggere il Senato in forma diretta. Altro che riforma, è una controriforma.

RAFFAELE DINELLI:

Vorrei vedere chi risponde di no a “è giusto tagliare i costi della politica?”. Io credo che bisogna farlo al di la se il risparmio è poco o è tanto. La vera domanda è tagliamo si o no?
Di sacrifici i cittadini ne hanno fatti veramente tanti, negli anni ci sono stati tagli su tutto, quindi non vedo la ragione di risparmiare la classe politica e l’apparato legislativo, un po’ di dieta fa bene anche a loro!

Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?

RAFFAELE DINELLI:

O direttamente o di riflesso qualche impatto questo voto lo porterà.
Tutte le azioni hanno delle conseguenze non credo che esista il “non cambierà nulla”. Quando c’è stato il referendum fra monarchia e repubblica abbiamo dato una svolta al paese, uguale quando votando abbiamo chiuso le centrali nucleari; è ovvio che il giorno dopo qualcosa cambierà. Un’intelligenza curiosa non si accontenta, si domanda, cerca soluzioni, per questo sono convinto che tantissimi una volta entrati nel merito lasceranno perdere le polemiche politiche del momento e con un occhio al futuro penseranno a quale sistema useremo per i prossimi decenni o forse secoli.
Se vincerà il si i cittadini manderanno un messaggio chiaro alla politica ” vogliamo cambiare!” il sistema che c’è oggi è logoro e lacero sappiamo che non funziona. Come avrete capito per me è ora di dare slancio al cambiamento.

ANDREA SALVONI:

Se vince il NO sarà salvaguardato, almeno in parte, il principio della democrazia rappresentativa, ovvero il diritto di ogni cittadino di votare i propri rappresentanti. Se vince il NO le riforme potranno comunque essere attuate ma avendo ben chiaro che qualunque riforma costituzionale deve avere come obiettivo il bene comune e non l’interesse di una lobby, di un partito o di un governo di passaggio.
Se vince il si….beh, l’ambasciatore USA, la Confindustria, le società della finanza internazionale, ecco, almeno loro saranno contenti.

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