SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Giovannetti vs Venturi

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Giunti a meno di due mesi dall’appuntamento – quale che sia l’esito – storico del prossimo 4 dicembre con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile, il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza (massimo 400 battute per ogni risposta).
Stavolta tocca al consigliere regionale Ilaria Giovannetti e all’imprenditore e musicista Simone Venturi
Ilaria e Simone hanno età non troppo distanti e sicuramente li possiamo inquadrare nelle nuove generazioni impegnate nel presente del paese. Lei come politica attiva nel ruolo di consigliere regionale; lui nel lavoro come imprenditore e nel sociale, attraverso l’Osservatorio della sanità. La prima sostiene il sì ovviamente, mentre Simone voterà convinto no.

Referendum Costituzionale, sì o no e perché?

ILARIA GIOVANNETTI:

Assolutamente sì, ed il mio perché lo voglio spiegare citando l’intervento dell’On. Meuccio Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione: “ Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato è ogni timore che sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto. No; abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell’esperienza storica. Pur dando alla nostra Costituzione un carattere rigido, come richiede la tutela delle libertà democratiche, abbiamo consentito un processo di revisione, che richiede meditata riflessione, ma che non la cristallizza in una statica immobilità. Vi è modo di modificare e di correggere con sufficiente libertà di movimento. E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita costituzionale italiana. Noi stessi — ed i nostri figli — rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili.”

Ecco, credo che sia giunto il momento di rendere il nostro paese veloce e capace di dare risposte ad un mondo che corre in tempi brevi e certi. Dire no è sempre più facile, voglio un paese che sappia decidere e che sia coraggioso, che non abbia paura di fronte al cambiamento.

SIMONE VENTURI:

Al prossimo referendum voterò no. La Costituzione è la nostra carta fondamentale e a mio giudizio i progetti di riforma della stessa dovrebbero essere condivisi e posti in essere in un clima di equilibrio politico. Nel caso specifico si sono alzate barricate non solo tra le fila delle opposizioni ma persino all’interno della maggioranza stessa. Questa riforma, discussa in un Parlamento dichiarato illegittimo dalla stessa Corte Costituzionale, manca dei requisiti che la rendono idonea a modificare un testo che dovrà essere valido per molti anni: iniziativa parlamentare, condivisione dei contenuti, specificità delle modifiche, conoscibilità da parte del corpo elettorale ecc. ecc. In assenza di questi presupposti questa si trasformerà nell’ennesima riforma funzionale solo a consacrare uno specifico esecutivo in un determinato momento. Capisco e condivido la volontà di cambiamento per far si che il nostro Paese funzioni alla stregua di altre potenze europee, ma questo deve avvenire seguendo un percorso democratico e condiviso.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

SIMONE VENTURI:

Giusto superare il bicameralismo perfetto, ma non in questo modo. Oggi Camera e Senato, pur avendo gli stessi poteri svolgono funzioni diverse : l’una controlla ed emenda l’altra. La doppia lettura spesso è servita per migliorare le proposte di legge, altre volte per trovare un equilibrio tra le varie forze politiche in Parlamento. A seguito della riforma continueremo comunque ad avere un Senato che dovrà esprimersi obbligatoriamente per alcuni provvedimenti e “potrà” esprimersi per altri. Le competenze del Senato saranno molto importanti e non si capisce come potranno essere seguite da cittadini eletti per occuparsi della propria Regione o del proprio Comune. A fianco avremo una Camera, se passerà l’ Italicum, con un premio di maggioranza simile all’attuale (giudicato incostituzionale) a disposizione del Governo che diventerà pertanto il vero organo legislativo (non eletto!!!). Molti si appellano al principio di governabilità e di snellezza dei procedimenti ma forse si dimenticano che nella piramide democratica è l’organo legislativo, ossia il Parlamento, che prende le decisioni e che quest’ultimo è emanazione diretta del corpo elettorale che non deve essere “governabile”, semmai deve avere delle istituzioni che funzionano nel rispetto dei principi democratici di separazione dei poteri. Un esecutivo che cerca scorciatoie, maggioranze incostituzionali, soppressione della discussione delle leggi, è in netto contrasto con quello spirito che dovrebbe alimentare una Repubblica Democratica. Ai tempi di Berlusconi si diceva, giustamente, che governare un paese non è la stessa cosa che dirigere un’azienda. Adesso invece ci va bene che sia così? Prima di riformare la Costituzione forse bisognerebbe ripensare il modo che hanno i partiti di far politica, le cui decisioni e i cui immobilismi spesso si basano sulla tendenza segnalata dai sondaggi piuttosto che sui contenuti dei provvedimenti. Leggi condivise anche ora che siamo in regime di bicameralismo paritario riescono ad essere approvate in tempi rapidi: cosa ci suggerisce questo?

ILARIA GIOVANNETTI:

Giusto. Credo sia indispensabile distinguere le funzioni delle nostre due camere, il nostro é un Paese che ha bisogno di grandi riforme e con il sistema che abbiamo oggi si trova sempre il modo di affossare la loro grandezza a causa del ping pong continuo che esse devono fare perché sia approvato lo stesso testo. Questa è una riforma che certamente mira a snellire i lavori parlamentari dando tempi certi per l’attuazione delle leggi, ma ha tanti altri aspetti positivi: dà più potere all’iniziativa popolare con un’opzione in più per il referendum abrogativo delle leggi che con la raccolta di 800 mila firme permetterà di abbassare moltissimo il quorum necessario per la sua approvazione, introduce non solo la proposta di legge popolare ma vengono dati anche tempi certi di discussione; inserisce infine in costituzione la parità di genere.

Con il nuovo senato come camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

ILARIA GIOVANNETTI:

Certamente! I nostri comuni e le nostre Regioni avranno la facoltà di essere rappresentati anche in Senato, con l’importante funzione di controllo diretto sulle leggi del parlamento; come recita l’art 70, tanto disprezzato per la sua lunghezza, ma che, se letto con attenzione, non fa altro che puntualizzare modalità e tempi per la discussione delle diverse leggi in Senato. Non sempre un articolo breve è anche chiaro, come abbiamo sperimentato in questi 70 anni! Importantissima quindi a mio parere la possibilità per i rappresentanti territoriali di intervenire con modifiche alle leggi parlamentari rendendole fin da subito più aderenti alle aspettative e necessità dei territori. Sono favorevole inoltre all’eliminazione delle famose “materie concorrenti” che hanno causato interminabili contenziosi ed una colpevole ambiguità di competenze.

SIMONE VENTURI:

Le nostre Regioni non sono i Lӓnder tedeschi, sono né più né meno una duplicazione della politica statale che attribuisce alla periferia alcune competenze per materia. Non si può credere che il Senato diventerà una specie di luogo di contrattazione finanziaria duplicando così la Conferenza Stato-Regioni. Il nuovo senato avrà, da quel che credo di aver capito, un respiro nazionale anche se sarà composto da cittadini eletti a livello locale che si muoveranno su materie specifiche. Semmai è difficile capire i nuovi senatori chi rappresenteranno visto che non hanno vincolo di mandato nei confronti degli enti locali e contemporaneamente secondo il nuovo testo della riforma non rappresentano nemmeno più la nazione.

Sulla base di questi presupposti risulta veramente complicato capire i reali vantaggi dei territori in termini di rappresentatività e sorge il dubbio che il nuovo Senato sarà, ancora una volta, un affare da risolvere all’interno delle segreterie di partito. Perché, mi chiedo, se si vuol fare una Camera Delle Autonomie non la si fa elettiva?

Col nuovo Senato si tagliano i costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

SIMONE VENTURI:

Giusto in generale, nello specifico però per rispondere dovremmo almeno avere un dato certo su questi risparmi perché qui si passa dai 500 milioni di risparmi annunciati dal premier ai circa 60milioni certificati dalla Ragioneria dello Stato. Ma al di là di questo secondo me occorre sempre mettere i costi in relazione ai servizi. I politici vengono pagati in modo equo rispetto a quello che fanno? Ho trovato particolarmente interessanti ad esempio le proposte di vincolare già da adesso le indennità dei parlamentari alle presenze o all’andamento economico della nazione. Se si vogliono veramente contenere i costi lo si può fare già ora e senza impegnarci in una riforma costituzionale. Perché non lo si fa? Spero che non sia l’argomento del risparmio dei costi alla base della riforma. Sarebbe demagogia. Contenere i costi è importantissimo, ma non occorre modificare la Costituzione per farlo.

ILARIA GIOVANNETTI:

Favorevole, ma credo che parlare solo di contenimento dei costi della politica sia riduttivo. Dobbiamo avere la capacità di discutere in merito ai temi della riforma che sono, come ho già avuto modo di spiegare sopra, fondamentali. Certo, il risparmio c’è: tra il taglio degli emolumenti dei senatori, l’eliminazione dei rimborsi ai partiti, l’eliminazione del Cnel e la parificazione degli stipendi dei Consiglieri Regionali ai sindaci dei comuni Capoluogo. Riguardo a questo ultimo punto ritengo che una regolamentazione in questo senso era veramente doverosa; una modalità unica per tutta l’Italia che elimini le disparità tra le nostre Regioni è un passo veramente importante.

Cosa succede il 5 dicembre se vince il sì o se vince il no?

ILARIA GIOVANNETTI:

Se vince il sì apriremo le porte al futuro. Dire di no potrebbe apparire l’opzione più semplice ma equivarrebbe ad una gravissima occasione persa. Dobbiamo ricordarci, quando saremo alle urne, davanti al quesito, che non andremo a dare un giudizio sul governo, ma che dovremo fare una scelta ben più importante. Voglio ripeterlo anche qui, i governi passano, le riforme restano. Non priviamo il nostro Paese di una grande opportunità di rilancio. Diciamo Sì ad una Italia più sobria ed efficiente.

SIMONE VENTURI:

Il 5 Dicembre non succederà niente. Se vince il SI i suoi effetti si vedranno negli anni e se verrà confermata, unitamente, la legge elettorale così come proposta credo che il rischio di un esecutivo eccessivamente rafforzato sarà effettivo, esecutivo che, lo ricordo, non è emanazione diretta del corpo elettorale. In un paese dove la corruzione è un problema così serio lo è anche, di conseguenza, un gruppo ristretto di persone, con forti poteri di comando. Non mi riferisco a questo Governo naturalmente, il mio è un discorso generale e parla di un rischio a cui si andrebbe incontro con qualsiasi forza politica.

Se vince il NO ovviamente non cambierà nulla ma avremo la possibilità di riformare la Costituzione, se lo riterremo necessario, magari con maggior condivisione e coerenza. Magari migliorandola.

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Commenti

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  1. Maria Elena Bertoli


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Vorrei chiedere un chiarimento a Nicola Boggi sulla sua affermazione conclusiva. Che vuole dire quando dice “Io voglio cambiare per crescere!”? Crescere in che senso? Crescita morale, culturale o quella crescita della produzione e dei consumi tanto invocata dagli economisti che sta portando al collasso il pianeta e che abbate i posti di lavoro per la delocalizzazione e la robotizzazione ad essa connesse? Chiederei a Nicola Boggi hiederei che cos’è la crescita che lui vuole e perchè la vuole.

  2. Patrizio Biffoni


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Con l’italicum ci sará la possibilitá di una chiara scelta fra i due partiti/programmi piú rappresentativi. In cosa il proporzionale sarebbe piú vicino al volere dei cittadini visto l’obbligo di “inciuci” fra i vari partiti governati da dinamiche non sempre trasparenti? Con l’Italicum i capi partito nominano una buona fetta di parlamentari e con il premio di maggioranza il partito che vince si prende quasi tutto. Dove sono i contrappesi in questa riforma? Cosa fa pensare che i parlamentari risponderebbero ai cittadini invece che al loro capo partito? Sembra che cambi poco chiunque vinca


  3. R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Considerazione sulla prima risposta.
    L’Avv. Giovannetti a proposito del nuovo Senato solleva il problema dell’estensione dell’immunità.
    Argomento che ha facile presa sull’opinione pubblica.
    L’immunità non è demone inserito in questa riforma, è , sia pure con una formulazione diversa, previsto dall’art. 68 della Costituzione.
    Ma dando per scontato che non è cosa buona e giusta, come mai con il suo voto la vorrebbe negare a 100 nuovi senatori, lasciandola ai 315 che ci sono ora?

  4. claudio crudeli


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Sulla questione dell’immunità parlamentare: è vero che i deputati l’hanno già, ma non l’hanno i consiglieri e presidenti regionali. Quanti ne sono stati inquisiti in questi ultimi dieci anni? Personalmente la trovo una riforma raffazzonata e propagandistica: è chiaro che le funzioni di raccordo Stato-Regioni le hanno già i Consigli Regionali, quindi non è necessaria una copia centralizzata. Se volevano ridurre i costi dovevano dimezzare i parlamentari, dimezzare i loro stipendi,
    dimezzare i trattamenti pensionistici, dimezzare le consulenze, dimezzare i portaborse, ecc. ecc.
    Niente di tutto questo. Per tutte queste ragioni voterò no

  5. Massimiliano Piagentini


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Le domande 2 e 4 andrebbero mostrate agli studenti delle scuole di giornalismo, per far capire loro qual è la differenza tra il loro mestiere faranno e la propaganda, fatta, tra l’altro, con gli stessi argomenti propagandistici, false, utilizzati dal Governo (“si tagliano le poltrone”, “sono 30 anni che è questa riforma è attesa”).
    Più che un’intervista doppia, un due contro uno.


  6. R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Carissima Maria Elena, naturalmente intendevo crescita morale e culturale. Sia chiaro che, pur non demonizzando minimamente l’idea dello sviluppo economico, i principi del non spreco e del riuso sono comunque tanto cari a te quanto a me. Non intendo accreditarmi meriti che non ho – e che invece spettano a te come ai tanti volontari delle varie associazioni del vicariato oltre all’attuale amministrazione – per aver avviato il bellissimo progetto de “Il Banco del non sprEco”. Sai però benissimo quanto avrei desiderato riuscire ad avviarlo già nei tanti anni in cui ho avuto l’opportunità di curare le politiche sociali del nostro comune! Oggi vi seguo con grande attenzione e sono pubblicamente a ringraziarvi per il tanto e buono che state facendo. Un caro saluto ed a presto, Nicola

  7. augusto guadagnini


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Regoli vs Risaliti
    Condivido in pieno gli interventi di Mario Regoli e Umberto Sereni

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