Un libro per il Conservatorio di S. Elisabetta

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Se si chiede a un barghigiano di collegare un concetto alle parole “Santa Elisabetta”, quello penserà immediatamente ad una definizione: “Conservatorio”. Il Conservatorio che così si chiama in quanto moralmente e socialmente obbligato a “conservare” l’istruzione. Il monastero, poi Conservatorio di S. Elisabetta è stato al centro della vita religiosa ed educativa di Barga dal XV secolo ai giorni nostri. Ora, una bella pubblicazione curata dal prof. Tommaso Lemmi ha voluto per prima tracciare la storia e lo sviluppo di questo complesso, al quale ancora nessuno studioso aveva ancora dedicato un volume.

“Chiesa e Conservatorio di S. Elisabetta Barga” è stato presentato il 17 novembre, ricorrenza della titolare Santa Elisabetta d’Ungheria. Alla S. Messa, celebrata dal proposto Mons. Stefano Serafini assieme a don Silvio e don Shyam, è seguita proprio la presentazione del volume di Lemmi, introdotta dall’assessore Giorgio Salvateci e dall’avv. Alberto Giovannetti, in veste di Presidente della Fondazione Santa Elisabetta che attualmente cura e gestisce lo storico complesso.

Una esistenza narrata nel libro di Lemmi con vivaci pennellate, tra una storia “ufficiale” fatta di ricerche archivistiche, date e informazioni preziose, e una storia “ufficiosa” ma non meno importante, vale a dire quella lasciata dalle testimonianze dirette di chi visse il Conservatorio, in primo luogo delle suore. Lemmi, che da decenni è custode attento di questa struttura, ne diventa così anche custode della memoria più recente: molti barghigiani rischiano di non conoscere la storia di Santa Elisabetta, che è invece un complesso che merita non solo la cura di tutti ma anche l’orgoglio per l’attività portata avanti per tutti questi secoli. Un’attività che comincia nel lontano ‘400, quando un gruppo di terziarie francescane, riunite sotto l’egida di Fra Michele da Barga (poi beatificato), ottennero da Papa Callisto III di costituire questa comunità (siamo nel 1456). Comunità che prese il nome da Santa Elisabetta d’Ungheria in quanto anch’ella era terziaria francescana. Lemmi ha poi illustrato brevemente lo svilupparsi della storia del monastero, dalla costruzione della chiesa ai problemi legati alla monacazione, dal passaggio a istituto di istruzione alle scampate soppressioni, dall’arrivo delle suore Giuseppine agli elementi architettonici ed artistici presenti nell’edificio.

L’incontro è stato chiuso dall’intervento di don Stefano, che ha ricordato come queste occasioni siano preziose per approfondire la conoscenza del nostro patrimonio, una preziosa memoria da conservare e trasmettere.
Un altro appuntamento per gli amanti della storia e dell’arte si terrà proprio a S. Elisabetta il prossimo 27 novembre, nel corso della Visita Pastorale: alle ore 15 l’Arcivescovo celebrerà la S. Messa, mentre alle 16 mons. Thimoty Verdon e il prof. Filippo Rossi terranno un approfondimento sull’impatto delle immagini e il ruolo dell’arte in ambito liturgico.

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