Barga rende omaggio a Peppino Impastato e alla lotta contro le mafie

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Da quest’oggi Barga ha uno spazio dedicato a Peppino Impastato. Perché proprio a lui, così lontano come epoca, luogo e cultura dalla vita della nostra Valle?
Perché quest’uomo, ucciso a soli trent’anni dalla mafia, rappresenta i tanti giovani che in epoche e in contesti diversi hanno lottato per la liberta, la legalità, la democrazia.
Per introdurre approfonditamente una tale intitolazione – proposta dal vicesindaco Aberto Giovannetti , immediatamente accolta da tutto il consiglio ed apprezzata anche dalla Provincia di Lucca – il taglio del nastro è stato preceduto da un incontro a Palazzo Pancrazi del quale è stato protagonista Umberto Santino, fondatore del primo centro studi sulla mafia sorto in Italia, poi intitolato a Giuseppe Impastato.
Nessuno, meglio del prof. Santino, poteva quindi tracciare i contorni di una figura come quella di Impastato, del quale, in un certo senso, ha raccolto la protesta dopo la sua uccisione e che per oltre trent’anni l’ha portata avanti ottenendo importanti risultati, primo tra tutti il riconoscimento della matrice mafiosa in un delitto che, inizialmente, si era cercato di far passare come suicidio o incidente.
Presenti alla conferenza numerose autorità civili e militari e una rappresentanza dei ragazzi dell’ISI, i quali, già da alcuni anni, lavorano sui temi della legalità sviluppando progetti in collaborazione con importanti fondazioni.
Ed è proprio a partire dalla scuola, anche secondo Umberto Santino, che i fenomeni mafiosi, più subdoli e diffusi di quanto si creda, devono essere conosciuti e combattuti poiché un tale sistema mette in dubbio la democrazia e si lega strettamente a potere politico ed economico, instillandosi nella società.

Ecco perché l’”educazione alla legalità”, materia di studio per l’ISI di Barga, è fondamentale non solo per opporsi alle mafie, ma anche per contrastare la mentalità antidemocratica che sta sempre più diffondendosi.
Umberto Santino ha a lungo ricordato la figura di Peppino Impastato, raccontandone la biografia (figlio di una famiglia mafiosa con la quale, ancora adolescente, entra in contrasto e rompe i rapporti), l’impegno civile e politico (candidato al consiglio comunale con Democrazia Proletaria, sarà eletto “ad memoriam”, nonostante la sua uccisione), l’accusa alla mafia, in particolare al clan Badalamenti, ritenuto, dopo indagini depistate e poi riprese nel corso di trent’anni di lotta giudiziaria, mandante dell’omicidio.

Ma la riflessione di Santino, docente universitario, si è spinta anche oltre, andando ad analizzare la storia della Sicilia dalla fine Ottocento al presente e distaccando l’immagine di Peppino Impastato dall’icona che si è creata con il film I cento passi, che ha avuto il merito di renderlo noto all’opinione pubblica ma che forse, lo ha un po’ limitato nella globalità del suo impegno.
Una testimonianza importante, ed inattesa, è venuta anche dal giornalista Frank Viviano, residente a Barga ma di nazionalità americana, il quale, anche in virtù delle sue origini siciliane, negli anni Settanta e Ottanta ha indagato sui fenomeni mafiosi avvalendosi anche della collaborazione del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato diretto da Umberto Santino. “Il vostro impegno – ha detto Viviano concludendo il suo intervento, parole alle quali ci associamo pienamente – ha cambiato la battaglia contro la mafia. Grazie ad Umberto Santino e ai suoi collaboratori, grazie per il vostro coraggio”.

Giuseppe Impastato: l’attività, il delitto, l’inchiesta e il depistaggio, le condanne dei mandanti

Nato a Cinisi, in provincia di Palermo il 5 gennaio 1948 da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso con una giulietta al tritolo nel 1963. Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un’attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino “L’Idea socialista” e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell’aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi. degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo “Musica e cultura”, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.); nel 1977 fonda “Radio Aut”, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell’aeroporto. Il programma più seguito era “Onda pazza”, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.
Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo al Consiglio comunale. Stampa, forze dell’ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l’attentatore sarebbe rimasto vittima e, dopo la scoperta di una lettera scritta molti mesi prima, di suicidio. Grazie all’attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l’inchiesta giudiziaria.
Il 9 maggio del 1979 il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Nel maggio del 1984 l’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti. Il Centro Impastato pubblica nel 1986 la storia di vita della madre di Giuseppe Impastato, nel volume La mafia in casa mia, e il dossier Notissimi ignoti, indicando come mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel processo alla Pizza Connection. La madre rivela un episodio che sarà decisivo: il viaggio negli Stati Uniti del marito Luigi, dopo un incontro con Badalamenti in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: «Prima di uccidere Peppino devono uccidere me». Muore nel settembre del 1977 in un incidente stradale che potrebbe essere stato un omicidio camuffato. Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti.

Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini, pubblicata nel volume Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio. Il 5 marzo 2001 la Corte d’assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all’ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti. Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino. Nel 2011 casa Badalamenti, confiscata, è stata assegnata all’Associazione Casa Memoria “Felicia e Peppino Impastato” e all’Associazione “Peppino Impastato”. (fonte)

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