IO E I MEDICI
Fino verso i 10 – 12 anni sono stata una bambina con poco appetito che si ammalava facilmente e quindi era abbastanza abituata ad andare dal medico che mi faceva sempre arrabbiare dicendo che non ero tanto brava a scuola. Un giorno, ero in classe prima o seconda, il dottor Lucignani sentenziò: “Hai sì l’influenza, la maestra ti ha dato zero!” Io prontamente risposi: “Sì, ma con un uno davanti!!!”
Questa frase è diventata parte della mia storia scolastica!
Nel settembre del ’67 mi ammalai di epatite A o, come dicevano allora di “terizie o fiele sparto” e rimasi a casa fino al 17 di ottobre. A quel tempo la scuola iniziava il primo di ottobre ma persi lo stesso quasi un mese, anche se la maestra mi mandava i compiti a casa. Ero diventata tutta gialla e mio padre si spaventò perché gli era già morto un figlio di pochi giorni da una forma di ittero allora sconosciuta e così, quando fui guarita fece “scoprire la Madonna” *
Per la prima volta dovetti accettare di fare delle iniezioni. Fino ad allora, in un modo o nell’altro ero riuscita ad evitarle ma in questo caso erano indispensabili per guarire, così almeno disse il babbo che usò tutta la sua pazienza e capacità di persuasione. Quando mi fece la prima, ci mise tanta di quell’attenzione che io non sentii veramente niente, anche se il liquido pizzicava un po’.
Passata la paura iniziale, le accettai anche da mia madre, ma non era certo la stessa cosa….
Insomma, le iniezioni diventarono trentadue, quattro al giorno per otto giorni!!!
L’ unica cosa positiva era che dovevo assumere tanto zucchero, per questo vi inzuppavo perfino le banane prima di mangiarle.
Il dottor Lucignani veniva tutti i giorni a piedi, dal paese senza pretendere neanche una lira! Quando tornai a scuola fu una vera festa e nei giorni seguenti Claudio passava da casa mia e mi prendeva la cartella perché non faticassi. Questo andò avanti per quasi un mese… Ricordo anche che la maestra il 17 ottobre, dopo i festeggiamenti riuscì finalmente a spiegarci le divisioni di contenenza!!!
Un altro dramma per me erano i denti di latte cariati che spesso mi facevano male,ma quelli più piccini cadevano da soli ed io li buttavo nel fuoco del camino esclamando:” Fuoco, fuoco ardente, rendimi il mio dente, rendimelo sodo che possa rosicchiare un chiodo!”
Almeno due denti degli altri me li tolsero due diversi medici di Barga: il Lucignani e il Salvi. A quel tempo i medici erano anche dentisti, ma io sentii tanto male che non volli tornarci più.
Ad un certo punto però un altro dentino cominciò a far male ma non cadeva, così mio padre, avendo sentito parlare della bravura e della pazienza di un medico da poco tornato a Barga dal Kenia, mi convinse a d andare da lui. Senza fretta e con tanta pazienza il dottor Giannetti tolse il dente senza che io sentissi nulla, poi ci fece uscire da una porta secondaria senza prenderci neanche una lira! Quando fu il momento diventò il nostro medico di famiglia.
*Far scoprire la Madonna: far togliere il velo che sull’altare copre la Madonna e dare un’offerta per una grazia ricevuta.
NELLA VECCHIA FATTORIA
Dopo il trasloco mio padre comprò una mucca, la Bionda, che doveva andare tutti i giorni a pascolare fuori, ma serviva una persona che la controllasse perché poteva danneggiare le viti e le piante da frutto. All’inizio fu incaricato mio fratello ma lui, dopo la scuola e i compiti svolti frettolosamente, voleva andare a giocare a pallone con i suoi amici, in piazza della chiesa a Catagnana.
Allora prese una corda lunga e legò la mucca ad un castagno, poi se ne andò. La povera bestia, muovendosi, annodò la corda e rischiò di morire soffocata. Per fortuna passò di lì lo zio Beppe, che liberò l’animale, ma raccontò tutto a mio padre.
Mio fratello forse non le prese perché riuscì a fuggire!!!
Negli anni successivi, d’estate, fui incaricata io di sorvegliare la Bionda, ma la bestiaccia si accorse subito che ero piccola, così mi faceva i dispetti: prima correva verso i filari di viti o le piante da frutto, poi ripartiva con le mele in bocca, rischiando di strozzarsi, s’impennava e correva verso Rampica, dove vivevano le mucche del nonno Pietro, con cui era cresciuta. La Bionda arrivava su molto prima di me e poteva combinare altri guai, per fortuna interveniva il nonno ed io potevo arrivare con un po’ più di calma!!! Comunque, che sudate e che rabbia!!! …
Da vecchia, mentre era incinta, la Bionda cadde in un “capparone” * pieno di foglie e non fu capace di uscire, la tirarono fuori il babbo e lo zio la sera, quando tornarono a casa, ma abortì, così fu venduta e finirono le mie faticate! Mentre facevo la pastorella, dovevo anche realizzare qualcosa con le mani, come lavorare a maglia, ricamare, fare l’uncinetto… Imparai ben presto a creare maglie bicolori: la mamma comprava qualche gomitolo di “stame” colorato da aggiungere ad un altro filo di “sfattura,” cioè, recuperato da vecchie maglie ma ancora utilizzabile. Lei mi avviava il lavoro ed io dovevo continuarlo. La mia prima maglia aveva il davanti a fiocchetti gialli e blu, era proprio bella. In questo modo insegnò a me e a Claudia anche a fare le calze di lana, da uomo, che regalammo al nonno della mia amica per il suo compleanno.
Volli poi imparare anche a lavorare all’uncinetto, oggi la mia vera passione. Dopo i lavori più facili decisi di realizzare una coperta di cotone e l’idea mi venne perché la nonna mezzo generale ne aveva promessa una a me e una a mia cugina Annamaria, ma quando io vidi come lavorava male, inventai una scusa e mi misi all’opera… ci vollero ben cinque anni ma ancora oggi vale una fortuna!
A Catagnana mio padre allevava anche il maiale: lo comprava per sant’Antonio a Fornaci, poi lo ingrassava con il sidro del ì latte, zucche e altre verdure e nell’autunno veniva cucinato da un norcino.
Questo maiale viveva in un porcile tra la casa e il forno a legna e periodicamente era necessario “ cavargli sotto”, cioè pulire la sua stalla.
Un giorno piovigginoso però, mentre mia madre spazzava, scappò e in poco tempo scomparve.
Cerca di qua, cerca di là, dell’animale nessuna traccia, poi alla fine notai le sue impronte sulla strada sterrata, le seguii, camminai parecchio, fino a Bellavista, al di là di Colle a Pialla e finalmente incontrai la Marianna, che viveva lì, con un bastone in mano e il maiale avanti a sé! La sua libertà era finita!!!
Quando ero piccola i miei genitori allevavano anche conigli e galline per il fabbisogno familiare.
Per far nascere i pulcini bisognava mettere sotto alla chioccia uova fecondate, ma, poiché era importante che nascessero sia maschi che femmine, i primi per cucinarli, le seconde per le uova, la mamma mi diceva che io dovevo depositare nel nido un uovo alla volta pronunciando queste parole: ” San Benedetto e Santa Cristina, un galletto e una pulcina!” Non ho mai saputo se funzionava davvero!
I miei nonni materni si spostarono dai Ghiaccetti, Comune di Fosciandora, a Catagnana prima di noi, nel ’61 e già allora avevano una cagnolona bianca e nera che si chiamava Balilla. Era un cane buono, che giocava volentieri con me, ma dormiva invece di sorvegliare le mucche e, soprattutto, odiava le vipere e sapeva anche come catturarle. Infatti, quando il nonno la sentiva guaire in un certo modo, era sicuro che stava lottando contro un serpente, allora la raggiungeva e il cane passava a lui l’incarico della cattura.
Peccato che non sia morta di morte naturale, ma in seguito ad una caduta: i nonni stavano rifacendo il pavimento della cucina, che prima era in legno, e il cane ormai cieco non si accorse della sua mancanza, così volò in cantina e morì dopo pochi giorni…
*Capparone: capanna coperta a paglia in cui si conservano le foglie secche.

ARRIVANO I PRIMI ELETTRODOMESTICI
Il primo televisore arrivò a casa mia nel ‘ 67, quando mia madre ereditò un piccolo gruzzolo che divise fra me e mio fratello grande, poi dalla mia somma tolse il necessario per l’acquisto dell’apparecchio, 140000 lire. Ce lo portò mio cugino Renzo, che curò anche il montaggio dell’antenna, ma proprio la prima sera, quando eravamo tutti schierati davanti allo schermo, si sentì un piccolo scoppio e la tv si spense.
Che dolore! Io e mio fratello piangevamo, i miei erano preoccupati che fosse successo l’irrimediabile!
Invece Renzo, il giorno seguente riparò il guasto dovuto alla troppa vicinanza ad un traliccio dell’Enel.
Prima del televisore era stata acquistata la stufa a gas, ai Battisti non l’avevamo, usavamo la stufa economica e i fornelli a carbone.
I mobili di sala, buffet e controbuffet come dicevano allora, con tavolo e sedie, furono acquistati a Pian di Coreglia dal Giannini, ma la strada non arrivava a casa nemmeno ai Domenichetti e così i suoi operai dovettero faticare non poco per consegnare i mobili intatti!
In quel periodo i miei genitori comprarono anche il frigorifero, soprattutto per mantenere il latte ed infine la lavatrice, che andava però usata solo ogni quindici giorni, per fare il bucato, altrimenti si spendeva troppo!
Per ultimo arrivò il ferro da stiro, che serviva soprattutto a mia sorella per stirare i vestiti appena cuciti. Prima usava il ferro a piastra, che veniva scaldato sulla stufa economica ma spesso rischiava di macchiare la stoffa. Però, quanti rimproveri prese quando arrivò una bolletta di 6000 lire!!!
Dopo tante preghiere e insistenze, tramite Renzo, arrivò anche il mangiadischi a batteria, per non spendere troppo di luce! Quanti dischi acquistati delle più belle canzoni, incisi però da falsi cantanti perché mio padre ce li comprava alle bancarelle di san Rocco, ma gli originali costavano troppo! Ogni passeggiata, pic-nic o scampagnata il mangiadischi era con noi ma anche mio padre lo usava per ascoltare dischi di un cantastorie di Viareggio, Franco Trincale, che raccontava in musica tragedie o duelli in rima tra un padrone e un contadino.
PARRUCCHIERA SELF SERVICE E GRAN DORMIGLIONA
Da piccola io ho sempre portato i capelli lunghi, con la frangetta, ma fino ai 6-7 anni non ero mai stata da una parrucchiera, finché un giorno la mamma mi disse che la “zazzera” era troppo lunga e andava tagliata, ma l’avrebbe fatto lei, poi uscì per andare in capanna. Io pensai che forse fossi capace di accorciarla da me e così preparai specchio, pettine e forbici e cominciai l’opera, ma più tagliavo più venivano fuori ciuffi di capelli più lunghi di altri…. Quando tornò la mamma il disastro era compiuto! I giorni seguenti mi portò dalla parrucchiera che, dopo aver aggiustato il taglio come meglio poteva, ci consolò tutte e due: “I capelli ricrescono presto!”
Una mattina di metà giugno io dormivo beatamente perché la scuola era finita, ma verso le nove la mamma mi svegliò e mi disse che andava a tagliare il fieno con il babbo ed altre persone a Colle a Pialla e che non sarebbe tornata fino a mezzogiorno. A me lasciava il compito di sbucciare e mettere a cuocere le patate, al resto avrebbe pensato lei al ritorno.
Io, però, dopo averla salutata, mi girai dall’altra parte e cominciai a sognare, sognare finchè sentii una voce che da lontano mi chiamava, anche un po’ seccata, ma era un sogno. Quando però la voce si fece più vicina capii che non stavo sognando, era la mamma furiosa perché era mezzogiorno ed io non mi ero ancora alzata. Per fortuna intervenne il babbo: “Falla finita, tu non sei mai stata bambina? Lo sai che, quando si è piccoli si dorme bene!” Io, comunque, mi alzai volando e andai ad apparecchiare!


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