Effetti indiretti, più o meno gravi, della guerra nel tempo

-

Osvaldo, il tedesco

Osvaldo era un ragazzone di Careggine, che tutto sembrava, tranne un garfagnino: alto, biondo, occhi azzurri e spalle larghe, era un perfetto tedesco.

Partì di leva poco prima dell’8 settembre ’43 per fare il proprio dovere, ma non aveva convinzioni politiche. Lassù sui monti dove era nato bisognava darsi da fare per sopravvivere e lui, conseguita la licenza elementare, lasciò la scuola e si mise a lavorare i campi, come avevano fatto al loro tempo prima il nonno e poi il padre.

Da militare si trovò in alta Italia, in una realtà diversa da qui; anche il dialetto era incomprensibile, ma quando si accorse che tutti scappavano, non se lo fece dire due volte…

Un amico partigiano lo invitò a rimanere nel suo gruppo, ma lui odiava le armi e voleva tornare a casa….

Già in questo caso l’amico sospettò: “Mah, sarà un italiano o un tedesco infiltrato?”.

Osvaldo rimediò degli abiti civili, ma alla stazione alcuni fascisti lo fermarono accusandolo di essere da qualche giorno loro nemico e volevano arrestarlo. Per fortuna intervenne un prete che riuscì a convincerli che era un povero straccione della sua parrocchia.

Osvaldo, il tedesco

Osvaldo, appena poté, salì sul primo treno verso la Toscana e nel viaggio si chiedeva che poteva essere successo di grave se i soldati che prima erano amici, ora erano diventati nemici e come avrebbe fatto a riconoscerli? Ma per lui il fatto più importante era tornare a casa e nascondersi perché non voleva dover sparare a nessuno, né ai buoni, né ai cattivi!

Spostandosi nei luoghi più strani ed evitando tutti gli uomini, sia in divisa che non, riuscì ad arrivare alla stazione di Bologna e da lì impiegò tre giorni per raggiungere di nuovo Careggine. Quando fu a casa sua, si nascose in una capanna che i suoi genitori avevano alla Foce.

Intanto anche gli Americani stavano arrivando nella zona e un giorno in cui Osvaldo uscì dal nascondiglio per una boccata d’aria, un soldato nero, vedendolo da vicino, pensò fosse un tedesco e lo arrestò.  Ci vollero giorni e documenti per chiarire la faccenda, ma alla fine dovettero lasciarlo libero.

Tornato a Careggine, si nascose nei boschi sopra la Foce fino alla fine del conflitto.

Dopo la guerra i suoi paesani, conosciuta la sua storia, cominciarono a chiamarlo Osvaldo, il tedesco e tale è rimasto fino alla sua morte.

 

Figlia della guerra

Rina era una bella ragazza di montagna, forse troppo spigliata e sveglia per i suoi  vent‘anni . C’era la guerra, i divertimenti erano pochi, i ragazzi in paese ancor meno perché erano quasi tutti al fronte e Rina si sentiva sola e triste.

Un giorno però passarono da casa sua dei soldati stranieri e chiesero qualcosa da mettere sotto i denti, lei offrì loro polenta e formaggio e si accorse che uno dei militari capiva bene la nostra lingua, anche se non la parlava. Cominciarono a chiacchierare a gesti e diventarono amici. Lui si chiamava Igor, era polacco e nella sua terra aveva una grande fattoria. Era alto, biondo, simpatico, gentile e alla fine Rina se ne innamorò.

Igor, il polacco

Igor le diceva che alla fine della guerra l’avrebbe portata in Polonia a conoscere i suoi genitori, ma un bel giorno fu trasferito in un’altra zona del fronte; comunque i due continuarono a scriversi in una lingua italo – polacca tutta loro e ad incontrarsi quando era possibile, anche per pochi minuti.

La guerra stava per finire quando Rina si accorse di aspettare un bambino da Igor che sembrò felice della notizia e alla sua partenza per la Polonia, le promise che l’avrebbe sposata alla fine del conflitto.

I due continuarono a scriversi, ma le lettere di lui diventarono sempre meno, finché Rina non ebbe più sue notizie e rimase sola con una creatura che sarebbe nata dopo pochi mesi…

A quei tempi avere un figlio senza marito era una gran vergogna, bisognava per forza rimediare, così il padre di Rina aggiunse una nuova sventura all’altra: cercò un uomo disposto a sposarla, dietro un lauto compenso e trovò un poveraccio senza arte né parte, che non era cattivo, ma non sapeva fare niente ed in pratica i tre vissero sempre alle sue spalle.

Quando nacque la bimba, fu chiamata Emma ed anche il padre improvvisato si affezionò a lei. Rina ebbe anche un’altra figlia, Dina, che nacque con gravi problemi ed ecco la terza sventura…

Emma, comunque amava la sua sgangherata famiglia e, come tutte le ragazze, s’innamorò, si sposò ed ora è anche una giovane bisnonna!

 

Nelly e la guerra

Nelly era una ragazza sempre sorridente ed allegra, viveva a Gemina con la sua famiglia ed aveva anche un bravo fidanzato. La guerra si faceva sempre più violenta e la paura aumentava anche perché si sentivano pure strane notizie su bande di militari e di civili che scorrazzavano per la Val di Corsonna. Chi erano?  Partigiani? Delinquenti? Disperati? Quasi ogni giorno sconosciuti entravano di forza nelle case più agiate, rubavano di tutto e spesso erano anche violenti.

Una sera successe anche a Gemina: Nelly aveva appena cenato quando qualcuno bussò alla porta e lei pensò che fossero i vicini di casa , venuti a veglia come sempre. Aprì senza timore e si trovò davanti quattro  incappucciati, armati di tutto punto, due la presero in ostaggio e gli altri cominciarono ad arraffare tutto ciò che potevano, anche nelle altre stanze.

Nelly, anche se disperata , notò che questi quattro non avevano la divisa , quindi non potevano essere soldati e quando ad uno sfuggì una frase in dialetto locale, capì che forse erano dei malviventi.

Ripensò anche ad una strana visita da parte di un vicino un po’ ambiguo, ricevuta la mattina precedente e notò la somiglianza della voce. A questo punto la paura aumentò perché se le sfuggiva che forse aveva riconosciuto uno dei delinquenti, avrebbe rischiato la vita. Dopo un tempo che a Nelly sembrò lunghissimo, i quattro se ne andarono minacciando di morte chi avesse parlato.

La ragazza, nei giorni successivi, diventò sempre più triste e silenziosa; evitava il suo vicino di casa come la peste e spesso piangeva e si disperava , ma non spiegava ai suoi il vero motivo;  diceva solo che si era spaventata molto.

La sua famiglia seppe del probabile riconoscimento solo dopo la morte del vicino, a guerra finita.

 

Nelly e la guerra

Il fucile tedesco

Durante la guerra un mio amico entrò in possesso di un vecchio fucile tedesco, abbandonato dai soldati durante la ritirata. Lo studiò un po’ e poi decise di nasconderlo fino alla fine del conflitto, ma ogni tanto provava ad andarci a caccia, tanto lassù su quel monte dove viveva nessuno lo avrebbe sentito…

Ma di buona mira non ne aveva proprio e ogni volta che sparava il calcio del fucile gli distruggeva la spalla, così lo abbandonò in una vecchia capanna e lo dimenticò.

Dopo la guerra le armi ritrovate dai civili andavano consegnate ai carabinieri, ma  lui ormai aveva dimenticato il fucile che rimase nello stesso nascondiglio per anni e anni.

Quando però si trasferì con la famiglia in un altro paese, ecco ricomparire il vecchio fucile e a ritrovarlo fu suo figlio, appassionato di armi antiche. Non disse nulla al padre ed insieme ad un amico rimediò i proiettili adatti e poi da un’altana in mezzo ai campi i due cominciarono a fare il tiro al bersaglio verso un melo carico di frutti: ogni sparo era una mela in terra!

Tutto il paese si chiedeva chi fosse a sparare, finché il padre,  a cui era venuto qualche sospetto, seguì una sera il figlio e lo sorprese con l’altro ragazzo mentre gareggiavano fra loro.

I due amici furono puniti severamente ed il fucile sparì nuovamente, ma questa volta per sempre!

 

Lascia per primo un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.