Il dialetto della nonna generale
La mia nonna Assunta parlava un dialetto garfagnino – barghigiano tutto suo e le persone spesso non capivano bene quel che diceva.
Vicino alla nonna viveva la famiglia della mia amica Claudia che tutti i giorni comprava da lei una bottiglia di latte fresco. Era incaricato di andare a prenderlo Claudio, il fratello più grande, che doveva anche riconsegnare la bottiglia vuota della sera precedente. Di solito andava nel tardo pomeriggio ma quel giorno ritardò un po’ ed allora la nonna, quando lo vide da lontano, si affacciò alla finestra e gli urlò: “Vieni che è tardi e il latte è ammannito!” Claudio, che si stava avvicinando, tornò sui suoi passi, andò dalla madre e le disse: “Stasera niente latte, Assunta ha detto che è andato a male…”
Intanto però la nonna aveva raggiunto il ragazzo con la bottiglia in mano e lo brontolò: “Perché sei tornato via, te l’ho detto che il latte era ammannito, ma sono venuta giù perché me lo ammascavo che non avevi capito!
(Ammannito: preparato, pronto – Ammascavo: immaginavo.)
El var, el vegna
Un giovane dell’alta Garfagnana andava a scuola a Lucca e tutte le mattine prendeva il treno a Piazza al Serchio , dopo aver camminato parecchio anche a piedi. Parlava uno stretto dialetto locale ed anche i suoi compagni di classe non sempre lo capivano.
Per fortuna uno viveva nel paese vicino al suo e cercava sempre di aiutarlo.
Una mattina si presentò alla biglietteria della stazione, dove era impiegato un ferroviere di Roma e quando lui gli chiese: “Un biglietto, el var, el vegna”, l’altro, pensando che fosse un paese , gli rispose: “Hai sbagliato treno, lungo il tuo percorso questa località non c’è!”
“Ma se l’ho preso anche ieri!”, si spazientì il giovane, poi chiamò l’amico che chiarì: “El var, el vegna vuol dire andata e ritorno”.
Un’altra volta la professoressa d’inglese faceva domande qua e là ai vari alunni, ma molti non sapevano rispondere anche a quelle più semplici e quando arrivò il suo turno l’insegnante cercò di aiutarlo chiedendogli:”What time is it?” Lui ci pensò un po’, poi guardò il suo orologio da polso ed esclamò : “Io cai, questa che la sapevo, mi si è rotto l’oriolo!” Si mise a ridere anche la professoressa, ma lo mandò a settembre, insieme a molti altri di quella classe.

“Personaggi “ lucchesi
Fausto Coppi, al tempo in cui correva, aveva come massaggiatore ufficiale un lucchese, Oscar Del Pucia, un personaggio che sembrava pazzerello perché si vestiva e comportava in modo strano, ma era molto stimato dal campione.
Un giorno Coppi invitò Oscar a raggiungerlo in un famoso albergo a Roma, dove lui alloggiava.
Quando giunse all’hotel, vestito più o meno come uno straccione, disse deciso al portiere: “Io devo vedere il Fausto, mi aspetta”; l’altro cercò di mandarlo via ma non ci riuscì, allora chiamò il direttore che, con molta diplomazia, gli disse che quello non era un albergo per lui.
Oscar però continuò a dire: “Fausto mi aspetta!” Stava per arrivare il servizio di sicurezza quando, dalle scale interne, scese Fausto Coppi che urlò al massaggiatore: “Quanto tempo è che ti aspetto?!che ti è successo?”
Oscar, soddisfatto, gridò al personale dell’hotel: “Te lo aveo ditto, naccaron, che m’aspettava!”
(Te lo avevo detto, scemarello, che m’aspettava).

La semina dei conigli
In una borgata della Piana di Lucca viveva un tipo strano, un po’ tonto, che tutti conoscevano come il Curioso della Corte perché faceva sempre domande a tutti quelli che vivevano vicino a lui, specialmente se coltivavano nell’orto verdure poco conosciute.
Tutte le sere , quando passava per tornare a casa, si fermava ora in un orto, ora in un altro e poneva sempre, più o meno, le stesse domande: “Che pianti? Perché lo fai così? Perché non cogli l’insalata , che è pronta? Che verdura è quella nuova che hai messo?” e così via…
Un vecchietto più sveglio e burlone degli altri una sera gli preparò uno scherzo: il giorno precedente aveva macellato dei conigli per metterli nel congelatore e prese tutte le pelli, fece un solco nell’orto e le mise lì dentro, coperte quasi del tutto dalla terra, lasciò fuori solo le orecchie.
Quando il Curioso passò andò subito a vedere che cosa era spuntato nell’orto e l’altro gli spiegò: “Ho provo a seminacci i curignoli, vedi, nascin, han già l’orecchi di fora!”
(Ho provato a seminarci i conigli, vedi, nascono, hanno già gli orecchi fuori dalla terra).
Non so se il Curioso della Corte continuò a fare domande…

Anche in guerra si può sorridere…
Mio zio Beppe, figlio della nonna generale, era nato nel 1920 e fu quindi chiamato per il servizio di leva proprio durante la guerra; fu mandato a Bari e lì rimase fino alla fine del conflitto. Si trovò abbastanza bene ma non capiva il dialetto locale e i pugliesi non capivano lui.
Uno dei primi giorni il suo comandante gli domandò: “Da dove vieni?” e lui: “Da un paese lassù, son garfagnino, vivo in campagna, su un colletto”
“Io di colletti conosco solo quello della camicia, spiegati meglio?!” lo incalzò il comandante: “In quale provincia si trova questo colletto?” .
“In Garfagnana” rispose Beppe.
“Ma quella è la vallata, io penso che sia Lucca, o no?”. “Sì, signor comandante, ma mi sono ingarbujato, sapete, sono stato a Lucca una sola volta perché è lontana e il treno da noi un c’è gnancora!”
“Ma sai leggere e scrivere?” “Sì, insomma, alla mejo, da noi il piovano ha insegnato un po’ a tutti”.
“Caro Moscardini, sai che facciamo? Ti metto in consegna per una settimana e tu studi il vocabolario della lingua italiana, t’insegno come!” e gli mostrò il didizionario,o aprì e gli fece leggere alcune parole della prima pagina. “Ecco, tu leggi e riscrivi in corsivo su un quaderno ogni parola in neretto, cerca poi di capire il significato che è scritto di seguito. Comincia a fare questo per le prime cinque lettere dell’alfabeto e poi vedremo ….”. “Sì, signor comandante”, rispose Beppe “Speriamo che i miei pensieri non s’intrabescolino di più.”
“Vai e studia” tagliò corto il suo superiore, quasi rassegnato.
Alla fine della settimana il comandante lo chiamò di nuovo, aprì il quaderno e si complimentò con lui per il lavoro svolto. Questa storia andò avanti per un mese e poi ci fu l’esame ufficiale delle parole nuove imparate che promosse Beppe a pieni voti!
Ma lui sarebbe stato volentieri ancora consegnato, anche se la scuola non gli era mi piaciuta troppo, perche fuori c’era la guerra e la guerra è guerra…



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