Racconti per bambini, sia grandi che piccini

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Il ciclo dell’acqua

Cadde rovinosamente su una foglia di melo, l’aveva staccato da un nuvolone nero una folata di vento di un temporale estivo: era un gocciolone enorme ed al suo atterraggio il rametto del melo su cui si posò si piegò in due e lo fece rimbalzare! “Che volo dal cielo a qui” pensò Gocciolone e si avvicinò al margine della foglia per vedere che c’era sotto: tante foglie, tanti rametti, tanta erba lunga da non vedere il suolo.

“Che faccio? Se mi butto, sparisco nella vegetazione! Aspetterò qui all’ombra per non diventare vapore, speriamo d’incontrare qualche amico con cui continuare il viaggio, io vorrei tornare lassù sulla mia nuvola, se c’è ancora”.

Mentre si riposava, attento a non diventare parte dell’arcobaleno, sentì un tonfo e sulla foglia vicina arrivò una gocciolina colorata e molto carina: “Scusa se ti disturbo, ma il vento mi ha portato qui”.

“Figurati, sono contento, così avrò un po’ di compagnia!” esclamò Gocciolone. “Ma quanto sei graziosa, così colorata” continuò.

La gocciolina cominciò a dondolarsi e a gonfiarsi, soddisfatta di essere tanto ammirata, ma perse l’equilibrio e cadde sull’erba alta. Era tanto leggera che si salvò atterrando su un grosso filo di fieno. Gocciolone si lanciò subito al suo inseguimento e si ritrovò ancora una volta vicino a lei, su una grande foglia di malva. Il vento si era calmato così poterono riposarsi un po’.

Scivolando poi da una foglia ad un’altra, arrivarono ad un ruscello e la voglia di farsi trasportare dalla corrente fu così tanta che si lanciarono su una corteccia galleggiante e via verso il fiume!

“Mi piace stare con te” ammise la gocciolina “perché non ci sposiamo?”  “E’ una buona idea” esclamò lui. I due si avvicinarono e nel baciarsi diventarono una sola e bella grande goccia d’acqua colorata che davanti al sole cocente si trasformò in vapore, salì in cielo e ricominciò il viaggio.

 

La gatta Pierina

Pierina, la gatta della nonna, era sempre con lei, ma la sua vita all’inizio fu molto difficile, perché per poter mangiare bisognava esser capaci di acchiappare i topi. Pierina ci provava, ma erano troppo furbi e poi anche il sapore non era dei migliori. Quando la capanna della nonna fu piena di questi roditori la vecchietta minacciò di licenziarla e intanto fece benedire i topi al parroco che le confidò: “Forse sarebbe meglio un buon gatto”.

Pierina si convinse così che doveva fare il suo dovere anche perché la ciotola era sempre più vuota e si stabilì fissa nella stalla. D’altronde lei non aveva mai dormito al calduccio in casa perché non usava.

Le persone da sé e gli animali da sé” diceva sempre la nonna, ma in questo modo era facile riempirsi anche di pulci.

Dopo parecchio tempo i topi calarono e Pierina decise di andare a dormire in una vecchia casa abbandonata, dove viveva già una colonia di vecchi ricci, pungenti ma innocui e fu lì che conobbe il suo primo amore, il gatto Raimondo, giovane, bello e gran vagabondo.

Siccome al cuor non si comanda, lei se lo tenne stretto, perché era pigro, ma quelle poche volte in cui andava a caccia lui, i topi si chiudevano a chiave nelle tane perché era enorme e un sua zampata era mortale. Insomma, con Raimondo, Pierina si sentiva al sicuro ed imparò anche ad apprezzare il sapor di topo. Lui le insegnò a catturare i topolini più giovani e saporiti, a non perdere tempo con  talpe e lucertole, perché fanno venire il mal di pancia, ad inseguire qualche uccellino caduto dal nido…Com’era divertente andare a caccia con Raimondo, che per lei diventò il migliore del mondo!

Un giorno Pierina si sentì male, andò lontano dalla sua cuccia e partorì tre micetti, in un fienile.

Raimondo la seguì, l’aiutò e diventò un compagno e padre modello! I tre gattini crescevano bene finchè un giorno, mentre mamma gatta era a caccia con il papà, si ritrovarono sepolti dentro mucchi di fieno e rischiavano di affogare. Pierina e Raimondo, la sera, cercarono di attirare l’attenzione della nonna miagolando: “I nostri micetti sono in pericolo, sono stati sepolti dal fieno,hanno fame e sete!!!”, ma la nonna non capì.

Suo figlio però, la mattina seguente, s’accorse che la micia girava disperata nell’aia del fienile e miagolava, miagolava… e lui aveva rimesso il fieno!… Capì subito di aver distrutto una famiglia felina e si raccomandò ai figli: “Intrufolatevi nel fieno e tirate fuori i gattini”.

I ragazzi riuscirono a scavare una galleria e finalmente avvertirono dei leggeri miagolii, i micetti erano ancora vivi , anche se affamati! Li affidarono alle cure di Pierina e Raimondo che si strusciarono a lungo ai loro vestiti, ringraziando. Ma i due ragazzi fecero di più: portarono in casa tutta la famiglia, che lasciò la caccia ai topi ad altri gatti meno fortunati.

 

Lina, la lucertola

Lina era la più piccola di una famiglia di lucertole e viveva ancora con la sua mamma mentre le sorelle maggiori se ne erano andate di casa pochi giorni dopo la loro nascita.

La madre, in fondo, era contenta di avere un po’ di compagnia, così giustificava la figlia davanti alle critiche delle altre lucertole del gruppo.

Un giorno, stanca di discorsi, decise di portare Lina in un luogo più sicuro, dove lei era nata, cresciuta e soprattutto sfuggita sempre ad un gatto eternamente affamato.

Il micio Lucifero viveva in una vecchia casa di campagna insieme a tre vecchietti che non si curavano molto di lui e quindi si sfamava come poteva, mangiando anche lucertole che gli procuravano però forti mal di pancia.

La mamma di Lina era sempre scampata alla caccia del gatto rifugiandosi in un vecchio forno a legna in disuso e lì portò la figlia.

Sopra a questa costruzione c’era però un lungo terrazzo da cui spesso pendevano lenzuoli stesi e Lina, curiosa com’era, volle provare a far l’altalena aggrappandosi ad uno di essi: un leggero vento faceva dondolare il lenzuolo, l’aria era fresca, cristallina e lei si addormentò.

Un brutto scossone la risvegliò dopo qualche tempo, qualcuno stava raccogliendo i panni asciutti!

Lei tentò di lanciarsi nel prato, ma finì sul pavimento del terrazzo e poi in una vecchia camera da letto, dove una cagnolina pestifera cercava in tutti i modi di afferrarle la coda. Per fortuna, all’abbaiare del cane, giunse una ragazza che zittì l’animale, catturò la lucertolina piegando il lenzuolo e la rilanciò alla sua mamma che l’aspettava nel prato.

Lina pensò: “Mi dicono sempre di stare attenta agli umani, ma forse non tutti sono così cattivi!”

Da quel momento però si guardò bene dall’ uscire dal nascondiglio del forno senza la mamma.

 

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