Destini di guerra

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Destini di guerra:

1 ) La storia di Nello, vittima civile.

2 ) L’incredibile storia di Ottorino.

 

La storia di Nello, vittima civile.

Nello era nato nel 1914, ben presto aveva perso la mamma e lo aveva cresciuto la zia Annina perché il padre si era risposato e lui non andava d’accordo con la matrigna. Era quindi quasi sempre insieme al cugino Enrico e i due si consideravano fratelli. Quando Enrico partì per il servizio militare c’era la guerra e lui quasi quasi invidiò il cugino che rimaneva a casa perché era invalido: gli mancavano delle dita ad una mano. Nel 1941 erano fidanzati tutti e due e avrebbero voluto sposarsi nello stesso giorno, nella chiesina di Montebono, ma Enrico non ebbe la licenza ed il progetto sfumò.

Alla fine dell’anno, comunque, tutti e due erano felicemente coniugati. L’8 settembre ’43 Enrico fuggì da Cuneo, tornò a casa, si nascose sulle montagne e i due cugini ripresero la loro vita di taglialegna e carbonai.

Nel novembre del ’43 a Nello nacque il primo figlio, in una casa a Barga, per essere vicini all’ospedale, in caso di necessità. Enrico, intanto, non riusciva ad avere figli ed ancora una volta quasi invidiava il cugino.

Tutto andò bene fino al 1945, anche se vivere nella zona del fronte non era facile, ma il bimbo cresceva bene, sereno e coccolato da genitori, zii e nonni.

Il padre in particolare se lo teneva sempre in braccio e ce lo aveva anche quando, verso la fine di febbraio, arrivarono agli Antonelli un gruppo di soldati stranieri che, dopo avergli rivolto delle domande, gli spararono a bruciapelo, uccidendolo sul colpo. La moglie e il padre sentirono lo sparo, uscirono e videro dei militari andarsene, ma non riconobbero la divisa, per cui non si è mai saputo chi fossero e il motivo dell’esecuzione.

La moglie non voleva credere che fosse morto e si disperava, aveva solo 21 anni, e non aveva mai visto un cadavere.

La famiglia non potè nemmeno seppellire Nello nel cimitero di Sommocolonia, perché era zona di guerra , così gli diedero una sepoltura provvisoria nel campo della chiesa a Catagnana, dove rimase fino alla fine del conflitto.

Madre e figlio furono poi portati da uno zio a Filecchio, come sfollati, insieme alla sua famiglia e rimasero lì fino alla fine della guerra.

L’incredibile storia di Ottorino

Eleonora torna da scuola tutta agitata: “Nonna Pamela, nonna Pamela, la maestra ci ha parlato tanto delle due guerre mondiali, come a volte fa il nonno Ottorino!!!”.

“Che vi ha detto? Sai, le guerre sono sempre tristi!”Ci ha spiegato che in questi due conflitti spesso si fronteggiavano soldati che erano cresciuti insieme, come gli Italiani del Nord e gli Austriaci nella prima guerra, oppure i partigiani e i fascisti nella seconda.”

“E’ vero, erano tutti giovani italiani e molto spesso erano costretti a combattere uno contro l’altro. Ma anche in questo caos si sono sviluppati legami fatti di amor fraterno, di generosità, di solidarietà… Chiedilo al nonno , quando torna.”

Eleonora, quella sera, aspetta il nonno Ottorino con più impazienza del solito e quando arriva lo martella di domande finchè lui, sfinito, accetta di raccontarle ancora una volta la sua storia.

“Quando nel 1940 partii per la guerra, non conoscevo mio padre Armando perché per tutti era morto nella prima guerra mondiale.

Mia madre Giuditta non aveva mai perso la speranza di rivederlo e non aveva mai accettato la corte di altri anche se era bella come il sole, anzi come te, che le assomigli come una goccia d’acqua!

Quando arrivai sul fronte in Russia fui ferito ad una gamba e mi venne la polmonite, così fui soccorso da un portaferiti. Stranamente parlava italiano e mi confessò che lui era stato soldato nelle nostre schiere nella prima guerra mondiale. Era però rimasto gravemente ferito alla testa e dopo mesi di ospedale si ricordava solo il suo nome e cognome e quelli di un bimbo e della sua mamma, che pensava fossero suo figlio e sua moglie ma non sapeva né se fossero vivi, né dove era vissuto con loro.

Quando io gli dissi: ‘Io mi chiamo Gentili Ottorino e Gentili Giuditta è mia madre, non ho mai conosciuto mio padre perché dicon che in guerra morì’ , il portaferiti si mise ad urlare: ‘Ma tu sei mio figlio, mio caro Ottorino, ora nessuno può più dividerci”.

Naturalmente io e il mio babbo fummo liberati e rimandati a casa e la nonna Giuditta si sentì quasi male per l’emozione! Rivedere il marito dopo più di vent’anni… E’ stata una storia incredibile!

Poi ho conosciuto la nonna Pamela, ci siamo sposati ed è nata tua madre…”

“Ma non mi hai mai raccontato come hai conosciuto nonna Pamela?!”

“Eh, anche questa è una storia lunga ed anche un po’ dolorosa, ma tutto è bene quel che finisce bene. Dunque, forse è il momento che tu conosca tutta la verità.

Quando mio padre ed io ci fummo abbracciati e baciati a lungo presso l’ospedale della Croce Rossa, dovemmo di nuovo dividerci, perché io avevo bisogno di molte cure prima di poter tornare a casa, perciò fui trasferito in Italia, ad un ospedale  militare.

Mio padre fu visitato a lungo per la sua amnesia quasi totale dai migliori professori russi ma nessuno di loro riuscì a guarirlo, gli dissero soltanto che con una grossa emozione forse poteva riacquistare la memoria. Un po’ deluso dai risultati ottenuti rientrò al paese dove fu accolto da una vera e propria festa paesana.

Giuditta, quando lo vide, si svenne ma poi, subito ripresasi, esclamò: ‘Come ti sei sciupato in questi anni! Che hai fatto in tutto questo tempo? Ottorino, perché non è con te? Che è successo ancora?’

‘Stai tranquilla, è all’ospedale, ma ormai è fuori pericolo, presto tornerà a casa. Io non ricordo tutto quello che è successo in questo ventennio, ma con il tuo aiuto ce la faremo. Ogni giorno riaffiora nella mia mente qualche vecchia immagine in più’

La mia brutta ferita però non voleva guarire, anche per la scarsezza delle medicine nel dopoguerra, così cominciai a scrivere alla famiglia, in tal modo mia madre si tranquillizzò. Intanto io ero assistito da alcune brave crocerossine ed una in particolare era molto carina ma era già impegnata con un ragazzo piuttosto geloso che non la lasciava vivere. Ad un certo punto lei cercò per me un posto – letto in un altro ospedale ed una notte scappammo con l’aiuto di un amico che guidava l’ambulanza. I suoi genitori, nei giorni successivi, riuscirono a ritrovarla, ma non a convincerla a seguirli; minacciarono anche di farci arrestare tutti e due, ma noi ci amavamo troppo per rinunciare al nostro sogno, così una notte chiamammo il parroco che si occupava dell’ospedale e ci sposammo in gran segreto, almeno in chiesa.

Una volta guarito, sono tornato a casa accompagnato da mia moglie…”

“Ma la nonna Pamela, così dolce, calma, gentile, che c’entra in questa storia!?”

“Ma come, non hai capito? Quella signora ora tanto calma, era tua nonna Pamela!”

“Nonna, nonna, è vero?” “Sì, tesoro, è tutto vero” risponde.

“La nonna era molto coraggiosa, ma insomma anch’io non ero poi tanto male” brontolò fra i denti il nonno.

“Oh, nonno, che bella storia” esclama Eleonora.

“Diventò ancor più bella quando nacque tua madre Giulia nel 1956, che aspettavamo da parecchi anni e quando sei nata tu nel 1980, abbiamo organizzato una festa simile a quella del ritorno di mio padre e me dalla Russia!”

“A proposito, che ha fatto nonno Armando in Russia da solo per vent’anni?” chiede all’improvviso Eleonora.

“La prossima volta che lo vedi chiediglielo”  risponde Ottorino.

“Lo farò…”

Nonno Armando ha ora 94 anni , ma è ancora lucido , non parla mai della guerra perché i ricordi lo rattristano, solo la moglie conosce la verità su quei vent’anni in Russi , agli altri dice che non ricorda nulla e così risponderà anche ad Eleonora…

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