Anche gli alberi a volte parlano

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Anno 1933, la casa di Rampica viene ristrutturata dai proprietari inglesi, che poi l’affitteranno.

Tutto intorno a questo fabbricato in pietra vengono piantate siepi di bosso, a quel tempo molto utile soprattutto per realizzare lo “spattosorone” del forno, cioè una scopa grande e tondeggiante con cui le donne che settimanalmente facevano il pane, spazzavano il forno a legna, quando era caldo. Le sue foglie, infatti, a contatto con la brace, scoppiettano ma difficilmente prendevano fuoco. Il bosso era un po’ il simbolo della casa, aveva bisogno di poche cure e viveva centinaia di anni… Le siepi che mio nonno trovò a Rampica negli anni ‘60 avevano già più di trent’anni, erano gigantesche e selvagge perché mai potate;  se l’erano cavata sempre da sole e continuavano a crescere finchè uno strano animaletto le fece seccare tutte.

Furono potate ma questo forse peggiorò la situazione, perché lo fecero mani inesperte.

In questi ultimi anni il podere di Rampica è passato ad una erede che ha deciso di ripulire tutto il territorio e così sono riapparsi, da grovigli di liane, siepi ed edera, anche i tronchi spogli di bosso.

A dir la verità, al calcio hanno dei germogli forse troppo piccoli e delicati per sopravvivere ma comunque felici di rivedere la luce.

Sembra quasi che parlino fra loro: “Scusate, questa luce forte mi ha svegliato, ma che è successo? Vedo Barga, i ciliegi, la capanna…, erano anni che non succedeva! Dove sono finite le liane, i grovigli di spine ? Sono libero! Amici e parenti della siepe, bisogna avvisare gli altri che vivono più in alto, usate la voce del vento! Eh sì, anche loro ora respirano e ballano”.

Guardando l’oliveto dall’alto , si nota bene che è abbandonato da anni perché mostra solo le sue cime più alte che però sono cariche di olive mature, forse un segno di speranza per il futuro. Qui vicino alla casa, in particolare, un olivo schiacciato da una giungla di sterpi e edera, ha perso l’equilibrio ed è caduto a terra. Pensava, rassegnato, di dover sopravvivere in quella posizione ed invece è stato salvato da mani esperte!

 

Un altro, assalito da liane gigantesche, è riuscito a mantenere fuori dalle loro spirali solo pochi rami, ma non ha mai ceduto ed ora respira felice, chiacchierando con i due ciliegi giganteschi che ha di fianco.

Neanche questi sono stati risparmiati, ma incorniciano Barga da lontano e perciò devono vivere! Intanto, anche se malconci, raccontano la loro avventura ad un nocciolo in fiore, miracolosamente scampato alla  fitta ragnatela di piante parassite.

Solo un povero kaki centenario è stato ritrovato morto sotto uno strato di altri rami e foglie, non ce l’ha fatta ma ha lasciato al suo calcio un piccolo germoglio, speranza per una vita futura.

Durante il pomeriggio l’oliveto sembra un grosso formicaio: ci sono persone che tagliano rami o alberi secchi con la motosega, altre che bruciano le sterpaglie, altre ancora che segano l’erba con il “ frullino”…, tutti si danno da fare, anche il cane porta a casa legnetti da bruciare, poi la sera cala di nuovo il silenzio,  ma  penso che la notte gli alberi salvati e felici chiacchierino fra loro con la voce del vento…

Nel castagneto abbandonato, di fianco all’oliveto,  un vecchio castagno, a primavera si risveglia e si lamenta: “Povero me, non ho più un goccio di linf , tutta colpa di quella befana di edera che prima mi ha promesso mari e monti e poi mi ha ridotto così! C’è qualcuno sveglio?” Un vecchio pero poco distante risponde: “Ricominci il lamento? Già l’anno scorso ti lagnavi, ma perché te la sei sposata, quella lì?”

“Eh, sai ero troppo solo, lei era bella, lucida e mi promise che mi avrebbe fatto tornare verde splendente come lei, perché la mia linfa sarebbe bastata per tutti e due.

All’inizio ero felice anch’io ma poi, dopo avermi prosciugato, è andata a disturbare anche i miei figli qui vicini ed ora comanda lei!

Ma anche tu hai una bella edera sulla tua testa…” fa notare il castagno al pero:

“Sì, è vero, ma la mia mi ha sposato per amore, ormai è vecchia come me e si accontenta di sopravvivere; tu, però, per essere un castagno sei ancora giovane e devi ribellarti!” lo esorta il pero.

“Come faccio, mi stringe sempre più, finita la piccola scorta segreta di linfa che ho, dovrò morire!” sospira il castagno

“Ma no, lascia fare a me, ho sentito dire da un bosso che due giovani, nel bosco vicino, stanno liberando molte piante da liane, edera, siepi e tutti sono contenti. Sono successi dei veri e propri miracoli: olivi stesi a terra che con il loro aiuto, si sono rialzati, cachi selvatici che hanno ripreso a vivere dopo essere stati dissotterrati…!”

“Ma come facciamo ad attirare la loro attenzione?” chiede il castagno.

“Ce l’hai un ramo piuttosto grosso da sacrificare? Puoi buttarlo nel mezzo alla strada che passa qui sotto, vedrai, lo noteranno e noteranno anche la tua edera smagliante!”

“Buona idea, farò così” decide il vecchio castagno e durante la notte, aiutato anche dal vento di tramontana, lascia cadere il ramo.

La mattina successiva i due giovani, come previsto, lo vedono subito, lo tagliano a pezzi e lo portano nel ripostiglio, poi si accorgono che il castagno sta soffrendo perché le sue gemme sono piccole ed allora si mettono al lavoro e per prima cosa tagliano l’edera al calcio che, attraverso il vento si mette a urlare: “Disgraziato! me la pagherai ”

Il castagno, contento di rimanere vedovo, le risponde: “Ora non farai più danni, perché non ti lasceranno rispuntare” poi ringrazia il pero ed insieme decidono d’impegnarsi al massimo per produrre castagne e pere in gran quantità, almeno nei successivi cinque anni.

Ora gli alberi del castagneto abbandonato possono stare tranquilli, saranno liberati il prima possibile e con la voce del vento ringraziano i giovani..

Il castagno affogato dall’edera

Una mattina presto nel castagneto si svegliano i primi alberi:

“Ohé , sveglia, dormiglione, è primavera! Perché le tue gemme sono ancora quasi chiuse?” chiede un pino alto alto e magro, magro, mezzo spennacchiato dalle bufere, ad un castagno nato e cresciuto lì vicino.

“Tu parli bene, ma lo vedi? Sotto di me si è aperta una grossa frana e rischio di raggiungerti. Tu sei più in basso e un po’ spostato rispetto a me, io non ho nulla che può fermare la mia caduta!”

“Ma il poggio dove sei da sempre è sicuro, non ti succederà niente! Allora io che dovrei fare? Un pino isolato in mezzo a tanti castagni… per veder la luce ho dovuto innalzarmi sopra di loro e per questo i miei rami più bassi sono tutti seccati, ma, pazienza, per sopravvivere si fa questo ed altro…”

“Hai ragione, ma poche persone cercano legno di pino per scaldarsi, invece il castagno fa comodo a chiunque abbia un camino, come quella “tipetta “che qualche giorno fa ha avvertito i vigili della presenza di una frana sulla strada per venire a casa sua, che è poi la via che passa qui sotto a me. Non si è accontentata di questo, ha detto loro chiaramente che io ero pericoloso e dovevo essere abbattuto… quella lì che che non distingue un castagno giovane, nel pieno della sua vita, da uno secco o in agonia… E pensare che nel muschio intorno alla mia ceppa ha sempre trovato saporiti porcini…”

“Ma non sei tu che, con le tue radici tieni fermo il restante poggio?”

“Certo, se tagliano me la frana si allarga perché sono l’unico albero giovane, robusto e con tante radici. Devono però venire a fare un sopralluogo i padroni del terreno;  speriamo che almeno loro siano ragionevoli…”

Il giorno seguente il pino sveglia il castagno al mattino presto: “Dai, dai, su, guarda, la “tipetta” è andata a casa dei padroni ed è uscita un po’ agitata, che le avranno detto? Ma tu li conosci questi cittadini che sono arrivati da poco, saranno ragionevoli?”

“Mah, dicono che la figlia è plurilaureata in scienze agrarie, ma non c’è da fidarsi di chi non ha esperienza diretta nella coltivazione della terra.”

“A vederla da lontano sembrerebbe spigliata e peperina, speriamo in bene…”

La ragazza ad una certa ora del mattino va a controllare la situazione della frana, poi scuote la testa e dice ad alta voce , come se il castagno potesse sentirla: “Ma a chi è venuta quell’idea strampalata di tagliare il castagno, è l’unico che regge il poggio franoso… mi sa che LEI miri più ad impadronirsi della legna” brontola riferendosi alla “tipetta”: “Comunque vedremo domattina, quando arriveranno gli operai del Comune con la ruspa, se proprio si creasse un pericolo reale….”

“Hai sentito, sei fuori pericolo!” urla il pino al castagno.

“Speriamo, ma aspettiamo domattina.”

Il giorno successivo, verso le 11 , la ruspa è sul posto e pulisce e riapre la strada, la ragazza raggiunge gli operai ed insieme giudicano la situazione: “L’albero è indispensabile per non aggravare la situazione della frana, va lasciato vivere.”

Ora il castagno è felice, può far sbocciare le sue gemme in pace ed anche il pino è contento di aver ancora un amico con cui parlare. È inutile aggiungere che i funghi porcini che nasceranno intorno al castagno saranno solo per la padrona …

 

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