Quando i razzisti erano gli svizzeri…

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Dal lettore Dino Nardi  di Fornaci, riceviamo e pubblichiamo:

 

Per quanto mi riguarda – essendo figlio di emigrati, allevato e cresciuto in Italia con i nonni, poi emigrato io stesso in Svizzera da oltre mezzo secolo – rispetto ai recenti referendum italiani dell’8/9 giugno, un commento a risultato già acquisito è doveroso farlo sul quinto quesito, quello sulla riduzione da 10 a 5 anni del tempo di residenza in Italia per poter accedere alla cittadinanza italiana da parte di un immigrato in possesso di un regolare permesso di residenza.

Doveroso perché ricordo ancora quando in Svizzera noi emigrati si temeva di essere cacciati via dalle ricorrenti iniziative referendarie antistranieri e in Italia si criticava aspramente il razzismo degli svizzeri! Facile, molto facile allora, criticare gli elvetici e non essere razzisti in Italia, in un Paese che non conosceva l’immigrazione. Ed oggi? Tutt’altra musica!

Ciò ricordato, prima di entrare nel merito di questo quinto referendum, è utile citare quali siano generalmente i tempi di residenza richiesti in alcuni Paesi europei (salvo casi particolari in cui questi tempi possono essere ridotti) come, per esempio: 5 anni in Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia; 6 anni Austria; 8 anni in Slovacchia ed Ungheria; 10 anni in Svizzera. Utile ricordarli anche per smentire alcuni soloni che in tv, a sostegno del NO all’iniziativa referendaria, hanno raccontato (senza essere smentiti dal conduttore di turno!) che fosse la stessa Unione Europea a chiedere all’Italia di mantenere i 10 anni di residenza per una naturalizzazione.

Ciò premesso, mentre per i quattro quesiti relativi il lavoro la percentuale dei SI è oscillata tra l’87 e l’89%, per quello sulla riduzione da 10 a 5 anni del tempo di residenza in Italia per la naturalizzazione la percentuale dei SI è crollata al 65,5%! Pertanto – considerato che i votanti a questi referendum sono stati annoverati come iscritti alla CGIL ed elettori di AVS/PD/5Stelle e di +Europa – è evidente che molti di questi elettori della così detta “area progressista”, in merito alla cittadinanza italiana, la pensano esattamente come l’elettorato di destra. E per scoprire questo sentiment degli italiani non c’era affatto bisogno di indire un referendum bastava porgere l’orecchio ai tanti commenti che ovunque si sentono in Italia (anche tra gli italiani in Svizzera, ahimè) a proposito degli stranieri confondendo ignorantemente (volutamente?) quelli residenti da anni con tanto di permesso di soggiorno e di lavoro, nonché i loro figli nati e cresciuti in Italia, con i tanti disperati irregolari che le autorità fanno finta di espellere dall’Italia ma che, invece, ritroviamo a bivaccare davanti le stazioni, nei giardini pubblici e nelle piazze delle nostre città sbarcando il lunario in un qualche modo, illecito ovviamente.

Un sentiment, peraltro, condiviso da molti italiani all’estero considerato che nella Circoscrizione Estero la percentuale dei SI è stata più o meno analoga (63,5%) a quella in Italia e non molto lontana da quella ottenuta anche nei referendum sul lavoro oscillante tra il 66,7 ed il 69,3%. Risultati quest’ultimi, degli italiani residenti all’estero, che – a mio avviso – hanno dell’incredibile vivendo e lavorando, in gran parte, in Paesi dove le norme introdotte dal Jobs act sono una chimera rispetto alle normative applicate localmente e perché, in quanto loro stessi emigrati, hanno vissuto sulla loro pelle le difficoltà incontrate nel naturalizzarsi, anche e soprattutto in Svizzera!

Dino Nardi

Commenti

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  1. Caro Dino, come ben sai ,io stesso, per un breve periodo sono stato emigrante i Svizzera tedesca. E sono completamente d’accordo con la tua analisi
    Leonello diversi

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