Per avere in lettura una adeguata guida turistica per il nascente XX secolo dove ci si sposta con lo sbuffante treno a vapore, oppure al volante di traballanti e poco sicure automobili, bisogna attendere gli anni 1914-1916 quando il Touring comincia a pubblicare la collana delle Guide d’Italia. I primi quattro volumi riguardano i territori nord occidentali: Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana nord-ovest. Questi volumi vengono stampati in un numero di copie molto elevato (200.000 per ogni volume) e distribuiti gratuitamente ai soci, mentre il loro costo di vendita era di £ 0,65 ciascuno per l’Italia, e £ 1,20 negli stati esteri. La Valle del Serchio e Barga li troviamo descritti nel primo volume, riguardante Liguria e Toscana, da p. 311 a p. 320. Il territorio è visitabile mediante ferrovia corredata da servizio di carrozze postali n partenza da alcune stazioni, oppure con l’utilizzo di automobili che possono raggiungere solo i maggiori centri come Coreglia Antelminelli, Barga, Molazzana. Il ponte di Calavorno nel 1916 aveva un’architettura assai vetusta e si attraversava solo con piccoli carri; anche il transito per le poche auto del “turismo-mobile” era altrettanto arduo (fu poi distrutto dall’esercito tedesco nel 1944; oggi ne resta visibile solo il basamento del pilone centrale e la coscia di appoggio sulla sponda destra). La sponda destra del Serchio, da Borgo a Mozzano a Castelnuovo, era già carrozzabile dal 1812 con il tratto iniziale Borgo – Calavorno meno trafficato, dato che Bagni di Lucca era un bacino di utenza turistica assai rilevante per l’epoca, e da lì passava un discreto numero di carrozze e carri. La direttrice di sponda destra prese il nome di Via Nazionale da Livorno ai confini col Mantovano.
Nel 1881 anche la sponda opposta (Calavorno, Ghivizzano, Fornaci, Ponte di Campia) fu resa totalmente percorribile con mezzi a ruota. Nel tratto appartenente al Comune di Barga la troviamo a volte indicata come Caterozzo – Ponte di Piezza. Questo tratto doveva trovarsi assai più vicino alla sponda del Serchio rispetto alla viabilità odierna. Questo comportava che in alcuni tratti vi fosse un transito reso più difficile dal fango nelle stagioni piovose.
Il treno giunse a Castelnuovo Garfagnana nel 1911 e il progetto si sviluppò sulla sponda barghigiana, probabilmente perché più antropizzata e con l’industria metallurgica in forte espansione. Sulla sponda apuana di Gallicano fu però costruita la diga di Trombacco (1915) con la relativa centrale nelle adiacenze del fiume Serchio, collegata a sua volta alla più antica centrale della Garfagnana, quella funzionante con le acque del lago di Villa Collemandina (1913). Il sistema elettrico oltrepassava poi l’Appennino al Passo di Pradarena per collegarsi alla centrale di Ligonchio (all’epoca la più tecnologica del regno) dove si trovavano macchinari che potevano interconnettere sistemi elettrici a diverse frequenze; cosicché il sistema del Serchio fu collegato con lunghi elettrodotti alle centrali elettriche dell’Adamello. Era garantito così un servizio di erogazione molto continuativo. La Società Elettrica Ligure Toscana aveva quindi bisogno di un collegamento veloce e diretto fra la centrale di Gallicano e la ferrovia per poter avere rifornimenti sicuri nei materiali di ordinaria e straordinaria manutenzione.
Il ponte di Mologno fu inaugurato nel maggio del 1923; prima esisteva solo una labile passerella per i viaggiatori che arrivavano alla stazione ferroviaria e che volevano giungere a Gallicano direttamente a piedi. Per l’attraversamento si pagava 5 centesimi. Per chi aveva bagaglio a seguito, conveniva scendere a Castelvecchio dove una vettura postale collegava questa stazione a Gallicano attraverso il Ponte di Campia: tre corse al giorno, andata e ritorno, 45 minuti e 40 centesimi di spesa. Inoltre in quella stazione prestava servizio un vetturino chiamato “Lorenzaccio” (Mariotti Lorenzo) che con il suo calesse poteva unire Barga, Castelvecchio e Gallicano usando la “strada per la Garfagnana” del 1886 che da Barga arrivava a Castelvecchio attraverso il Ponte di Catagnana, facilmente utilizzabile per le sue leggere pendenze. Sulla guida del 1916 non sono citate le corse giornaliere fra la stazione di Mologno e Barga, ma vi è descritto il tracciato automobilistico dai Bagni di Lucca a Barga che veniva raggiunta con la salita di Loppia. Questi ultimi quattro chilometri di ascesa erano stati resi carrozzabili nel 1830 per cura del Granducato. Con il passare del tempo su questa sponda sinistra il traffico crebbe notevolmente rispetto alla sponda opposta, cosicché la denominazione di “Via Nazionale” fu traslata nell’uso comune. Ancora oggi da Calavorno a Fornaci di Barga (loc. Due Strade) il tragitto si chiama Via Nazionale. La guida del Touring ci dice che arrivando nel piazzale del Fosso fa bella mostra di sé la statua ad Antonio Mordini corredata da un magnifico albero (Cedro del Libano) di cui si danno pure le dimensioni del tronco: 1,35 m di diametro e una chioma di 20 m.
Si parla anche delle terrecotte robbiane nel convento di S. Francesco; si cita la chiesa di S. Elisabetta ed infine c’è una buona descrizione del Duomo, il cui campanile viene definito “torre”. In ultimo si porge attenzione alla luce del mattino e del tramonto dietro il Monte Forato.
Dato il fatto che la valle veniva servita da ferrovia, non esisteva a quel momento nessun collegamento diretto fra Barga e Lucca via strada rotabile, né con vetture a traino animale né con carrozze postali a motore. Pochi anni dopo (1921) arrivò un’automobile postale che serviva da collegamento fra Barga e la ferrovia.
Nella guida vi sono altre brevi note su Coreglia che era servita da un collegamento postale alla stazione di Ghivizzano due volte al giorno: due ore andata e ritorno al prezzo di 1 £. Altre indicazioni riguardano Gallicano e Molazzana.
Nessuna citazione per tutti gli altri paesi del circondario che erano serviti da semplici mulattiere o addirittura da semplici sentieri.
Questa era la Mediavalle nel 1916. Da lì a poco esploderà in tutte le sue nefandezze la Prima guerra mondiale, congiunta alla tanta morte dell’epidemia della Spagnola. Le cose peggiorarono vistosamente.
Foto di Tommaso Giannini
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