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Preghiere e invocazioni per i frutti della terra; a Butia il rito delle rogazioni maggiori

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E’ il suono della campanella del piccolo campanile a vela del borgo di Butia a a chiamare a raccolta i fedeli nel giorno di San Marco, il 25 Aprile. Sì, perché ancora prima della liberazione questa giornata era vissuta come un giorno di festa soprattutto nelle comunità contadine.

Da nord a sud in tutta la penisola si svolgevano le rogazioni maggiori. Nel passato, nelle colline Borghigiane la processione partiva dalla chiesa parrocchiale di Cerreto e terminava a Butia.

Lungo il percorso, tra boschi e campi coltivati, ad ogni croce i componenti si fermavano per la supplica al signore.

Lo facevano con preghiere anche minacciose affinché potessero attirare la benedizione divina sul lavoro dell’uomo e sui frutti della terra oltre a tenere lontano ogni forma di flagello.
Dopo lo stop forzato causa pandemia quest’anno è ripresa questa antica tradizione anche nella piccola chiesetta di Butia dedicata all’Arcangelo Gabriele.

Quest’anno poi con una bella coincidenza in quanto questo edificio è stato restaurato e salvato negli anni ’50 grazie all’opera di padre Carlo Danti dell’ordine “Madre di Dio di San Giovanni Leonardi” originario di queste parti.

E quest’anno a celebrare la santa messa e le rogazioni c’era Padre Sekar anche lui come Padre Carlo dell’ordine della Madre di Dio. Come tradizione al termine della Messa ha preso il via la processione propiziatoria che dopo aver fatto l’intero giro del piccolo borgo si è diretta in mezzo alla natura dove durante la preghiera si sono recitate le litanie e chiesta la protezione della campagna per mezzo della santa benedizione

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