Storia del Teatro Differenti. Premessa (seconda parte)

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Ci siamo lasciati con il precedente articolo con l’idea che con questo avremmo cercato di conoscere le famiglie che l’anno 1668 si preoccuparono di costruire il primo teatro di Barga.

Certamente lo faremo, se non con questo con il prossimo articolo, perché anche questa volta sono diverse le cose da dire. Intanto, pensiamo sia interessante rafforzare nel lettore l’idea che la Loggia di Porta Reale, detta anche Mancianella, oggi non più esistente, parte dei cittadini più facoltosi di Barga, in accordo con le autorità, la usassero come una sorta di teatro e per renderla più funzionale, tramite il Consiglio della Terra, riunito il 26 febbraio 1639, si deliberasse di mattonarla.

Nella delibera si fa intendere chiaramente l’utilizzo, per esempio come ricovero durante il cattivo tempo per chi andava a passeggio, utilizzo per le rassegne militari, multando severamente chi l’avesse usata per battere i grani e cose del genere, poi, eccoci al punto che a noi interessa: mattonarla anche perché sia maggiormente consona all’uso che se ne fa per le “commedie”. Dopo qualche anno, deliberando anche di non giocarci.

La Loggia occupava più dell’attuale facciata della Porta Reale, ventuno metri e veniva in avanti sino all’inizio del triangolare rivellino per circa cinque metri a comporre un bello stanzone. Tenendo conto che allora la popolazione del Castello, quella maggiormente interessata allo sfruttamento della Loggia a teatro, non raggiungeva le mille anime, pensiamo si sia capito che la grandezza fosse assai bastante per accogliere comodamente del pubblico. L’anno 1676, nel ricorrere il tetto della Loggia, si vide rotta la trave che stava sopra il rivellino, e siccome non se ne poteva trovare in loco una di simile lunghezza che si appoggiasse il tetto sul muro dello stesso rivellino che sarebbe stato rialzato con dei finestroni.

Comunque si tenga conto, come detto nel passato articolo, che degli spettacoli si tenevano anche in palazzi di privati, però è vero anche che alcune famiglie concorsero e s’impegnarono con il Comune a rendere in buono stato la Loggia e poi a mantenerla utilizzabile per usi culturali ma quando fu fatto il Teatro, quest’impegno decadde. Il Rivellino e la ormai scoperta stanza della Loggia, furono abbattuti nella prima metà secolo XIX, in concomitanza con la costruzione della nuova strada che dalle Fornaci di Barga, via Loppia, andava proseguita per il Giardino. Ovviamente si è capito che con la costruzione del teatro l’anno 1688, rinnovato e inaugurato nel 1795, la “Teatrale Loggia” avesse pian piano perso quel tipo di utilizzo.

Ora lo scrivente crede sia utile cercare di capire cosa si muovesse nel corso di questo secolo XVII, un periodo che s’introduce con il barocco di fine Cinquecento, che poi abbraccia tutto questo secolo e s’inoltra nel successivo Settecento. Il barocco muove le linee dell’arte, come le menti che iniziano a farsi audaci, con la cultura che in genere e sempre più perde quell’esclusivo carattere sociale tipico del medioevo. Mentre ora, tramite una nuova e allargata educazione scolastica, che man mano sempre più diventa popolare e inclusiva, si diffonde l’istruzione (4): il grado di scrittura e lettura. Questa diffusione della cultura apre mentalmente la vasta società, i cui maggiori iniziano a raccogliersi in accademie di varia natura, circoli e gruppi, nel cui seno entrano le idee, che si elaborano nel confronto e nella successiva collaborazione.

 

Con questa visione, riferendoci alla nostra Accademia degli Indifferenti, cercheremo di riuscire a capire le profonde motivazioni culturali che agirono da moto propulsore per quest’unione. Si potrebbe pensare che quegli associati, cui piacque definirsi Indifferenti, quasi volessero mostrare o fossero senza particolare simpatia a un qualcosa o senza interesse o propensione a esser definiti cosa precisa. Come arguimmo nel precedente articolo, imperturbabili nella loro convinzione di uomini uniti in una società accademica che s’innalza sulle miserie del mondo, le comprende ma se ne mantiene sollevata, più che altro associati e raccolti anche nell’atavica convinzione di una Terra che, lontana dalla capitale, da sé e da sempre produce fermenti di cultura e così avrebbe voluto mantenersi, oltre a quanto detto prima, senza altra passione, appunto, imperturbabili. Cioè, indifferenti, ossia, associati non dipendenti da modelli esterni da importarsi, in altre parole, che traggono ispirazione dal loro grado di cultura e dalla volontà di essere solo se stessi. Quanto detto potrebbe essere anche l’elemento, nella sua viceversa, che poi andò producendo divisione tra loro, quel distacco che poi occorse di essere riunito con la rifondazione del Teatro l’anno 1795, così come reciterà il telone pitturato da Salvioni, la cui essenzialità si riprodusse nello stemma “Ad Unum” che aveva l’indicazione dell’anno 1688.

Come nota aggiuntiva di un certo interesse, finendo di dire circa il termine “Indifferenti” dato inizialmente all’Accademia, si ricorda che con quest’appellativo ce ne saranno almeno altre due nel Settecento: una a Como, l’altra a Crevalcore (Bo).

Tornando al significato della pittura contenuta nello scudo che, già nel 1688, raffigura ed esprime l’idea fondante l’Accademia di Barga, mi sia permessa una digressione o dissertazione. Il contenuto di quello stemma, infatti, ci può portare a un’opera lirica che propone con le note del divino Rossini, la leggendaria figura di Guglielmo Tell, questo è anche il titolo. Tell è quel mitico arciere che condusse la Svizzera all’indipendenza dall’Austria. Se noi andiamo al finale dell’opera, tenendo però a memoria le note della sinfonia introduttiva, ecco che ora la musica si fa veramente divina, possente e imponente da far dispiegare il canto sulla scia del fatale gesto di Guglielmo Tell, che, trafitto a morte il tiranno Glesser, dà l’inizio alla libertà della Svizzera dall’Austria. Quel brano, nella sola musica, a noi cittadini italiani fu arcinoto perché utilizzato per aprire le trasmissioni della RAI, mentre queste sono le parole che si cantano su quella musica nel finale dell’opera:

“Tutto cangia, il ciel s’abbella / l’aria è pura, il dì raggiante / la natura è lieta anch’ella. / Può allo sguardo un solo istante / or nuovo il mondo rivelare! / E in ogni cor pel santo evento / alzi un grido al ciel tonante: / Di tuo regno fia l’avvento / sulla terra libertà, o libertà.”

 Queste parole, per certi versi e in parte, potrebbero descrivere anche lo stemma dell’Accademia Differenti. In effetti, in quello che si è letto c’è un qualcosa, sia pur parole musicate da Rossini nel 1828, che richiamano ciò che già nel 1794, trentaquattro anni prima, il poeta Fantoni descrive al pittore Salvioni circa il soggetto da pitturare sul telone del Teatro dei Differenti. Infatti, come nell’opera rossiniana, nello stemma di Barga vediamo una tempesta che si allontana là sulle montagne, con l’arrivo in valle del sole che genera l’iride e ogni cosa si fa più bella, illuminando quei due fiumi gonfi che vanno a unirsi e poi, or che siamo uniti, sia la nostra libertà nella cultura teatrale, nel farla o crearla.

Come detto Barga non è la Svizzera che finalmente avrà una sua libertà politica d’indipendenza, però, c’è tra gli accademici un qualcosa di tale natura che larvatamente torna e ritorna alle menti, specie alle più attente all’evoluzione storica della Terra. Un’eco, per il vero, sempre più lontana, un sentimento di antica libertà della Terra (5), cui abbiamo già accennato nel precedente articolo, ora cangiato nell’emancipazione intellettuale e che in definitiva è un sentire positivo perché fa vedere roseo il futuro e più che altro, spinge a formarlo.

La rinascita del Teatro di Barga porta con sé questo messaggio: uniamoci “Ad Unum”, portando dentro di noi il passato che ancora forgerà un cuore saldo nella nostra attesa del domani. Può essere quest’ideale che muoverà in Barga quel proprio fermento che porterà la nostra società, passando per l’Illuminismo, a quel fattivo impegno che si dispiegherà con forza speciale nel Risorgimento, tempo in cui si scrissero in loco delle pagine straordinarie.

Prima di andare a vedere quali furono le famiglie di Barga che all’atto pratico spesero dei soldi per edificare il Teatro, pensiamo sia assai interessante inquadrare un poco cosa si mosse in Barga in questo secolo XVII. Però lo faremo con il prossimo articolo.

 

 

4) Pier Giuliano Cecchi. Il Giornale di Barga: “La scuola a Barga nei secoli XVI e XVII”. Dicembre 2016, Anno LXII, n° 797.
5) Il concetto di una Barga indipendente che si sarebbe voluta “alleare” e non sottomettere a una città, si trova anche su di un numero del: Giornale Araldico – Genealogico – Diplomatico … Nuova Serie. Anno VIII, luglio 1880, n° 1. Pisa 1880, alle pagine 18,19 del capitolo: I Podestà di Sassuolo.

 

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