Servizi pubblici

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Un gruppo di pensionati, durante una delle consuete passeggiate, si fermò al parco del paese prendendo posto sulle panchine; ma a debita distanza gli uni dagli altri, secondo le norme anticovid. Stavano parlando del più e del meno, quando presso di loro si ferma di colpo una macchina e ne scendono un uomo ed una donna molto anziani. Lei si rivolge festosa verso una donna dei pensionati, esclamando:

“Agnese, ti ho riconosciuta al volo! Come mi fa piacere rivederti!”.

“Ed altrettanto fa piacere a me, carissima Lucia: abbiamo lavorato tanti anni insieme alla ‘metallurgica’: eravamo giovanissime allora; quanto tempo è passato! Ma tu dove abiti?”.

Ed intanto le due amiche platealmente, senza toccarsi, mimavano abbracci e baci.

“Vivo sotto Lucca, vicino al confine con il pisano, da quando mi sposai – precisa Lucia -, lasciando l’occupazione alla ‘metallurgica’… Ora sono nonna di due nipoti; ed oggi, con mio marito si è pensato di fare un viaggetto in Garfagnana”.

“Anch’io sono nonna – le rispose Agnese -; ma, purtroppo, sono vedova…”.

I due nuovi arrivati si sedettero su una panchina presso gli altri, unendocisi nella conversazione. E proprio Amedeo, marito di Lucia, un simpatico vecchietto pieno di vitalità, prese a parlare:

“Quest’oggi, rivisitando la Media Valle, la Garfagnana, definita ‘La Svizzera d’Italia’, mia moglie ed io siamo rimasti molto soddisfatti; ed in particolare l’Eremo di Calomini, antichissimo, in parte costruito nella roccia, ci ha colpito: è veramente meraviglioso! Ma, viaggiando su strada che costeggia la linea ferroviaria, ho notato che, lungo detta linea, compaiono dei vecchi fabbricati, tutti uguali, abbandonati, ridotti a dei ruderi: ma che cosa erano? A che servivano?”.

“Erano i caselli ferroviari, un tempo diffusissimi lungo le vie ferrate – alla domanda di Amedeo risponde la colta Adele – ma, dal dopoguerra, sono via via calati per l’avvento delle segnalazioni e telecomandi elettrico-meccanici; e ce ne sono pure anche al giorno d’oggi, ma in punti nevralgici, importanti, delle linee ferroviarie. Dunque, detti caselli, o case cantoniere ferroviarie, erano abitate dai casellanti, dipendenti delle ferrovie statali, con le loro famiglie, e dovevano sorvegliare un dato tratto di linea, dalle erbacce, dalle frane, da allagamenti: da tutto ciò che non fosse in regola, insomma, potendo intervenire, in caso di estremo pericolo, fino a fermare un convoglio in transito con segnalazioni luminose. Da notare che quei casellanti che svolgevano il loro lavoro risiedendo presso un passaggio a livello, avevano inoltre l’importante, delicata mansione di abbassare le sbarre al passaggio dei treni, e riaprirle subito dopo. Quand’ero giovane – proseguì la vecchia signora -, abitavo nella parte sud di Fornaci, vicino ad un casello ferroviario, il cui titolare era un amico di mio padre e spesso capitava in casa mia; ebbene, questo signore, come tanti altri, ha trascorso tutta la vita lavorativa facendo il casellante, provvedendo decorosamente alla famiglia, moglie e figli”.

“Interessante – fece Piero, un giovane del gruppo -; e dunque, a quel tempo, le ferrovie davano lavoro a molte persone più di oggi…”.

“Certamente – confermò Adele – ; e considerando quanti ‘caselli’ erano qui nella nostra Valle, si può arguire che i casellanti in tutta Italia, erano un vero esercito! Ah; e su questo argomento consideriamo che, pure, sempre dal dopoguerra, sono state soppresse tante piccole stazioni, lungo la nostra linea, come sarà pure avvenuto per tutte le altre del territorio nazionale; ed ognuna di queste dava lavoro al capostazione, ed ad altro personale…E nonostante dette maggiori maestranze, le ferrovie erano proficue, attive nel bilancio”.

L’argomento interessò gli astanti, e qualcuno stava per parlare; ma il vecchio Camillo li precedette:

“Tante sono le occupazioni di lavoro che a quel tempo erano fiorenti: c’erano gli ‘stradini’, così definiti volgarmente, dipendenti dell’Ente Provincia, che dovevano tenere puliti i margini delle strade intercomunali, togliendo le erbacce, intervenendo in caso di allagamenti, e tante altre mansioni attinenti a che le strade fossero in condizioni ottimali. Uno di questi lavoratori, Gustavo, mio coetaneo ed amico, con il quale ci passavo tante ore insieme perché entrambi avevamo la passione del gioco della dama, doveva tenere in ordine la strada che collegava questo paese da quello prossimo, verso sud. E gli ‘spazzini’, comunali, che ogni giorno giravano per una data zona urbana, in genere un intero paese, con un apposito carretto, con scope, ramazze, spazzando le strade, raccattando le immondizie site dagli abitanti fuori dalle loro case… Ed a quel tempo – proseguì Camillo -, lungo le strade statali, come quella del Brennero che passa da Bagni di Lucca, erano in funzione anche le case cantoniere, grossi edifici dove alloggiavano gli addetti con gli attrezzi ed il materiale necessari alla manutenzione delle strade stesse. Ebbene, pure queste sono state eliminate di continuo con il passare degli anni, ed attualmente ne sono ancora rimaste in funzione ben poche”.

Dopodiché, subito l’anziana Iole prese a parlare:

“E le poste? Voi giovani sapete come erano? Innanzi tutto – continuò, in modo persuasivo –, vi dirò che i postini, portalettere, facevano due ‘giri’ di consegne, ogni giorno, sul territorio loro assegnato, che in genere era un intero paese o parte di esso; e non in motorino od in macchina, come adesso; bensì in bicicletta o. il più delle volte, a piedi! Ed ogni paese, anche piccolo, aveva il suo ufficio postale che dava lavoro a due o più persone…”.

“Oggigiorno – intervenne Agnese – i pochi uffici postali in funzione nei comuni sono ridotti a pochi; e da quest’anno fanno servizio solo al mattino (almeno qui a Fornaci avviene così); e per questo, dato il regolamento anticovid di entrare un po’ per volta, la gente deve stazionare fuori dell’ufficio, alle eventuali intemperie del clima!”.

A questo punto si decise a parlare anche il vecchio Aristide, il decano del gruppo, ultranovantenne:

Posti di lavoro calati; sì, ma soprattutto quelli a livello operaio, cioè quelli che una volta si definivano come quelli della ‘mano d’opera’. Mentre, per contro, in quest’epoca prolificano gli uffici con stormi di impiegati comodamente seduti davanti al monitor del computer…Ma è sempre più difficile, in caso di necessità, trovare un buon mestierante, un ‘artista’, come tanti una volta ce ne erano! Allora anche le opere pubbliche, sia edifici che strutture interne, venivano costantemente tenute al massimo ordine del loro stato, sia estetico che funzionale. Come sapete, provengo da Livorno e ricordo che, negli anni ’30, a scuola il maestro ci spiegava che il nuovo ospedale cittadino, da poco inaugurato, oltre del personale sanitario e amministrativo, disponeva anche di squadre di manutentori specializzati, onde assicurare di continuo la massima efficienza a tutti i settori del complesso. E l’efficientismo – continuò l’anziano – era un requisito essenziale per ogni lavoro, per ogni attività; e perciò chi comandava doveva stimolare con autorità i suoi dipendenti a rendere al massimo. Così doveva fare il capo ufficio nelle pubbliche amministrazioni, il capo reparto nelle industrie, il preside nelle scuole, e così via; e spesso veniva citata una frase apposita in tal senso: ‘Il lavoro nobilita l’uomo’. E, sempre a quel tempo, a noi giovani, ci insegnavano, ci esortavano ad essere leali, corretti, ad aiutare il prossimo in qualsiasi bisogno, a fare vita sana; ed a questo proposito ricordo che alla massima palestra ginnica della città, ad uso per le le scuole, figurava una grande scritta latina: ‘mens sana in corpore sano’ (mente sana in corpo sano). Da notare – concluse con enfasi l’uomo -, inoltre, che le tasse, le bollette dell’acqua, dell’elettricità, gli affitti di chi non aveva una casa propria, non erano evidentemente gravosi; perché mai ho sentito alcuno lamentarsi per dette spese. E tutti, come i miei genitori e nonni, frequentavano abitualmente, oltre che il cinema, anche i teatri per commedie, opere, operette, spettacoli; mentre prendevano campo fra il popolo le motociclette, ed anche le auto, soprattutto le utilitarie ‘Topolino’ e ‘Balilla…’”.

“Mi rendo conto – commentò Piero – che, al dire di Aristide, quand’era molto giovane, in Italia vigeva un sistema di relazioni, di mentalità tipo militare, che però aveva il merito di livellare tutti i cittadini ad essere fra loro uniti, sviluppando tutta la società ”.

A questo punto Lucia e Amedeo, con discrezione cominciarono a salutare, onde accomiatarsi:

“Dobbiamo partire – fece Lucia -, che i nostri di famiglia ci aspettano per la cena…Siamo contenti di essere stati con voi questa mezz’ora: è stato molto bello – indi, rivolgendosi ad Agnese -: Ed a te un forte abbraccio, simbolico; ma ci siamo scambiati gli indirizzi telefonici, quindi ci risentiremo presto”

“Ed anche ci rivedremo!”, le rispose Agnese.

“Anche per noi è l’ora di ritornare alle nostre case – Iole conclude la giornata -: quest’oggi, con l’occasione della conoscenza dei nuovi amici lucchesi, abbiamo avuto modo di intessere una piacevole conversazione…Alla prossima!”.

“Alla prossima”, le fecero eco gli altri.

 

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