Sec. XIII: Il Mago Arrigo Spalla, Barga e Siena

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Il Mago Arrigo Spalla di Barga in Garfagnana

Nella lotta tra Papato e Impero che sorse a cavallo tra il sec. XII e il XIII e che schierò l’Italia nei due partiti Guelfo e Ghibellino, vediamo che il libero Comune di Barga, onde poter continuare a contrapporsi alla guelfa Lucca, assunse una posizione marcatamente ghibellina. Infatti la storia ci indica si fosse legata, ovviamente in qualche misura, con l’eccellenza ghibellina in Toscana, cioè Siena, più chiari saranno i rapporti con l’altrettanto ghibellina Pisa, anche se Papa Onorio III (1216-1227) e prima Innocenzo III (1198-1216), avevano già iniziato a richiamare Barga e altre terre della Garfagnana dalla parte della Chiesa nell’ottica dei presunti lasciti che ad essa aveva fatto la Grancontessa Matilde di Canossa (1046-1115) (1).

Per quanto riguarda il legame di Barga con Siena – quest’ultima in guerra con la guelfa Firenze alleata con Lucca – fa fede la conoscenza di un particolare, singolare e se vogliamo anche inquietante aspetto che trova il suo svolgersi negli anni 20’ del sec. XIII. Infatti, il Comune di Siena deliberò con una certa urgenza di inviare qui a Barga il suo “corriere” Abbracciadonne, affinché raggiungesse un professore di arti magiche e lo convincesse a portarsi in quella città. Un preparatore di “polveri” – dette “medicine” – le quali – ne erano più che convinti – avrebbero avuto il potere di richiamare in soccorso delle armi senesi impegnate contro Firenze anche gli spiriti benevoli alla città. (Robert Davidsohn-  Storia di Firenze- Guelfi e Ghibellini,1965. Aldo Da Prato – Figure ed eventi della Toscana fra Impero e Papato, 1971 e Mario Bussagli- Arte e Magia a Siena-  1991).

Era costui un tal Arrigo Spalla di Barga di Garfagnana (sec. XIII). Il suo nome e il luogo di provenienza si apprendono dai libri contabili senesi, le “Biccherne”, dove sta scritto il suo nome con allegati i pagamenti per le sue ricercate prestazioni. Per quanto si può capire Arrigo Spalla era molto conosciuto, almeno, in una particolare area della Toscana, la fascia tirrenica. Infatti, ecco che Siena, “alleata” con Barga, lo ricerca per le sue doti di grande evocatore di spiriti, forze occulte che poi erano racchiuse nelle sue polveri magiche da spargersi nei campi nemici tramite emissari, spesso delle belle donne di facili costumi o lanciate da balestrieri, onde tali geni si sprigionassero, magari di notte, a infondere nei dormienti guerrieri disagio, tristezza e il senso dell’imminente sconfitta. Ugerio balestriere di Siena è pagato con due soldi per essere stato una notte in compagnia dello Spalla mentre questi preparava una delle sue “polveri” e chissà che tipo di rito magico e misterioso adottasse. Aldo Da prato, nel suo rammentato lavoro, lo immagina operante in loco tra Barga e la Grotta delle Fate sul Monte di Gragno.

Sacro e Magico trovarono in Siena un terreno molto fertile, tantoché le prestazioni del nostro Arrigo Spalla erano pagate profumatamente e non era il solo Mago, così come denunciano, appunto, i libri contabili della Città: le “Biccherne”, in cui compaiono i pagamenti effettuati in suo favore e di molti altri maghi.

Siena nella storia di Barga

Siena è un capitolo della storia di Barga che mai è stato preso in considerazione e quindi approfondito, potendo dire che sia quasi del tutto ignorato, mentre invece Arrigo Spalla, per quel suo rapporto così fortemente di fiducia con quella Città, pone all’attenzione ma mai ha incontrato storici che vi si siano addentrati, magari solo per capire cosa avesse potuto muovere tale “professione” e forse non è casuale il fatto che la stessa Chiesa vagasse in questi ambiti. Infatti, Papa Onorio III (1216-1227) lo si vuole autore di un “Grimorio”, un libro di magia, come nel solito secolo, Giovanni XXI (1276-1277) e Bonifacio VIII (1294-1303).

Quanto dirò subito a seguire non sia rivolto dal lettore alla mia persona, lo prenda solo come invito a meditare circa l’importanza che rivestono gli studiosi locali. Infatti, forse lo scrivente fu il primo a porre all’attenzione degli ambienti storici barghigiani e non solo, tramite il Giornale di Barga del gennaio 1979, la figura di questo nostro singolare personaggio, con l’articolo “Lo Stregone Spalla”. Parlando di lui ecco che, forse, per la prima volta balzò agli occhi dei lettori la città ghibellina di Siena, che lungo l’asse che passava per Pisa, con la sua politica influenzava anche la Garfagnana, con il capoluogo Barga favorevole per tenere lontane le ingerenze della guelfa Lucca. Un’idea che si rafforza andando a leggere FMR numero 27 del 2008, dove si tratta del pulpito che è nel Duomo di Barga, grazie alle belle foto di Aurelio Amendola e soprattutto per l’altrettanto interessante testo storico artistico di Pasquale Iacobone. Lì, a pagina quattro, ecco apparire Siena con queste parole che seguono: Ma osservando attentamente l’edificio tutt’intorno si coglie l’articolata massa del Duomo, composta ora dalle diverse e quasi contrastanti parti che man mano si sono annesse alle precedenti per dare sempre maggior spazio e lustro alla chiesa, simbolo dell’accresciuta potenza del libero Comune, legato dapprima a Siena e poi a Firenze. 

In quegli anni, alludo a 1979 della riscoperta di Arrigo Spalla, aveva peso per gli storici che si occupavano di Barga, solo Lucca, Pisa, Firenze e tutto doveva girare intorno a queste città, con poche altre vicine, anche perché era saputo che nel sec. XIII, Barga aveva avuto contro le due guelfe toscane: Lucca e Firenze, che assieme ebbero la peggio negli assedi alla stessa Barga degli anni 1230-34, che si risolse vittoriosamente in favore della Garfagnana grazie alla difesa di Pisa, dei Cattanei di Garfagnana e Lunigiana. Detto ciò, ricordo che in Barga a veder in quel 2008 rammentata Siena nello studio di Iacobone si ebbe tra i cultori locali un moto di meraviglia per l’inconsueta citazione, questa volta a tutto tondo e non vaga, quasi come se l’autore, a sua insaputa, fosse caduto in un errore di confusione. Mentre invece Siena, come detto, ha la sua importanza nella storia di Barga. Però adesso torniamo ad Arrigo Spalla.

 

 La reliquia del disonore

Perché ho parlato di Arrigo Spalla? Presto detto. Infatti, questo personaggio è un poco al centro di un romanzo storico pubblicato nel 2021 e scritto da Massimo Capanni: “La reliquia del disonore”, pubblicato da Tralerighe Libri. Il libro, che parla delle vicende che visse la Pieve di Loppia con Barga a cavallo degli anni venti e trenta del sec. XIII, è un romanzo incentrato sulle ripetute invasioni del territorio barghigiano da parte dei lucchesi e fiorentini con gravissimi danni alla Pieve, la cattura del Pievano e il finale assedio alla stessa Barga che terminò con una terribile battaglia che la vide vittoriosa. Nel mezzo di tutto ciò vediamo l’amore che il gigantesco capitano delle armi di Barga, Lando di Totone Lemmi, conte di Gragno e Palodina, nutre per Beldie, la fantasiosa e bellissima figlia di Arrigo Spalla, il mago che, forse, le aveva insegnato a preparare le polveri magiche. Però non fece come il padre che le consegnava a qualcuno, ma ella stessa le porta di notte nel campo nemico lucchese-fiorentino e le sparge. Seguendo il racconto, fu per quest’azione, una furtiva uscita notturna dal Castello di Beldie che le costò moltissimo nella sua Terra, che nel caso la storia arride a Barga? Certo è che i lucchesi e fiorentini, forse in preda alla tristezza e perdita della fiducia in se stessi, sotto le mura di Barga rimediarono una cocente sconfitta, grazie al sopraggiungere degli alleati di Barga, i Pisani, i federati capitani Garfagnini e di Lunigiana. Tutti insieme, con l’aggiunta della sortita dal castello delle armi bargee condotte dal Conte Lando al grido: Avanti! San Cristofano e con noi. In quella terribile zuffa, così come vuole il romanzo, ci lasciò la vita il Conte Lando per mano “amica” che non sveliamo lasciando al lettore di scoprirlo nel libro (non come nel vero in battaglia per mano del nemico) comunque, i lucchesi, guidati dal loro Vescovo, di fatto tornarono a Lucca con gran disonore che ancora oggi si ricorda.

 

Come si ricorda? Andando a scorrere  l’elenco dei vescovi lucchesi, accorgendoci di un vuoto tra gli anni 1231, fine del vescovato di Opizzone e il successivo Guercio che inizia l’incarico nel 1238, sette anni di vuoto e questo perché Papa Gregorio IX, nonostante l’avviso al Vescovo di Lucca di farla finita con il tiranneggiare la Garfagnana, non ubbidendo, le avrebbe tolto la diocesi dividendola tra le confinanti. Soprattutto per la subita sconfitta ciò accadde, e i cittadini di Lucca, circa la fede, per circa sette anni, si videro amministrati da altre diocesi. Un lutto che tornò con i giorni della servitù a Pisa del successivo secolo ma questa è un’altra storia.

 Le vicende tra Lucca e Barga, quest’ultima meritando lo storico appellativo di esser divenuta lo stecco nell’occhio lucchese, arrivarono anche tra le conoscenze storiche di Dante Alighieri (Firenze 1265- Ravenna1321), che nell’opera a lui attribuita “Il Fiore” (1283-87), eccolo citare le due città, quando in bocca alla saggia vecchia che istruisce una ragazza su cosa fare per essere viepiù considerata dopo un gran regalo d’amore, le fa dire: Se dài presenti, fa che vaglian poco: che s’e’ ti dona Lucca, dàgli Barga; così sarai tuttor donna del giuoco. Per Barga non c’è “laude” ma il fatto che da una simile penna sia stata presa in considerazione per un tale esempio, questo certamente nobilita la sua storia e, per i loro contrasti, rafforza l’idea di quanto fossero conosciute in quel secolo le due città.

Tornando a bomba, di tutta quella vicenda, di come in quegli anni si mossero le cose contro Barga e la Pieve di Loppia la sunteggiai nel mio lavoro che è alla nota qui a fianco (2). Papa Gregorio IX, nonostante che Lucca con Firenze contrastassero i ghibellini, qui in Garfagnana aveva in atto una partita importante della lotta tra Papato e Impero, fondata per la Chiesa sui lasciti di Matilde che qui aveva avuto le sue terre. Per converso Lucca non stava andando incontro al Papa ma pensava solo ai suoi interessi, all’ottima occasione per cercare di annettere a sé grande parte della Garfagnana che aveva, appunto, in Matilde la sua memoria e il presente di libertà nella stessa Barga.

È questa una pagina di storia locale assai dolorosa per Barga, perché Lucca, sospinta soprattutto dal suo vescovo Opizzone, voleva far tacere per sempre la stessa Barga e lo fa prima con il diroccare la Pieve di Loppia, che retta dal Capitolo dei Canonici del Duomo, era uno dei simboli della sua potenza, un mezzo vescovato che abbracciava la valle del Serchio, sulla sinistra del fiume a est, da Ceserana a Tereglio sino oltre alle montagne; dopodiché, venendo a porre l’assedio al Castello. Uno dei tanti assedi che Barga da qui agli inizi del secolo XV, dovrà subire e sempre per questa sua naturale propensione a ritenersi Terra libera finché ci riuscì e poi il più possibile affrancata da opprimenti soggezioni, fino a scegliere sin dal 1331, dopo la morte del grande Castracani, l’alleanza con un comune potente ma lontano, quello di Firenze, attuando un passaggio politico che la vide distaccarsi dal pensiero ghibellino per approdare al fiorentino guelfismo.

Nel libro di Capanni, che è un romanzo sulle vicende degli anni ’20 e ’30 del sec. XIII, tempo del diroccamento della Pieve di Loppia e poi dell’assedio a Barga, si rivive questa storia. Il libro, proprio per la sua natura d’interpretazione scenografica in parole di un fatto reale portato a ragionata fantasia di un racconto non ha certo l’obbligo del rigore storico. Volendo invece spiegare spiegare storicamente, con brevi parole come fu che prese le mosse la questione e come evolse, ossia, quale furono le motivazioni che portarono a un così grave conflitto tra Lucca e Barga in Garfagnana, ecco che torna utile un sunto che realizzai per il mio studio sulla Pieve di Loppia, fatto in occasione della partecipazione al Convegno sulla Pieve, anno 2018, poi pubblicato nel 2019 sul Giornale di Barga online sotto il titolo: La Pieve di Loppia e le sue domande. Ecco cosa scrivevo:

 

Da questa terra nel 1227 si scrive a Papa Gregorio IX affinché volesse porre la Garfagnana sotto la sua protezione e ciò avvenne nel 1228, con l’invio a Barga e poi stanziandosi nel pisano, del suo rettore per la Garfagnana Cencio Camerlengo. Fu allora che Lucca con più veemenza si fece sentire in Valle e fu allora che Gregorio IX si decide a prendere carta e penna per scrivere al Vescovo di Lucca Opizzone (le guerre in Valle le muoveva il vescovo) che incitasse i lucchesi a farla finita con le vessazioni alla Garfagnana.

Niente di nuovo si mosse e allora Gregorio IX dirige una sua lettera al Vescovo di Pisa, rendendolo parte del suo intrapreso e che dichiarasse, forse al suo collega Opizzone, che se Lucca non avesse smesso di molestare la Garfagnana entro l’agosto 1230, gli avrebbe tolto la sede vescovile e diocesi.

Fu a seguito di questa suprema e autorevole dichiarazione del Papa che il Pievano di Loppia dette ordini a tutti i garfagnini di mai più obbedire ai lucchesi. Ne sortì che il vescovo di Lucca Opizzone si mise a capo delle truppe lucchesi, con somma ira muovendosi proprio verso la Pieve di Loppia, prima tappa che lo avrebbe poi condotto alla sperata presa di Barga e così chiudere la partita. (3)

 

 

 

(1) Qui si ricorda anche il richiamo imperiale a Barga attuato da Federico Barbarossa l’anno 1185, quando scrisse due diplomi. Il primo generico a tutti i Garfagnini, poi, come consigliato da qualcuno, dopo circa due mesi lo inviò espressamente a Barga, ai suoi fedeli Consoli presenti e futuri. Con questo atto imperiale inizia in Garfagnana un’importante pagina della lotta tra Impero e Papato.(2) Cecchi Pier Giuliano: “La Pieve di Loppia e le sue domande (terza e ultima parte)”. Il Giornale di Barga e della Valle del Serchio, 26.6.2019  (3) Tale sunto fu fatto da Pier Giuliano Cecchi studiando ciò che sull’argomento narra il Canonico Pietro Magri nel suo libro: Il Territorio di Barga, 1881.

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