Storie di Barga: così nacque il Museo (prima parte)

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Ormai sono passati più di quarant’anni, da quando mi accinsi a scrivere una storia allora percepita, sentita viva però sconosciuta nei suoi contenuti. Parlavo di quando a Barga s’iniziò a ragionare di un museo che raccogliesse e raccontasse la storia di questa Terra, la rendesse, la dove fosse possibile, visiva e dove ciò non potesse avverarsi, almeno scritta, in pratica un luogo di cultura storica che ne producesse altra per la continuità della stessa. Il fine di tutta la vicenda era, appunto, quello di non far sì che il tempo che inghiotte ed eclissa ogni cosa riuscisse sempre più vincitore su una straordinaria vicenda di questa nostra gente che mai ebbe l’idea di abbassare la guardia circa gli avi e così rendere nuovamente vivo il secolare sogno in pagine da raccontarsi anche a veglio nelle sere d’estate, tra un refolo di vento Appennino e lo sbadiglio di un gufo.

Per il vero quando mi posi al tavolo per ritessere la storica e sconosciuta pagina di Barga, il museo a palazzo Pretorio era già in essere da un anno, forse meglio dire il nucleo museo. In effetti, non era ancora ciò che vediamo oggi e questo anche per lo stesso stabile che ebbe bisogno di un consistente restauro che si protrasse per circa dieci anni, che obbligò la chiusura del neo nascente museo che poi, solo l’anno 1993, solennemente poté riaprire i battenti e da questo momento autentico museo, caratteristico per la sua predominante natura didattica.

Era il luglio 1980 e allora vediamo cosa scrivevo circa la nascita in Barga dell’idea museo: l’erigendo Museo affonda le sue radici lontano nel tempo. È del 1912 il primo tentativo di istituirlo a Barga, allora si parlava di una raccolta di memorie dell’Opera del Duomo, del Comune, il quale avrebbe dovuto avere per sede la ex casa delle guardie municipali, quella costruzione che univa il Duomo alla Loggetta dei Podestà. Tale manufatto però, per rendere libero il Duomo e quindi il “Colle Sacro” da certe sovrastrutture accavallatesi nei tempi, proprio allora fu demolito e forse si portò via con sé l’idea ma andiamo avanti.

Su “La Gazzetta di Barga” del settembre 1912, cui spetta il diritto di priorità circa la divulgazione dell’idea, il Prof. Giovanni Niccolini (1) insegnante di Storia Antica all’Università di Genova, espose il suo pensiero nell’articolo “Sul Colle Sacro”. Questi parlava dei restauri che in quegli anni si stavano apportando al monumentale Duomo. Tra righe, appunto, l’accenno a un museo, che avrebbe dovuto raccogliere tutte quelle strutture ritenute di soprappiù e collocate nel Duomo nei tempi passati: altari laterali con gli annessi quadri, così il tesoro di San Cristofano, non che tutti quei ricordi storici sparsi per il Paese, qui avrebbe avuto degna accoglienza e conservazione.

La soppressione degli altari laterali occorreva per rendere al Duomo quella mistica e primitiva bellezza, quel fascino ora deturpato dai successivi barocchismi non consoni alla struttura romanica. Ovviamente furono anni per il colle sacro di straordinario lavoro, l’inizio di un’attenzione che si chiuderà positivamente con i restauri 1927-30. Da notare che entrambi gli interventi furono causati dai vari terremoti che avevano pregiudicato la stabilità del monumento censito tra le bellezze della nazione italiana.

Dopo La Gazzetta di Barga ecco che a soli sette giorni di distanza,quindi sempre nel settembre 1912, anche l’altro giornale locale, La Corsonna, interviene sull’argomento nell’articolo “Sull’Arringo”, sempre con la firma del prof. Niccolini, che anche qui si sofferma sulla necessità di un luogo di raccolta delle memorie storiche di Barga.

La stessa Corsonna, positivamente impressionata dalle parole del Prof. Niccolini torna sull’argomento museo con un articolo contenuto nell’edizione del 1° novembre 1912, dal titolo “Cose d’Arte: i nostri monumenti” a firma di “est –est –est”. Il piglio è dei più decisi e a dire il vero annunciò che già si era mosso qualcosa d’importante circa le opere artistiche da togliere nel Duomo ma leggiamo: Verranno messe nel nuovo museo. Questa è una bella novità anzi una geniale idea, credo, del Prof. Niccolini e del Proposto di Barga.  

Accadde però, come spesso può avvenire, che la geniale idea non trovasse le sponde giuste, prima fra tutti quella del Comune di Barga padrone del Palazzo Pretorio, quindi a lui spettante prima l’approvazione poi anche il sostegno economico, se non tutto, almeno in buona parte.  Infatti, nelle Delibere di Giunta dell’epoca come del Consiglio, tale argomento non si trova trattato e quindi tutto svanì come una bolla di sapone.

Abbiamo detto che due furono i momenti topici che portarono alla trattazione dell’argomento ed ecco allora che dopo il terremoto del 1920 ci fu un ritorno materiale al Duomo e al Palazzo Pretorio, bisognosi di restauri, cosicché, dopo nove anni ecco riaffiorare l’idea di un museo alla Loggetta dei Podestà, appunto, il vecchio Pretorio. La Corsonna ne riparlò sull’edizione del 10 luglio 1921 ma anche allora, forse anche per l’imponenza dei restauri, che si protrassero da allora sino al 1939, l’idea museo dovette essere messa in fretta nel cassetto delle buone intenzioni.

Nel frattempo, l’anno 1929, muore il proposto di Barga don Alfredo Della Pace e a lui, il 25 luglio, giorno dedicato a San Cristoforo patrono di Barga, fece ingresso nella omonima parrocchia, don Lino Lombardi, il futuro Monsignore quando Barga sarà innalzata nel 1930 al rango di Città. Sulla scia di questa riconosciuta importanza di Barga, storica per il suo importante passato ed anche moderna per la presenza a Fornaci di Barga di una fabbrica a livello nazionale, la SMI, ecco che con il Lombardi si riaffaccia l’idea di un museo e questo si ebbe su una La Corsonna del 1932, però, come si è già capito, tutto rimase nelle giuste ma per ora solo buone intenzioni.

Facendo un attimo il punto ecco che in questo 1932, dalla prima idea datata 1912, sono passati vent’anni e come si è capito, ogni tanto l’argomento museo riaffiorava tra la gente di Barga ma la storia non finisce qui, che vedremo subito a seguire.

Infatti, nel secondo dopo guerra 1940-45, con il rinascere di tutte quelle attività soppresse a causa del conflitto, che non risparmiò il Comune di Barga nella sua interezza, con la sua “Linea Gotica” che, disgraziatamente, vide Barga al centro degli eserciti combattenti, ecco rinascere tra le tante cose, specialmente culturali, l’idea di un museo e la sua sede sempre lassù accanto al Duomo. Se ne parlò in seno al Consiglio Comunale di Barga tramite il consigliere Prof. Rinaldo Biagioni, un insegnante d’Arte alle scuole superiori che poi divenne quel bravo pittore che tutti si conosce.  Il Prof. Niccolini l’anno 1948 moriva e, si fa per dire, non assistette allo sfumare dell’ennesimo tentativo di istituire un museo per Barga.

Passano gli anni e tra i barghigiani ogni tanto, tra quelli più addentro alla storia di Barga, riaffiora il sogno di un luogo che mostri a tutti i visitatori cosa fu Barga, quando valicato il Passo del Saltello, qui forse arrivava Beatrice di Lotaringia con Bonifacio III di Canossa, se non proprio loro i loro emissari. Ora per vedere Sommocolonia, oppure Barga eretta a centro garfagnino del Marchesato di Toscana e sostenuta dal fisco imperiale, poi la Pieve di Loppia che Beatrice volle far rinascere l’anno 1058 e che pose per lo spirituale tra le cure dei Canonici del Duomo di Barga.

Tutto un sentire che s’intramezzava in un’emozione senza tempo, con i diplomi di Federico Barbarossa, specialmente quello in cui si rivolse direttamente a Barga l’anno 1185, “miei fedelissimi” come se oggi il massimo personaggio dell’Unione Europea si rivolgesse a Barga, per assurdo perché ormai tutto è svanito ed è tutta un’altra cosa. Cosicché, si fa per esempio, intendesse parlare alla Garfagnana, così rivolgendosi a Barga che stesse attenta agli interessi imperiali nella zona oggi quelli europei; certo per Barga non fu facile perché da una parte la tirava la Santa Sede che rivendicava i possedimenti di Matilde e dall’altra l’Imperatore che stava rialzando il suo potere nelle nostre contrade. Ovvio da queste memorie più lontane, man mano, alle più vicine, fossero tutte degne di una perenne celebrazione, un’ufficiale ricordanza per una lunga memoria. In altre parole di un Museo con la lettera iniziale maiuscola.

(fine prima parte- continua)

 

 

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