Adulti ancora a scuola, un altro articolo per il blog

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BARGA – Il percorso di Informatica Pratica per Adulti continua a Barga, a distanza, sempre guidato dal prof. Renato Luti. AAAS (adulti ancora a scuola) ha il suo blog www.adultiancoraascuola.eu e ad esso contribuiscono anche i corsisti con le loro storie e le loro considerazioni. Questa settimana una interessante considerazione sulla vicenda dei parapetti alle Mura di Lucca è stata scritta dalla professoressa Maria Lammari del direttivo di UNITRE_Barga.

Prima della fine dei corsi attuali potremo leggere anche il blog prodotto dai corsisti del prof. Luti.

Lucca. Le Mura pericolose!

Recentemente abbiamo appreso dalla stampa l’ampio dibattito, quasi quotidiano, circa il Progetto del Comune di Lucca rivolto all’installazione di parapetti metallici sulla parte interna delle Mura “per garantire la sicurezza di chi le frequenta”.

Lucca, la città “dall’arborato cerchio”, come la definì Gabriele D’Annunzio, riconosce da sempre nella cinta muraria il suo simbolo, tanto che da più parti si sollecita la candidatura delle Mura a Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco.

La storia ci rimanda alle loro stratificazioni nel tempo, dall’epoca romana ai successivi ampliamenti e modifiche, fino al loro completamento (1645) per un percorso totale di 4195 metri per 30 metri di spessore, difeso da un ampio fossato.

Al riguardo esistono vari studi e documenti che ne descrivono struttura e dimensioni.

Nate come strumento di architettura militare a tutela della città (la loro imponenza costituì un deterrente per un eventuale attacco degli Stati vicini), hanno garantito per secoli la libertà della città, fino a trasformarsi nel 1800, ad opera della duchessa Maria Luisa di Borbone, in parco urbano, un luogo destinato ai cittadini per passeggiare e godere dell’ombra degli alberi in estate, uno spazio ricreativo e del bel vivere.

Un vero fattore d’identità per i cittadini lucchesi e un’attrazione per i turisti affascinati dalla loro imponenza e buona conservazione.

Nel tempo il monumento è stato sempre meno percepito come tale, ma prevalentemente considerato area di sport e svago, talora con scarso rispetto e poca attenzione.

Così, oggi, dopo circa due secoli di libera fruizione come parco pubblico, è sorto un problema che il Comune ha dovuto affrontare, in quanto garante della sicurezza del proprio territorio, per ovviare al rischio di denunce.

Infatti, nonostante i cartelli in varie lingue che avvisano di eventuale pericolo i visitatori che vi passeggiano e sostano, taluni si avventurano sui parapetti estremi fino ai loro esterni margini, cadendo talora sulla spianata erbosa sottostante (la “tagliata”) con conseguenze anche gravi.

Il fatto che i bambini, poi, scorrazzino liberamente fino ai bordi (quando lo spazio erboso a disposizione è ampio) richiama se mai la responsabilità dei loro genitori. Altrimenti, quanto alla sicurezza, bisognerebbe recintare o transennare ogni ambiente naturale (si annega in mare o in piscina e si cade in montagna).

Non entrando ora in merito alle diverse posizioni riguardo al Progetto, se questi incidenti si stanno verificando nel tempo presente e non avvenivano prima, qualche riflessione è opportuno debba essere fatta.

Per i giovani e gli adulti forse basterebbe fermarsi a considerare la straordinarietà del monumento con la sua lunga storia per RISPETTARLO e, quindi, non indurre l’autorità a snaturarlo con barriere metalliche.

Quanto ai bambini, il discorso si fa EDUCATIVO e coinvolge i genitori che, purtroppo, sempre meno consapevoli del loro ruolo formativo, spesso non li accompagnano nell’uso corretto, buono, davvero libero dello spazio intorno.

Scattare, ad esempio, una foto ad un bambino proprio sul limite esterno del baluardo (come spesso avviene), oltre ad esporlo a rischio caduta, dimostra l’incoscienza dell’adulto che legittima il suo atto azzardato agli occhi del bimbo.

Il rispetto nasce dalla conoscenza dell’ambiente in cui viviamo, si fa cultura dando il giusto valore a ciò che abbiamo davanti a noi.

Il luogo, qualunque luogo, merita rispetto. Bisogna fermarsi e capire; urge sempre più una efficace formazione personale e permanente che eviti l’arroganza di chi non ammette sbaglio e si sente autorizzato a qualsiasi scelta o azzardo.

Allora si potrebbe discernere ciò che è male e, quindi, evitarlo o comunque accettare il danno come mea culpa.

Beata la sapienza del contadino, acquistata con l’esperienza, che accetta umilmente i propri limiti, senza porre sfide che possano danneggiare anche gli altri.

Una comunità democratica tende all’autoregolamentazione e i divieti vanno percepiti non come lesivi ma garanti della libertà personale.

Dare valore alle cose è fondamentale per vivere; accompagniamo  i bambini (insegnanti e genitori) a questa consapevolezza. È un loro diritto. Non lasciamoli senza un percorso educativo.  Non fuggiamo dai nostri doveri: l’anarchia di comportamento non aiuta i bambini a conquistare le libertà e li rende convinti che un’eventuale colpa non è loro, ma sempre di terzi.

Allora, se sono cosciente di essere in un luogo che (come nel caso delle Mura) ha la sua storia, frutto di conquiste successive, lo devo godere, senza sfidarlo per andare oltre e per misurarmi solo con me stesso.

Come cittadini assumiamoci le nostre responsabilità e non chiediamo solo agli amministratori esose garanzie di sicurezza ma affidiamoci alla percezione dell’abitare prudentemente un luogo per goderlo, curarlo e mantenerlo nel tempo.

Lo spazio che ci è dato da vivere è da preservare, non da possedere e manipolare secondo una logica di dominio.

È “l’ecologia dell’uomo” che si mette in relazione diretta con l’ambiente datogli unicamente in prestito. Solo una visione culturale più ampia può evitare l’individualismo, l’ignoranza, la voglia di conquista, cominciando proprio dallo spazio in cui esprimiamo la nostra identità.

La mente, allora, capirà che ci sono già parapetti naturali.

La Bellezza salverà noi e le Mura?

Invece di cambiare le Mura, potremmo tornare alla prospettiva della responsabilità individuale; usciamo dalla logica che le conseguenze di ogni scelta non avveduta siano addebitabili ad altri o addirittura alla comunità civica nella quale conviviamo.

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