Viaggio ad Amatrice nei giorno dopo il terremoto. Il racconto di Richard Burnett

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Storie dei soccorritori, storie della gente che sta soffrendo e che ha perso cari e case; storie di chi ha vissuto i giorni successivi della tragedia del sisma che ha colpito il centro Italia ed in particolare Amatrice. E’ il racconto che per noi fa Richard Burnett, cittadino britannico che con la moglie Carol vive per diversi mesi nella loro tenuta sopra Renaio e che lavora nell’installazione di sistemi internet via satellite.

Richard si è recato ad Amatrice per dare una mano a quella popolazione. Portando la sua esperienza nel compo delle comunciazioni per restituire almeno una parvenza di collegamento con il mondo esterno agli abitanti ed ai soccorritori. Ecco il suo racconto e le foto che ha scattato ad Amatrice. Un modo in più per sentirci tutti noi piùvicini alle popolazioni colpite dal sisma (traduzione di Sonia Ercolini).

Quando ho saputo del terremoto di Amatrice, la stessa mattina il mio pensiero immediato è stato di quanto potessi fare per dare un aiuto concreto.

Lavoro per Europasat Italia qui a Barga e fornisco Internet via satellite per imprese e persone che non hanno un servizio Internet soprattutto nelle zone rurali dove non esistono le linee tradizionali. Quindi ho pensato subito ai soccorritori e ai sopravvissuti; a tutta quella gente che poteva aver bisogno di un collegamento internet per comunicare con i propri cari e con gli amici ed uscire almeno dall’isolamento che invece è conseguente ad un sisma come questo.

Ho tanti clienti nella zona di Amatrice e come prima cosa li ho contattati tramite i social per capire la gravità della situazione. Appreso che ci trovavamo di fronte ad un disastro ho chiesto loro di mettermi in contatto con gli organizzatori dei soccorsi ad Amatrice. Dovevo partite il giorno dopo con mia moglie per l’Inghilterra, ma le ho detto che dovevo andare dove potevo essere di aiuto e così ho fatto, caricando in macchina tutto quello che mi poteva servire, a cominciare da quattro impianti completi internet Tooway.

Guidando verso Amatrice sono passato attraverso la vita frenetica di Roma e della città universitaria di Rieti per ritrovarmi, a 30 chilometri dalla destinazione senza praticamente più traffico intorno a me; c’erano solo mezzi di soccorso.

Amatrice è praticamente isolata con tutti i ponti distrutti e quindi sono riuscito ad arrivare in paese attraverso un campo e una mulattiera. Vicino alla meta mi sono perso però ed alla fine mi ha aiutato un gruppo di persone che ho trovato a circa 5 miglia dal paese. Erano tutti feriti, con i volti segnati da tagli ed ematomi. E’ stato il primo impatto scioccante con il terremoto. Non sapevo cosa dire.

Sono passato attraverso borghi vuoti, campeggi deserti e luoghi di solito affollati; è stato come vedere un film del genere catastrofico divenire realtà… case e paesi fantasmi.

Alla fine sono comunque arrivato all’accampamento di Amatrice gestito dall’ANPAS dove mi hanno assegnato un posto letto. La cosa strana è stata che ci sono edifici ancora intatti in questa area, mentre dopo 50 metri tutto è completamente diverso; tutto è distrutto, come se sul paese fosse caduta una bomba.

Ho passato due notti e tre giorni in quell’accampamento, nella tenda, con temperature che di notte scendevano a 5 gradi e di giorno erano di 32 gradi. Non è facile per tutta quella gente affrontare anche solamente questa situazione.

Subito mi sono messo a lavorare per quello per cui ero partito ed ho riscontrato che l’unico sistema di comunicazione era quello via radio utilizzato dai soccorritori, mentre tutto il sistema cellulare era saltato. Sia soccorritori che abitanti erano insomma completamente tagliati fuori dal mondo esterno in quel momento.

Ho visto tanti giornalisti e squadre dei media più importanti; mi ha colpito il fatto che vivevano in un mondo tutto loro, fatti di luci, e truccatori: un mondo patinato ben diverso da quello sporco ed impolverato dei soccorritori e della gente. Avevano anche i loro sistemi di comunicazione, ma non li condividevano con la gente.

La gente del posto continuava a sorridere e ad essere amichevole con me, ma non poteva credere che presto avrebbe potuto contattare i loro cari via internet. Così ci siamo subito messi all’opera ed abbiamo fatto tutto quello che potevano per far funzionare velocemente i nostri sistemi lavorando anche in zone difficili, ma sempre supportati dai soccorritori che sono persone eccezionali, e dalla gente.

Le quattro unità portate sono state montate con l’aiuto della Guardia di Finanzia e di un gruppo di persone ed è stato davvero bello alla fine sapere che quei sistemi sono riusciti ad aiutare la popolazione ed i soccorritori ad avere un contatto più agevole con il mondo e le notizie esterne e con le persone al di fuori delle zone colpite.

Gli abitanti del posto sono sotto shock ma pieni di sorrisi e gratitudine versi chi li aiuta. Ora vivono in un mondo completamente diverso dal nostro; dove tutti i punti di vista, le abitudini, i gesti quotidiani, dove proprio tutto è cambiato. Tanti non possono lasciare la zona e tanti non vogliono lasciare la zona, le loro case, anche se distrutte. Spero solo che internet li possa almeno aiutare a fare un altro piccolo passo per ritornare presto alla vita normale.

L’organizzazione mi ha detto che avrà bisogno di questo servizio per circa tre mesi. Il mio impegno è che ci siano adesso abbastanza “dati” per coprire tutto il traffico. Europasat UK ha fornito il lavoro iniziale ed i sistemi, ma ora ci sarà forse da cercare dei fondi e degli sponsor per consentire di sostenere il traffico della rete anche in futuro.

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