L’eroico destino dell’agave. Anche a Barga l’eccezionale (e crudele) fioritura

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C’è chi lo ha definito un fiore bello quanto spietato. Affascinante quanto mortale.
E’ il fiore dell’agave, una pianta originaria delle zone tropicali che si trova, anche se non spesso, nel Mediterraneo.
La maggior parte delle piante di agave sono “monocarpiche”, vale a dire che fioriscono una sola volta nella loro vita e dopo la fioritura e la maturazione dei frutti muoiono.
Si dice che le agavi fioriscano dopo 100 anni. In realtà questo non è vero in quanto occorrono dai 10 ai 30 anni e più per diventare adulta e quindi per fiorire.
Tutta una vita – e possiamo aggiungere una vita spesa per – per maturare un fiore bellissimo. E dopo aver fatto questo morire.
C’è indubbiamente qualcosa di eroico e al tempo stesso di tragico nel destino che la natura riserva all’agave per poter realizzare quell’ incredibile esplosione che si materializza in poco meno di due mesi: il suo fiore.Un fiore che sembra un albero, un fiore alto anche più di cinque metri.
Un piccolo miracolo della natura e adesso anche un insolito avvenimento per la nostra terra: la fioritura dell’agave non è certo un fatto da lasciar passare inosservato, soprattutto alle nostre latitudini. Ed è per questo che abbiamo raccolto l’invito di Maria Teresa Pellicci di Barga che, con una certa soddisfazione, ci ha invitato a vedere la sua agave (circa 30 anni di vita), fiorita non in un orto botanico o sul mar mediterraneo ma sulla (comunque) soleggiata costa di Barga. La si trova sulla strada provinciale per Pegnana, poco sopra la località Guastalferro. Questa è già di per se una piccola notizia, dato che il clima sub appenninico poco si addice alla salute dell’agave, originaria dei tropici anche se ben diffusa sul mar mediterraneo. La temperatura ideale è infatti compresa tra 20 e 30 gradi, qui da noi difficili da mantenere durante l’autunno, l’inverno e parte della primavera.
L’agave,
inoltre, non tollera i ristagni d’acqua soprattutto nella rosetta delle foglie ed è impensabile che con i temporali e le nevicate che spesso caratterizzano la nostra zona non abbia dovuto sopportare anche questo disagio.
Alla notizia che un’agave è cresciuta in perfetta salute nonostante il nostro clima poco adatto, poi, si aggiunge il fatto che è riuscita anche a portare a compimento la fioritura, che proprio per il particolare clima di queste parti difficilmente può avvenire. E poi c’è il fascino di quello di cui parlavamo in apertura. Morire per realizzare un fiore bellissimo.
L’evento è appunto descritto come eroico e crudele allo stesso tempo, dato che per lunghi anni la pianta si impegna in quello che sarà lo sforzo finale, l’atto che consumerà tutte le sue energie: la produzione di un lungo stelo da cui si dipartono ramificazioni che culminano con grandi fiori gialli, odorosi di melone maturo.
Così ha fatto anche la pianta di Maria Teresa Pellicci, regalando questo spettacolo incredibile e affascinante in una terra dove già ulivi e viti spesso faticano a sopravvivere.
E così a Barga, dove non manca nulla, possiamo riportare negli annali anche dell’evento eccezionale della fioritura di una pianta d’agave; “mutata” quel che basta per adattarsi al clima barghigiano.
E quando sarà sfiorita?
Ai tropici viene utilizzata per realizzare un filato resistente – quello dei famosi cappelli Panama – o per distillare bevande come Il Pulque, il Mezcal e la Tequila; o anche per guarire le ustioni. Qui da noi pare difficile barcamenarsi con le dovute e necessarie conoscenze di questi procedimenti. Forse la cosa migliore è aspettare che la pianta faccia il suo corso. Muoia completamente; per poi ripiantarne un’altra. e aspettare con lei fino a quando la natura ci regalerà un altro spettacolo bellissimo.

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