Pier Giuliano Cecchi: vi racconto delle antiche misure di Barga

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Passetto, Braccio, Staio, mezzo Staio, Mina. Erano questi i nomi che gli antichi barghigiani avevano scelto per le loro misure per usi commerciali. Misure proprie della cittadina, simbolo di indipendenza. Una storia sconosciuta ai più ma che ora rivive grazie all’interessante volume del nostro collaboratore Pier Giuliano Cecchi  “Le antiche misure di Barga- Anno 1582” edito da Garfagnana Editrice di Andea Giannasi e presentato sabato sera al “Leggere Gustando”.

Un lavoro frutto di accurate ricerche ma sopratutto della passione di Giuliano per la storia di Barga. Una passione frutto della curiosità nata dall’osservazione di un atlante storico. Ha ricordato infatti Pier Giuliano durante la presentazione:
“Quando era ragazzo e frequentavo le scuole medie ricordo che in casa mia c’era un atlante storico che raffigurava essenzialmente l’Italia ma anche l’Europa nelle sue varie fasi storiche. Non che lo studiassi con grande attenzione ai risultati scolastici, comunque lo sfogliavo spesso e aveva tutta la mia incondizionata stima perché, nell’Italia dei primi secoli dopo il Mille vi leggevo il nome Barga, così come in altre cartine dei secoli successivi. Non riuscivo a capire perché, agli occhi degli autori delle cartine, Barga avesse avuto tanta considerazione, specialmente nel sec. XIII, covando in me il sospetto che la citazione fosse ingigantita dal fatto che nell’area nord occidentale della Toscana restasse un vuoto da riempire almeno con un nome, e che fra i vari paesi turriti ivi esistenti avessero scelto il castello più grande che -così realizzavo- avesse avuto, pur sempre un qualcosa in più da raccontare rispetto agli altri.

Di là dall’episodio raccontato comunque, restava in me l’idea, la curiosità di scoprire e svelare la verità che racchiudeva quella mezza domanda che mi ero posto. Una sorta di mistero sciolto con le successive letture di testi storici locali, in cui si evidenziò ai miei occhi l’importante ruolo che si era ritagliata Barga nella primavera degli anni Mille, quale capoluogo di tutta la Garfagnana per l’imperatore Federico “Barbarossa” -1185- poi in obbedienza a Gregorio IX nel sec. XIII.

Quella voglia di sapere, poi tradotta in ricerca, se posso considerarla il primo vero e interessato accostamento alla storia di Barga, comunque e certamente, seguiva un dettato d’emozioni già vissuto sin da quando gli occhi colsero per la prima volta manufatti in pietra che, silenziosi ma ammiccanti, parlavano al cuore in suggestioni di sconosciute gesta. Rivelerò un’ovvietà ma è qui la mia iniziazione alla storia di Barga, della Bella Signora senza tempo.

Con il tempo a seguire non mi sono limitato solamente a leggere libri e articoli che parlavano di Barga, ma ho desiderato, dopo varie ricerche e per quanto possibile, porre all’attenzione dei miei concittadini fatti storici e personaggi che hanno segnato più di altri i suoi vari momenti, la sua esistenza”.
Come il particolare aspetto delle antiche misure di Barga.

Pier Giuliano Cecchi ma come è nato questo progetto?
“L’idea di realizzare questa dispensa storica sulle antiche misure di Barga  non nasce dalla mera volontà di mettere nero su bianco quanto conosco sull’argomento affinché, in primis non ne perda io stesso la memoria, oppure per far conoscere il risultato a più persone con la speranza che riesca a suscitare una maggiore attenzione alla nostra storia, che intrinsecamente vuol dire valorizzarla. No! questa volta non è così, ma bensì un atto d’amore ancora più grande verso Barga e la sua storia. Il fatto che Barga avesse delle proprie misure indica semplicemente che in un certo periodo storico -almeno nei secoli primi del Mille-la Comunità aveva raggiunto un grado considerevole di emancipazione sociale rispetto alle Città dominanti l’area nord-occidentale della Toscana. Un tale status vivendi chiuse orgogliosamente il popolo dentro i propri confini, dove elaborò sue leggi e suoi metodi nei rapporti sociali, ovviamente influenzati anche da ciò che lo circondava”.

Quali erano queste misure?
“Quelle esposte al pubblico, oggetto del mio lavoro, sono il Passetto per i panni lini o Braccio di Barga di 60 cm, cui si unì, aggiungendo alla piattina di ferro una parte finale sfalsata, la misura del Passetto per i panni lani per un totale di 75 cm. Le altre due misure sono lo Staio e il mezzo Staio o Mina, delle quali sino a oggi erano ignote le capacità. Con l’amico architetto Pier Carlo Marroni siamo andati a verificarle sperimentalmente e possiamo dire che lo Staio ha la capacità di Lt. 28,5, mentre il mezzo Staio di Lt. 14,25. Il risultato è pubblicato nel libro. Tutti i dati dimostrano inconfutabilmente che quelle misure erano proprie di Barga e non omologabili né a quelle di Firenze, così come recita l’attuale legenda, né a quelle di Lucca o altri stati. L’argomento origine delle antiche misure di Barga è un enigma molto difficile da sciogliere, comunque, come dico nel libro, almeno per quanto riguarda la misura del Braccio: 60 cm, ci sono indizi che ci portano a considerare l’antica e simile misura lucchese, poi abbandonata con la riduzione a circa gli attuali 59 cm”.

Le misure furono anche esposte e rese pubbliche…
“Sì, furono esposte a Palazzo Pretorio nel 1582, tempo del Podestà di Barga l’aretino e cittadino fiorentino Cherubino di Francesco Galluzzi”.

Affermi che quelle misure rese pubbliche erano corredate da una legenda errata…
“Quelle misure sono ancora corredate da una legenda sbagliata, frutto di un gesto imprevidente avvenuto negli anni ’80 del secolo passato. In altre parole bastava fare una ricerca storica sui libri dell’Archivio Comunale, così come io ho fatto, per evitare quella legenda. Uno studio che, di là dal risultato, sarebbe stato utile a capire almeno se fosse rimasta una memoria del fatto avvenuto in quel lontano 1582. Comunque se la ricerca fosse avvenuta il risultato, così come dimostra la mia pubblicazione, non sarebbe certamente mancato. Va detta ancora una cosa importante, consistente nel rilevare che la semplice misurazione pratica del Braccio avrebbe dovuto consigliare prudenza nel fare la legenda, infatti, non sarebbe stata di 58,4 cm, così come recita la voluta e poi scritta misura fiorentina ma 60 cm. Ciò vale anche per lo Staio e mezzo Staio che, se misurati, il risultato avrebbe indotto alla prudenza”.

Qual è stato il tuo metodo di ricerca?
“Stiamo parlando di storia di Barga e il metodo è quello più elementare: passione e ricerca sui documenti. Ovviamente ha rivestito importanza anche la lettura di testi che parlano di storia locale e non poteva essere diversamente, perché c’è molto da imparare, facendo però attenzione alla scelta degli scrittori di storia da cui citare eventuali dati o prendere in considerazione particolari avvenimenti. Di là da quanto detto, comunque ogni scrittore racconta sempre qualcosa d’interessante e di nuovo ma in questi casi, quando possibile, la precauzione della verifica è importante”.

Il tuo lavoro probabilmente è un opera prima sull’argomento…
“Per quante ricerche ho condotto sull’argomento delle Antiche Misure di Barga mi sento di dire che è un’opera prima, anche se ci sono tracce, come dico nel libro, che ci portano a credere possa esistere una pubblicazione effettuata nel 1812, epoca napoleonica, e curata dal computista barghigiano Luigi Biagetti. Un opuscolo che avrebbe dovuto parlare del rapporto che intercorreva tra le misure francesi e quelle toscane. L’opera fu sottoposta all’attenzione della Comune di Barga ed ebbe il richiesto finanziamento, però il maire (sindaco) Francesco Bertacchi gli fece noto che l’opera contenesse anche il rapporto che intercorreva con quelle proprie di Barga. Fu pubblicata? Non saprei dire, comunque sia stato è pensabile fosse più un manuale che un trattato di storia”.

Sei un grande conoscitore della storia della nostra cittadina; ci racconti un aneddoto che pochi conoscono, o un particolare fatto storico a te caro….
“Di aneddoti ne potremmo raccontare diversi, alcuni sfatanti dei luoghi comuni, come la storia che Barga passasse tranquillamente e felicemente dal dominio lucchese a quello fiorentino. Infatti, non fu esattamente così, perché un’importante parte barghigiana avrebbe voluto continuare a restare con Lucca. Un episodio poco conosciuto, se non del tutto sconosciuto, è invece la cattura da parte dei corsari algerini, detti turchi, di diversi marinai di Barga imbarcati su due galere della flotta di Santo Stefano. Correva l’anno 1583 e dopo una furiosa tempesta notturna i due legni toscani naufragano alle isole Formiche di Grosseto. Gli equipaggi furono catturati e condotti schiavi in Algeria e per la loro liberazione fu richiesto un riscatto. I genitori dei barghigiani li vediamo supplicare l’aiuto economico del Comune, il quale ricorse alle casse dell’Opera di San Cristofano, decidendo un contributo per ogni richiesta. Alcuni furono liberati da lì a poco, altri rimasero schiavi sino al 1586. Questa pagina inedita della storia di Barga m’introduce ad altra cui tengo particolarmente. Si tratta dei 69 barghigiani Caduti e Dispersi in Russia negli anni 1942-43, i cui nomi e il sacrificio umano sono ancora volutamente dimenticati”.

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