Fabrizio Gianni “Un pittore nel sogno di Magri”

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Nel rileggere ogni tanto i numerosi scritti che conservo di Fabrizio – articoli, biografie, depliand di mostre – mi son sempre ritrovato affascinato dalle parole che usò nei suoi confronti un nostro conterraneo, oggi grande scultore: Franco Pegonzi, quando nell’ormai lontano agosto del 1970, alla “Mostra d’Arte e Lavori in Legno” che si tenne alla sala Colombo, nel presentarlo al pubblico con un breve commento critico così al termine ne sintetizzò l’iter artistico: “Questo suo sofferto mondo interiore si sta trasformando merito alla sua continua ricerca culturale e per la profonda conoscenza delle opere del grande pittore Barghigiano Magri”.Forse fu il primo a fermare nero su bianco questo straordinario filo che lega idealmente i due artisti, specialmente tangibile nelle prime esperienze pittoriche di Fabrizio che risalgono alla fine degli anni 50′, ma a ben vedere anche nel seguito della sua esperienza artistica è pur sempre presente nella sua pittura l’insegnamento attinto dall’amorevole osservazione e studio dell’illustre predecessore, soprattutto in quel 1970 della mostra alla Colombo; insegnamento sospintosi sino ad oggi in forme e colori che mantengono intatto quel sentimento ispiratore: la fiaba.
Come Magri anche Fabrizio, senza gesto reale, scrisse su muri: “Abbasso Parigi, W Barga”; non come rifiuto di ciò che intorno a noi è nell’immensità, ma canto di un figlio che sente nelle vene venirgli meno quell’ispirazione che, senza pari, profonde a piene mani la dolce terra incantata tra le Panie e i vividi Appennini. Assorta nell’incantesimo fascinoso dei suoi secoli di pietre scolpite, di selciati d’arenaria, con l’inesausto canto che promana giorno giorno, in un continuo stillar di nuove emozioni, quel gigantesco Duomo d’ “alberese”, che cangia ognor colore e viepiù se la pioggia gli bagna i muri: dall’accecante baglior del sol riflesso si può arrivare al verdastro. Uno scader di toni di colori che ritroviamo tutti, con magia di sentimenti, nelle tele di Fabrizio: mutazioni tacitamente assorbite e che tornano alla mano nel combinarsi dei colori da distendere sulla tela nel febbrile fuoco dell’arte.
Come Magri anche Fabrizio ama il canto di quel Poeta che sfiorò come non altri quel vero di tutti noi: il palpitar dell’anima; lo sentì venirgli incontro, amichevole e desideroso di farlo suo adepto in una delle nove Muse figlie di Zeus, anche perché l’illustre fratello nella pittura glielo aveva indicato, ma per vie nuove dal comune e spontaneo abbraccio: alla semplice parola detta dai spazio all’eco che torna e ritorna, ogni volta la sentirai carica d’insegnamenti, prematuri al tuo cuore, che maturano in amore. E’ quel canto un raggio di poesia che muove dalla “Bicocca” e va spargendo ovunque poemi di sogno; un’onda sonora nel silenzio dei pensieri su cui Fabrizio, nel dipingere, si lascia trascinare verso l’oblio dei giorni: “Lasciatemi andare – là dove nasce il mattino – Lasciatemi andare, non posso stare qui.”. Quando dipinge non vuole giorni di albe e tramonti; vuole un solo giorno lungo come quell’onda dipinta aleggiante sulla “Bicocca” anche in un quadro dedicato al “suo” Poeta nel 1995, centenario della venuta a Castelvecchio.
Come Magri anche Fabrizio sente cogliersi dall’infinita speranza di un Mondo puro, eterno in tutte le sue bellezze, mentre che gli srotola dentro il tempo coi suoi affanni e farsi pena grave l’altrui dolore, riflesso ora in un guardo di dolce melanconia.
Come Magri anche Fabrizio concede la sua pittura ad una ispirazione vera e come il “Maestro” ripete: “Cerca nella tua vita, guarda nel tuo cuore”. Ed egli è dalla sua vita e dal suo cuore che coglie situazioni, immagini or velate e sovrapposte, ora chiare e limpide nel messaggio, in una congerie di colori che rispecchiano l’anima avvinta in un brulichio di suggestioni che muovono da un profondo mescolarsi d’emozioni.
A me Fabry piace vederlo così e condivido a pieno quel filo con cui Pegonzi lo volle “legare” spiritualmente al grande Maestro Barghigiano. Un legame che mi si fece chiaro quando assieme visitammo la grande mostra che Barga volle dedicare a Magri nel 1996 e che si tenne a Villa Gherardi: lo colsi dagli occhi che gli brillavano e dalla stupita e filiale ammirazione.
Oggi alcuni lavori di Fabrizio sono di nuovo stati esposti in una mostra che meritava di esser vista. E’ stata allestita alla Galleria Comunale di via di Borgo. Caro Fabry in bocca al lupo e tanti auguri dal Giornale di Barga Online.

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