L’esperienza di vivere dimezzati come il calviniano visconte

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“A guardar fuori dalla finestra l’appennino innevato e di là le Apuane sembra di essere in Svizzera. Se si guarda l’interno del reparto di riabilitazione terzo piano dell’ospedale San Francesco di Barga sembra ancora di essere in Svizzera o forse nella civilissima Svezia. Invece siamo in Toscana.
Forse nel tempo che sto qui c’è stata una secessione voluta da Bossi, perchè certo non siamo in Italia. Conosco abbastanza bene il Servizio sanitario nazionale da due diverse prospettive. La prima dovuta ai pellegrinaggi degli ultimi due anni attraverso grandi e rinomate strutture pubbliche e convenzionate di riabilitazione che ho preso l’abitudine di frequentare dopo che un ictus mi ha dimezzato come il ben noto calviniano visconte. Questa visione della sanità dalla parte del letto, dalla tazza del cesso, improvvisamente bisognosi di tutto quanto incapaci, è stata più formativa di decine di corsi di aggiornamento sul managment e le procedure cliniche più avanzate e fa parte inscindibile del mio curriculum.
L’altra prospettiva è quella è dovuta al fatto che ho lavorato 30 anni nel SSN e in particolare come primario del reparto di psichiatria di Viterbo e direttore del dipartimento di salute mentale. Ora quello che accade qui è assolutamente straordinario. I malati non cessano per questo di essere persone, non diventano un numero di letto o una diagnosi. Sono Alfio, Nicola, Fabrizio, Carlo, Margherita, ecc. I visitatori non sono dei fastidiosi intrusi che non devono mettere il naso. Qui non c’è niente da nascondere. Tutto il personale è gentile, disponibile, pronto, sorridente e, ciò che più colpisce orgoglioso di appartenere ad una squadra vincente. Certo il fatto di essere stati governati dai Medici piuttosto che dallo Stato pontificio fa la differenza e questo imperativo di fare bene il proprio dovere deve essere trasmesso geneticamente (che sia scendere in battaglia, guidare un pulman o accudire un malato). Temo che quando Brunetta se ne accorgerà varerà una campagna per la creazione di incroci selezionati tra il personale del San Francesco e i colleghi del Centro sud ed il prode Daniele (unico infermiere maschio) saprà farsi valere.
Ma appunto non può essere soltanto una fortunata coincidenza storica o un alchimia genetica. Escluderei anche che si tratti dell’aria buona o dell’acqua. Forse è stato un paziente lavoro di formazione della squadra. Non attraverso miriade di corsi ECM, utili soprattutto per far lavorare i docenti , quanto piuttosto l’esempio. Infatti al contrario di quanto si vede altrove dove più si sale nella gerarchia più ci si allontana dai pazienti e ci si trincera dietro scrivanie e cumuli di carte, qui è il contrario. I primi che stanno al fronte sono il primario, la coordinatrice infermieristica e la responsabile dei fisioterapisti. Questo innesca un circolo virtuoso di emulazione, di aiuto reciproco dove le affermazioni a me più conosciute quali “non spetta a me!”, “non c’è nel mansionario!”, “ma chi te lo fa fare!” semplicemente non esistono. Ho l’impressione, ma forse è solo un delirio, che persino il camminatore della ASL, contagiato dal clima, quando attraversa il reparto lo faccia con passo più svelto e sorridente.
Insomma quando lascerò questo periodo di vacanza per tornare al lavoro mi riporterò certamente un po’ di mobilità in più degli altri ma soprattutto, e non è meno bello, quell’impressione che Franco Basaglia, artefice della legge di chiusura dei manicomi, sintetizzò nella famosa frase: “SI PUÒ FARE!!”
Intanto grazie davvero a tutti.
Roberto Lorenzini
Stanza 10, letto 23
Ospedale San Francesco di Barga (LU)

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