Cenni su Pietro Angeli Bargeo (Barga 1517-Pisa 1596) –(prima parte)

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Immagine di Pietro Angeli Bargeo dal quadro esposto nella sala del Consiglio Comunale di Barga. Vuole la tradizione locale che questo quadro sia da attribuirsi al pennello di Baccio Ciarpi (Barga 1574-Roma 1654).

“Barga è un castello che dalla Città di Lucca quasi CLX stadi, posto alla riva sinistra del Serchio e da esso poco più di X è lontano … In questo castello Pietro Angeli di parenti di oneste fortune bevve le aure della vita nell’anno di Cristo MDXVII a XXII d’aprile mentre il sole era in toro alla parte XI e a minuti XLVII”. Così l’Angeli narra della sua nascita nell’autobiografia di se stesso “La guerra di Siena e la vita di Pietro Angeli Bargeo”, opera composta in latino, lingua predominante nei suoi lavori, volgarizzata da G. B. Ughelli. Ovvio rilevare che nel prossimo 2017 ricorreranno i cinquecento anni dalla nascita.

Il padre fu ser Jacopo di ser Niccolao Angeli e la madre Ermelinda Turignoli, figlia di Francesco detto Ceccone Turignoli, capitano della milizia barghigiana, stirpe nobilitata dall’avere avuto tra gli ascendenti il celebre beato Michele da Barga, al secolo Lodovico Turignoli (Barga 1399 –Barga 1479).

La nascita di Pietro avvenne nel primo palazzo Angeli, quello in angolo con il successivo della famiglia costruito da Pietro Angeli negli anni ‘60 del sec. XVI, entrambi posti nella più grande piazza del castello di Barga, volgarmente detta “Aiaccia”, ma da circa un secolo dedicata proprio al nostro poeta Pietro Angeli. Sul secondo palazzo Angeli della detta piazza, nella parte mediana in alto, sul morbido angolo delle due facciate ornate da bei finestroni a tutto sesto, spicca il busto di Pietro Angeli, eretto l’anno 1896 ma allora posto sulla facciata del Palazzo Pancrazi, sede del Comune. Alla casa di Pietro Angeli vi giunse negli anni ‘20 del Novecento, quando s’intese liberare le facciate del Comune dai molti ricordi postivi in vari tempi.

L’occasione dell’erezione del busto si ebbe in concomitanza con il terzo centenario dalla morte, quando nella sua terra, il circolo giovanile “Utilità e Diletto”, composto di studenti, gli si rese solenni onoranze. Queste videro il concorso delle patriottiche associazioni e in campo anche il concittadino onorario Giovanni Pascoli, che di lui tessé le pubbliche lodi di grande poeta latino, in lui ritrovandosi e riconoscendosi, seppur in epoche diverse, per essere entrambi appellati eccellenti poeti nella lingua che fu e li fece degni figli di Virgilio. Il testo del discorso di Pascoli, pronunciato al Teatro dei Differenti il 27 settembre 1896, fu stampato con il titolo “Il Bargeo” nello stesso anno sul periodico “Vita Italiana”, Roma, Nuova serie, fasc. XII, con dedica a due illustri barghigiani: senatore del Regno Antonio Mordini e sindaco di Barga prof. Giulio Giuliani.

Per quanto riguarda l’autore del busto marmoreo cui si è accennato, questi fu lo scultore Giovanni Topi (Orciatico 1836-Pisa 1896). Nel libro “L’immagine immutata”, di Vari Autori, edito a Pisa da Pacini nel 1998, nella scheda curata da Stefano Renzoni, troviamo un accenno all’opera di Barga: “Il Topi morì a Pisa il 17 ottobre 1896, dopo breve malattia, quando da poco aveva terminato la sua ultima opera nota, quel busto marmoreo del Bargeo che ancora oggi fa mostra di sé in una strada di Barga”.

Per altro va detto che Barga non ha dimenticato di celebrare il Quarto Centenario dalla Morte con una degnissima celebrazione barghigiana dell’Angeli, che lo scrivente si pregia di averla sollecitata, poi partecipando anche alla pratica esecuzione. Era il 1996 e si tenne all’allora sala dell’Associazione Pro Loco che stava nella sua piazza Angelio, organizzata dal Comune e lì compiuta per l’inagibilità del Palazzo Comunale, allora sottoposto a restauri. A ricordare l’Angeli furono invitate a Barga importanti personalità dell’Università di Firenze: la Prof.ssa Carla Sodini, il Prof. Francesco Adorno e il Prof. Giovanni Cipriani.

Terminate queste note, riprendendo a rileggere il cammino della vita di Pietro Angeli, si sa che ancor bambino, sotto la guida dello zio paterno, il maestro Cristofano Angeli, ben progrediva e con facilità nella lingua latina e greca, (I rudimenti del latino s’insegnavano anche nella scuola di Barga). Nel 1528, a causa della peste che infierì a Barga con diverse vittime, ecco che al nostro Pietro vennero a mancare i genitori con il suo affido alle cure del nonno paterno capitan “Ceccone”, al secolo Francesco Turignoli, il quale esercitava le milizie della banda di Barga alla guerra, così tralasciando gli studi è avviato alla professione delle armi. Un battesimo che vedremo restare uno dei caratteri personali più forti del futuro letterato, allora accresciuto da una pratica molto indicativa.

Infatti, nel 1529, quando Papa Clemente VII e Carlo V pongono l’assedio alla Firenze repubblicana, Capitan “Ceccone” è chiamato con una compagnia della Banda di Barga a difendere Porta a Prato, conducendovi anche il dodicenne nipote Pietro. Questo è l’inizio delle due accennate personalità di Pietro Angeli: l’uomo d’armi e ciò che negli anni a seguire si manifesterà, il letterato umanista. Di lui ci sarà anche un altro intrigante aspetto, non consueto trovarsi nelle sue biografie, anche se un esempio sta proprio nel suo libro “La guerra di Siena e la vita di Pietro Angeli Bargeo”, quando dichiara la sua nascita, dove, oltre al consueto modo del giorno, ecc., aggiunge la posizione astrale: allora si capisce che stiamo parlando dell’astrologia. Per saperne di più su questo aspetto rimandiamo il lettore all’interessante articolo “Pietro Angeli (1517-1596)” scritto da Renzo Baldini e che troverà a questo Link

http://www.renzobaldini.it/pietro-angeli-1517-1596/

Intanto, dopo le giovanili esperienze guerresche, il futuro di Pietro diviene argomento di pressante interesse in famiglia e al nonno materno “Ceccone” è consigliato di farlo studiare, cosicché vediamo ritornarlo alle cure dello zio paterno Cristofano Angeli, il quale lo porterà con sé a Città di Castello e qui riprenderà gli studi (1). Mentre sappiamo che nel 1533 è mandato a Bologna per intraprendere il cammino nel “Diritto Civile” ma la Giurisprudenza ben presto è abbandonata, perché attratto dall’eloquenza dell’Amaseo, chi lo soprannominò il “Bargeo”, così abbracciando il Latino e il Greco.

Qui compone i primi cinquecento versi sulla caccia, poi raccolti nel futuro “Cynegeticon”, poema che tratta della caccia con i cani. In questa sosta bolognese ha occasione d’imbattersi anche nell’amore, restando folgorato da una nobildonna: Fiammetta Soderini. Una storia appena accennata da tutti i biografi, che per un preciso aspetto, decise lo inizio delle sue peripezie. Infatti, l’Angeli, per avere scritto e resi di pubblico dominio versi infamanti circa il marito di Fiammetta, nel 1539 è costretto a lasciare Bologna per Venezia. Qui, per la sua buona conoscenza del greco, entra al servizio dell’ambasciatore francese Guglielmo Pellicier, poi, nel 1542 s’imbarca per Costantinopoli con l’inviato francese Antonio Polino, il quale si reca laggiù per chiedere aiuto alla flotta Turca contro la Spagna. Altro viaggio lo porterà in Asia Minore, conoscendo luoghi che gli saranno utili per comporre la futura Siriade, “Syrias”, poema scritto in latino, un argomento letterario simile alla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, di cui parleremo più avanti.

Sono questi anni che l’Angeli divide tra penna e spada. Nel 1543, imbarcato con il Polin sulla flotta di Ariadeno Barbarossa, viaggiando verso la Francia, probabilmente per un cattivo rapporto che circola tra i guerrieri viaggiatori della sua Galera comandata Manibali Rayan da Marsiglia, giunti in Liguria, un ufficiale francese, per aver insultato il buon nome degli italiani, così come racconta l’Angeli nella sua biografia, dopo aver ricevuto uno schiaffo dallo stesso Angeli, è trafitto a morte. Imprigionato con catene, all’arrivo in Francia è liberato ma costretto ad abbandonare la flotta, e allora lo vediamo chiedere protezione al marchese d’Avalos che stava all’assedio di Mondovì occupata dai francesi. Questi lo accoglie con benevolenza e l’Angeli per sdebitarsi compone dei versi per il protettore.

Con l’anno 1544, di luglio, l’Angeli lo troviamo a Firenze cui è giunto da Barga, ma colto da febbre, dopo quindici giorni ritorna a casa, dove dice penasse più di quattro mesi prima del pieno recupero (2). Nel 1545 è estratto tra i Difensori del Comune di Barga, altra estrazione sarà del 1546. Per quanto riguarda gli impegni amministrativi nella sua Barga, sappiamo che furono vari e diversi, tra cui quello di Console, la massima carica spettante a un barghigiano, infatti, per il suo Terziere di Borgo, sarà estratto negli anni 1550 e poi nel 1555, ma durante quest’ultimo mandato disse in seno al Generale Consiglio della Terra, che doveva lasciare per raggiungere l’Università di Pisa. Sono questi gli anni della Guerra di Siena, e l’Angeli, come narra la sua biografia, per il pericolo che aveva corso la stessa Pisa di cadere preda di Piero Strozzi che con il suo esercito stava dirigendosi in difesa di Siena assediata, l’anno 1554, con i suoi studenti universitari si era posto in difesa della Città. Ora, dopo varie difficoltà economiche gravanti sull’Università e dovute alla stessa guerra, forse confidando anche nella piena ripresa degli studi “decaduti” per voleri superiori, pensiamo si fosse reso urgente nell’Angeli il bisogno di raggiungerla.

Dopo i suoi trascorsi guerreschi siamo già arrivati a capire che l’Angeli avesse raggiunto un’importante cattedra universitaria, ma prima di Pisa c’è un primo incarico che nei fatti lo introdusse all’insegnamento e che vedremo con il prossimo articolo.

Pier Giuliano Cecchi (continua)

(1) Nel libro “Petrus Angelius Bargaeus” di Guido Manacorda, Pisa, Nistri -1904, si trova pubblicati frammenti del Diario personale di Pietro Angeli, oggi perduto. Pubblicazione di copia del Diario, da una trascrizione eseguita dallo storico di Barga Francesco Bertacchi (1755-1814), che Manacorda trovò a suo tempo nella biblioteca privata della famiglia Bertacchi di Lucca. Dalla copia Bertacchi, pubblicata da Manacorda, si apprende: “Ottobre, dì 18. Nell’anno 1530 Prete Cristoforo Angeli mio zio, sendo stato chiamato a Città di Castello per la Scuola, partì da Barga e mi condusse seco a piedi, essendo di anni 13 et ei di 29, per la via di Bologna e di Romagna”.

(2) “Petrus Angelius Bargaeus” di Guido Manacorda, Pisa, Nistri -1904, pag. 78.

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