SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Regoli vs Risaliti

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Giunti a meno di due mesi dall’appuntamento – quale che sia l’esito – storico del prossimo 4 dicembre con l’atteso referendum attraverso il quale noi cittadini saremo chiamati a confermare o meno la riforma approvata in via definitiva dalle camere lo scorso aprile, il nostro giornale ha pensato d’offrire uno spazio di confronto nel quale possano misurarsi a favore o contro tale proposta rappresentanti delle istituzioni, della politica locale come pure professionisti o semplici cittadini. Cinque identiche domande poste ai vari interlocutori che potranno motivare la loro posizione con risposte contingentate nella loro lunghezza (massimo 400 battute per ogni risposta).

Dopo Nicola Boggi contro Alberto Giovannetti ed il Sindaco Marco Bonini con il suo predecessore Umberto Sereni, il confronto fra sostenitori del Sì e del No al referendum del 4 dicembre prossimo va avanti con Laura Risaliti, voce della sinistra barghigiana, consigliere ed assessore comunale a cavallo degli anni ’80 e ’90 ed oggi dirigente del PD cittadino e Mario Regoli, già assessore provinciale e leader storico della locale Rifondazione comunista. Entrambi grandi protagonisti della vita civile e politica della nostra comunità, la prima sostiene la riforma, il secondo sostiene convinto il No.

Referendum costituzionale, si o no e perché?

LAURA RISALITI:

Sì. Le modifiche costituzionali votate dal Parlamento non intaccano né i principi fondamentali espressi nei primi 12 articoli né tantomeno la parte Prima della Carta, quella in cui si enunciano i diritti e doveri dei cittadini,i rapporti civili, etico sociali, economici e politici. Quando diciamo che la nostra è la più bella Costituzione del mondo ci riferiamo a questa parte, all’eguaglianza, al lavoro, all’istruzione, alla libertà di culto al rifiuto della guerra, alle libertà personali, mentre il referendum verte sulla seconda parte della Carta quella che norma l’ordinamento della nostra Repubblica, cioè il Parlamento, il Governo, le competenze statali e regionali, la Presidenza della Repubblica. Questa seconda parte della Costituzione peraltro è già stata cambiata nel tempo, nel 2001 e nel 2005.

MARIO REGOLI:

NO perché questa riforma ribalta il 1° art della Costituzione che stabilisce che la sovranità appartiene al popolo. Anzi annulla la volontà popolare negando l’elettività dei senatori. No perché introduce un sistema che favorisce le élite, le segreterie dei partiti, triplica le firme necessarie per i disegni di legge popolari, aumenta notevolmente le firme necessarie per i referendum. No perché non supera il bicameralismo ma rende solo più confuse e conflittuali le competenze tra Stato e Regioni.

La riforma prevede il superamento del bicameralismo perfetto di cui si parla da 30 anni: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

MARIO REGOLI:

Il nostro Bicameralismo, che non è perfetto ma paritario, può essere superato. Il punto cruciale è che questa riforma non lo supera. Lascia enormi competenze al Senato, crea i presupposti per continui conflitti di competenza, moltiplica a dismisura i procedimenti legislativi e incrementa la confusione. Purtoppo questa riforma è peggiore dell’esistente. Frutto dell’ondata populista ed antipolitica, non produce neanche sensibili risparmi.

LAURA RISALITI:

Avessi potuto decidere io, il Senato l’avrei abolito. Nato con l’intento di impedire che qualcuno prendesse troppo potere dopo 20 anni di dittatura fascista, adesso questo rimpallo delle leggi ordinarie tra un ramo e l’altro del Parlamento non ha più molto senso. Il bicameralismo paritario mi pare, un appesantimento inutile del processo di formazione delle leggi. In compenso i Governi, tutti, hanno imparato la lezione e, quando non vogliono restare impantanati tra Camera e Senato, procedono per decreti legge e a colpi di fiducia e questo sì che è uno sminuire il lavoro parlamentare, non il ridimensionamento di una delle due Camere.

Vorrei ricordare che nella proposta in votazione, c’è anche la modifica dell’istituto referendario con l’introduzione del referendum propositivo, l’aumento delle firme necessarie, l’abolizione del quorum che finora ha reso non validi tanti referendum, il fatto che i disegni di legge di iniziativa popolare dovranno essere obbligatoriamente discussi dal Parlamento, l’introduzione della parità di genere (cioè tra uomo e donna) anche nella parte seconda cioè in quelle normativa dove finora non c’era. Questo significa che a livello di rappresentanza istituzionale non potranno più esserci disparità tra i sessi. Parlo di queste cose che mi sono sembrate importanti quando ho iniziato a documentarmi sulla nuova Costituzione, cose di cui si parla poco e di questo mi dispiaccio.

Col nuovo Senato come Camera delle autonomie locali i territori sarebbero più rappresentati anche a livello centrale?

LAURA RISALITI:

L’idea di una Camera delle autonomie locali c’è sempre stata da quando si è iniziato a parlare di riforme costituzionali, e se ne è iniziato a parlare perché ci si è resi conto tutti che così le cose non funzionavano. Se da trent’anni ormai si propongono Costituenti, Commissioni Bicamerali, Comitati dei saggi e compagnie cantando è perché è opinione diffusa che il sistema si è inceppato e va rimesso in movimento. Quindi a chi dice “Invece di modificarla, applichiamo questa Costituzione” io rispondo “Benissimo se parliamo della prima parte, ma senza senso se parliamo della seconda parte”. Visto che in Parlamento non c’era una maggioranza per abolire il Senato, si è cercato almeno di differenziare le sue competenze rispetto a quelle della Camera. Mio nonno che era saggio e ne aveva viste di tutti i colori diceva “piuttosto che nulla, piuttosto”.

MARIO REGOLI:

NO. E’ un imbroglio demagogico anche questo. Questa riforma semmai è statalista. Riafferma e aumenta il potere centrale a danno delle autonomie locali, a loro volta private di mezzi finanziari. lo stato si riappropria di importanti materie oggi attribuite alle regioni e in caso di conflitto di competenze prevarrà la “supremazia statale”. I nuovi senatori, non eletti ma nominati dai consigli regionali, non rappresenteranno i territori ma i partiti che li hanno designati. Inoltre i 4/5 posti che spetteranno alla nostra regione saranno accaparrati dalle realtà più forti e le zone marginali saranno ancor più sottorappresentate.

Col nuovo Senato si tagliano poltrone e costi della politica: giusto o sbagliato e nel caso favorevole o contrario?

MARIO REGOLI:

Contrario perché è demagogia che si tagliano poltrone. Si riduce in effetti la rappresentanza democratica e si toglie ai cittadini la possibilità di scegliere attraverso il voto. I costi della politica semmai si dovrebbero ridurre diminuendo lo stipendio dei parlamentari. Il risparmio vero e proprio, rispetto ad una soluzione pasticciata e contraddittoria, sarebbe derivato dall’eliminazione pura e semplice del Senato.

LAURA RISALITI:

Io non credo che il giudizio su una riforma costituzionale si debba dare in base ai risparmi. La democrazia costa e costa farla funzionare, dire il contrario è populismo e a me non piace andare dietro alle canee.

Però in questa riforma proposta ci sono delle cose che mi garbano proprio. Per esempio si mette in Costituzione il fatto che nessun consigliere regionale può prendere più del Sindaco del Capoluogo di Regione e, siccome i Sindaci in tutto l’apparato politico burocratico nazionale sono quelli che hanno compensi più contenuti, questo porterà in alcune Regioni che finora hanno fatto le “splendide” a dover ridimensionare anche di due terzi le loro spese (due terzi cioè il 60%in meno). E finalmente ci sarà un parametro nazionale unico per tutti che viene messo in Costituzione, ed è lo stipendio dei Sindaci.

Le riforme istituzionali dicevo, non si fanno per risparmiare ma per far funzionare meglio le cose, ma se dalla Riforma nascono anche dei risparmi, per via del ridimensionamento del Senato ad esempio, non è un male.

Cosa succede il 5 dicembre se vince il si o se vince il no?

LAURA RISALITI:

Il mondo, grazie al cielo, non finisce il 4 dicembre. Vada come vada il 5 dicembre avremo di fronte i soliti problemi del 3, ovvero la mancanza di lavoro soprattutto per i giovani, una burocrazia asfissiante, tasse ancora alte, servizi pubblici in difficoltà per via di anni di tagli, i migranti sulle coste e così via.

Quello che cambierà, secondo la mia modesta opinione, sono gli strumenti di cui ci saremo dotati. Il fronte del no è un fronte variegato, rispettabilissimo, ma va dall’estrema destra all’estrema sinistra, un secondo dopo il 4 dicembre non esisterà più e non può dare alcuna soluzione, perché tra loro ci sono vedute opposte su tutto. In più, addio al taglio ai costi della politica, il Parlamento rimane doppio e di 1000 persone, le Province rimangono e ad ogni Regione rimarrà autonomia completa sul fronte dei compensi ai propri consiglieri. Ma veramente vogliamo questo?

Se vince il sì io non posso dire cosa succedere , ma mi viene in mente Jack Nicholson in “Qualcuno volò sul nido de cuculo” quando tenta di svolgere un pesante lavandino da terra. Prova e riprova a farlo, anche se la cosa è difficilissima e ai matti che lo prendono in giro e gli dicono che non è possibile, alla fine dice “… Io almeno c’ho provato”. Tutto qui. Siccome mi hanno detto che questa intervista andrà in parallelo con Mario Regoli, colgo l’occasione di salutarlo “Ciao Mario! Amici come prima, eh?”

MARIO REGOLI:

Se vince il SÌ avremo meno sovranità popolare. Meno possibilità per i cittadini di eleggere i propri rappresentanti. Avremo una minoranza elettorale che, grazie al premio di maggioranza garantito dall’Italicum, si impossessa di tutti i poteri. Continueremo ad avere un bicameralismo, ma più confuso e creatore di conflitti di competenza tra Stato e Regioni, tra Camera e nuovo Senato. E comunque costoso.

Se vince il NO rimarrà la “Costituzione più bella del mondo” e si apriranno le condizioni per eventuali parziali revisioni, ad ogni modo sostenute da più ampie maggioranze.

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Commenti

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  1. Maria Elena Bertoli


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Vorrei chiedere un chiarimento a Nicola Boggi sulla sua affermazione conclusiva. Che vuole dire quando dice “Io voglio cambiare per crescere!”? Crescere in che senso? Crescita morale, culturale o quella crescita della produzione e dei consumi tanto invocata dagli economisti che sta portando al collasso il pianeta e che abbate i posti di lavoro per la delocalizzazione e la robotizzazione ad essa connesse? Chiederei a Nicola Boggi hiederei che cos’è la crescita che lui vuole e perchè la vuole.

  2. Patrizio Biffoni


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Con l’italicum ci sará la possibilitá di una chiara scelta fra i due partiti/programmi piú rappresentativi. In cosa il proporzionale sarebbe piú vicino al volere dei cittadini visto l’obbligo di “inciuci” fra i vari partiti governati da dinamiche non sempre trasparenti? Con l’Italicum i capi partito nominano una buona fetta di parlamentari e con il premio di maggioranza il partito che vince si prende quasi tutto. Dove sono i contrappesi in questa riforma? Cosa fa pensare che i parlamentari risponderebbero ai cittadini invece che al loro capo partito? Sembra che cambi poco chiunque vinca


  3. R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Considerazione sulla prima risposta.
    L’Avv. Giovannetti a proposito del nuovo Senato solleva il problema dell’estensione dell’immunità.
    Argomento che ha facile presa sull’opinione pubblica.
    L’immunità non è demone inserito in questa riforma, è , sia pure con una formulazione diversa, previsto dall’art. 68 della Costituzione.
    Ma dando per scontato che non è cosa buona e giusta, come mai con il suo voto la vorrebbe negare a 100 nuovi senatori, lasciandola ai 315 che ci sono ora?

  4. claudio crudeli


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Sulla questione dell’immunità parlamentare: è vero che i deputati l’hanno già, ma non l’hanno i consiglieri e presidenti regionali. Quanti ne sono stati inquisiti in questi ultimi dieci anni? Personalmente la trovo una riforma raffazzonata e propagandistica: è chiaro che le funzioni di raccordo Stato-Regioni le hanno già i Consigli Regionali, quindi non è necessaria una copia centralizzata. Se volevano ridurre i costi dovevano dimezzare i parlamentari, dimezzare i loro stipendi,
    dimezzare i trattamenti pensionistici, dimezzare le consulenze, dimezzare i portaborse, ecc. ecc.
    Niente di tutto questo. Per tutte queste ragioni voterò no

  5. Massimiliano Piagentini


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Le domande 2 e 4 andrebbero mostrate agli studenti delle scuole di giornalismo, per far capire loro qual è la differenza tra il loro mestiere faranno e la propaganda, fatta, tra l’altro, con gli stessi argomenti propagandistici, false, utilizzati dal Governo (“si tagliano le poltrone”, “sono 30 anni che è questa riforma è attesa”).
    Più che un’intervista doppia, un due contro uno.


  6. R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Boggi vs Giovannetti
    Carissima Maria Elena, naturalmente intendevo crescita morale e culturale. Sia chiaro che, pur non demonizzando minimamente l’idea dello sviluppo economico, i principi del non spreco e del riuso sono comunque tanto cari a te quanto a me. Non intendo accreditarmi meriti che non ho – e che invece spettano a te come ai tanti volontari delle varie associazioni del vicariato oltre all’attuale amministrazione – per aver avviato il bellissimo progetto de “Il Banco del non sprEco”. Sai però benissimo quanto avrei desiderato riuscire ad avviarlo già nei tanti anni in cui ho avuto l’opportunità di curare le politiche sociali del nostro comune! Oggi vi seguo con grande attenzione e sono pubblicamente a ringraziarvi per il tanto e buono che state facendo. Un caro saluto ed a presto, Nicola

  7. augusto guadagnini


    R: SÌ vs NO. Barghigiani e non solo a confronto sul referendum. Regoli vs Risaliti
    Condivido in pieno gli interventi di Mario Regoli e Umberto Sereni

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