La Grande Guerra nelle pagine della “Corsonna”

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Centododici anni fa, nel 1903, nasceva a Barga ad opera dei fratelli Alfredo e Italo Stefani il giornale indipendente Il Corsonna (che cambiò in seguito denominazione ne La Corsonna), periodico la cui pubblicazione proseguì, con alterne vicende, fino all’avvento della Seconda Guerra Mondiale.

Sfogliare oggi, a un secolo di distanza, le pagine della “Corsonna” è un viaggio nel tempo e nello spazio che offre infiniti spunti per rivivere la quotidianità della vecchia Barga; e in questo centenario della Prima Guerra Mondiale gli articoli e le firme del giornale concorrono ad offrirci una panoramica di come il territorio di Barga e i suoi abitanti vissero gli anni della Grande Guerra. A dominare ovviamente sulle pagine del giornale erano i toni patriottici, di esaltante nazionalismo, che valorizzavano il sacrificio e il coraggio dei soldati al fronte, le cui lettere venivano spesso e volentieri pubblicate (non senza interventi censori); vi erano poi l’azione dei vari comitati formatisi a sostegno dei richiamati, le notizie di politica a livello nazionale e provinciale, le nuove dal fronte riguardo i feriti, gli ammalati, le promozioni e le decorazioni, l’arrivo dei profughi dalle zone di guerra, gli inizi della costruzione della S.M.I. a Fornaci (di cui già abbiamo parlato su queste pagine). Seguiamo questo filo per ricostruire una piccola storia di Barga durante la guerra ’15-’18.

La prima conseguenza della guerra a Barga fu l’emanazione di un decreto da parte del Comando della Piazza Marittima di La Spezia, incaricato di provvedere all’oscuramento del territorio per evitare attacchi nemici: a pochi giorni dallo scoppio del conflitto tale organo deliberò che a Barga si osservasse l’oscuramento parziale, vale a dire l’illuminazione pubblica ridotta alle vie del nucleo interno dell’abitato munendo i fari di copertura per impedire la diffusione della luce in alto. È perciò vietato di accendere fuochi e lumi all’aperto, di tenere aperte porte e finestre di locali illuminati. I pedoni potranno far uso alla sera di lanterne cieche. I fanali nei luoghi pubblici sulle vie sono soppressi; il provvedimento fu sospeso pochi mesi dopo.

Tra maggio e giugno intanto partirono per il fronte i richiamati di ogni categoria (prima categoria se destinati ai corpi di combattimento, seconda e terza se di riserva). Nella cittadina cominciarono allora a fiorire una serie di comitati e sottocomitati di frazione in favore dei compaesani lontani, tra i quali quello che forse si distinse maggiormente per operosità fu il comitato femminile che attivò raccolte di denaro (si raggiunse in pochi giorni la ragguardevole cifra di 2000 £), biancheria, libri ed oggetti vari. Ne erano Presidentessa onoraria Giannina Mordini, Presidentessa effettiva Zaira Nardini, Vicepresidentesse Adele Salvi e Giuseppina Del Rosso, Cassiera Marianna Caproni, Segretaria Bice Diversi

Nel corso delle varie raccolte benefiche vi fu un dono particolare, come riportato da un articolo a firma del celebre Goffredo Bellonci (ripreso dal Giornale d’Italia). Oggetto dello scritto era un dono fatto al Comitato di difesa interno da parte di Maria Pascoli, sorella del poeta: si trattava di un… lenzuolo. Le signore del comitato che si occupavano del corredo dei soldati si videro infatti recapitare da Castelvecchio un pacco con alcune dozzine di pezzuole da piedi, e un messaggio firmato da Maria: Ecco la tela di qualche lenzuolo di Giovanni Pascoli.

D’altra parte, come si evidenzia dalle lettere scritte dai soldati al fronte, una delle peggiori bestie da sconfiggere era il freddo; difatti una delle raccolte per cui il comitato si batté alacremente fu quella della lana e delle pelli, sotto forma vergine o già lavorata, specialmente richiesti erano calzetti e berrettoni: in ciascun numero del giornale si pubblicavano i nomi delle benefattrici con le offerte in denaro o il numero dei capi di abbigliamento donati.

Alcune delle raccolte assumevano anche forme più particolari; ad esempio il pittore Alberto Magri realizzò in favore delle famiglie dei richiamati un disegno, riprodotto in serie sotto forma di francobollo. Il disegno raffigurava, attraverso semplici linee colorate, una bambina che reggeva un cesto pieno di bandierine tricolori, in atto di porgerne una con la mano destra. A parte rimaneva la dicitura Per le famiglie dei nostri soldati, Barga. Si tratta di un’opera minuscola ma importante in quanto la produzione di Magri legata alla Grande Guerra fu quantitativamente minima: l’unica altra opera cui il pittore affidò una riflessione sul conflitto è stata il quadro Il soldatino morto.
L’esempio di Magri fu poi seguito da un altro artista locale, Adolfo Balduini, che realizzò una xilografia, riprodotta in cartolina, con l’immagine di un babbo mentre dà l’addio alla piccola figlia.

L’ansia per la sorte dei congiunti al fronte si manifestava in situazioni di panico ed allarmismo: si diffondevano false notizie sulla sorte dei battaglioni, distrutti secondo la voce popolare in questa o quell’azione, o il pettegolezzo per cui il Comune, quando entrava in possesso di conferme di morte, non le spediva alle famiglie per non creare allarmismi.
Le ansie della popolazione non erano immotivate, dato che i primi barghigiani cominciavano a cadere sul fronte: il primo a morire, nell’estate del’15, fu il filecchiese Alfredo Ghiloni, di vent’anni. La Corsonna pubblicò una lettera scritta alla famiglia da un superiore: 12 agosto 1915. Egregio signor Ghiloni, Apprezzando tutta la santità del desiderio da lei espresso di conoscere i particolari della morte del suo povero figliolo, mi affretto ad inviarglieli unitamente alle mie più profonde condoglianze. Il povero Alfredo cadde da buon soldato come da buon soldato si comportò durante tutto il suo servizio. Istituitosi il plotone allievi sergenti fu subito assegnato al quarto plotone della dodicesima compagnia che io ho l’onore di comandare; e io non ebbi che da lodarmi del suo servizio di soldato prima, di caporale poi, per la sua attività e buon volere e soprattutto per la sua bontà e gentilezza d’animo e di cuore. Cadde, come le avrà scritto il mio comandante di compagnia, alla testa della sua squadra colpito al petto, durante un cambio che il reparto dava ad altre truppe in prima linea. A tutta prima non mi parve grave la ferita, e lo dissi anche ad Alfredo, quando avvisato dell’accaduto tornai sui miei passi per vederlo e per fargli cuore: disgraziatamente il giorno dopo si aggravò e smentì le mie previsioni. Vada orgoglioso Sig. Ghiloni, di quel ragazzo, e gli sia di conforto il pensiero che il ricordo di Lui non si cancellerà molto facilmente né in me né nei suoi compagni del Plotone, a nome dei quali le rinnovo i sensi del nostro cordoglio.
Questo ragazzo fu poi seguito da un secondo morto in combattimento, Giuseppe Ghiloni di Fornaci di Barga; di lì a poco, purtroppo la conta dei morti andò persa per la quantità. Ed eravamo solo agli inizi di una grande tragedia che si sarebbe protratta per altri tre anni.

Un ringraziamento a Lucia Stefani per il materiale fornito.
Nella foto: Cartolina da collezione di Maria Pascoli, conservata a Castelvecchio

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