Ricordando Maria Vittoria Stefani (seconda parte)

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Riprendiamo l’interrotto racconto della vita di Maria Vittoria, scomparsa il 6 aprile 2015, tratto dall’intervento “elogiativo” fatto ad Albiano di Barga il 28 marzo 1998, durante la cena sociale dell’allora Gruppo barghigiano degli Amici dei Musei di Lucca:

“Questa è l’occasione per ripercorrere un poco la vita di Maria Vittoria, essenzialmente nella sua dimensione pubblica.

Ci proverò, ma non nascondo che mi resta non facile per il periodo che precede la metà degli anni ’70. Dimenticherò qualcosa, forse anche d’importante, e di questo me ne scuso preventivamente.

Maria Vittoria è una barghigiana DOC e quest’appartenenza alla sua terra la vive giorno per giorno con un profondo amore per tutto quanto la circonda: uomini, cose, paesaggi …

Dopo le scuole dell’obbligo, si fa per dire, perché ai suoi tempi l’obbligo forse era per la prima o, la seconda elementare, mentre oggi s’intende sempre meno la media inferiore, dicevamo che dopo le scuole elementari fu iscritta alle Magistrali che si frequentavano al Conservatorio di Sant’Elisabetta. L’istituto scolastico Conservatorio per la formazione elementare femminile fu voluto dal Granduca Leopoldo di Toscana nel monastero che era delle Clarisse di Sant’Elisabetta tra gli anni 1786-89.

Con quanto detto abbiamo un’idea del suo forte attaccamento all’istituzione Conservatorio, agli inizi del secolo ampliato alle Magistrali, appunto, per averlo vissuto dal dentro quale educanda studente. Ecco allora che si fa chiaro perché ultimamente esprima tutto il suo disappunto nel vederlo sminuito nella sua importante funzione educativa con una sia pur importante Casa di Riposo, mentre ben lo vedeva come sede di un’altra scuola che ne avrebbe immutata la nobiltà e il prestigio dopo la sospensione dell’educandato avvenuto agli inizi di questi anni ’90.

Terminati gli studi barghigiani, dopo due anni fu iscritta all’Università di Firenze, a Magistero, dove nel 1942 raggiunse la laurea in Materie Letterarie. In seguito fu docente per un periodo in quelle Magistrali di Barga che l’avevano vista studente.

L’insegnamento s’interruppe quando legatasi a Riccardo ci fu bisogno del suo aiuto nell’ufficio notarile, collaborando fino al momento che lo stesso Riccardo, per i raggiunti limiti d’età, dovette lasciare l’incarico.

Negli anni ’50 entra nella “San Vincenzo De Paul”, della quale sua madre, Teresa Nardi, ne era stata presidente. Suo padre Lando Lucignani era stato consigliere comunale, mentre il bisnonno Nardi, primo Gonfaloniere (sindaco) del Comune di Barga.

La “San Vincenzo” era una confraternita ispirata alla vita del Santo che ha un suo altare al SS. Crocifisso di Barga: il Santo degli emarginati, degli oppressi e dei poveri.

Risaputo e noto è l’impegno di Maria Vittoria che si protrasse sino alla morte di Monsignor Lino Lombardi proposto di Barga (1965), con un tentativo di ripresa al tempo del successore Monsignor Baroni, ma i tempi erano cambiati in tutti i sensi, con la conseguente decisione del ritiro. Tale attività, che per la mia generazione risale a tanti anni fa, la fece distinguere per dedizione e generosità.

Erano anni che della carità ce n’era assai più bisogno di oggi (1998) e ancora in tanti ricordano l’utilità della “San Vincenzo”, il suo discreto sostegno in diversi momenti importanti della loro vita familiare: vestiti per le comunioni, regali per la Befana, interventi economici, ecc. Questa specie di missione, però non era vissuta con superficialità, cioè come un esercizio caritatevole favorito anche dalle possibilità economiche o dalla volontà di collettare fra i cittadini. No! Ben più profondo era il suo sentire, mosso sì da un vivere da buoni cristiani, ma ispirato, perché non dirlo, anche da una fede in ideali. L’intima convinzione della speranza che con sé porta il socialismo nell’espressione umanitaria, che tante emozionanti pagine di solidarietà ha scritto nell’ipotetico libro cuore della fratellanza. Un’applicazione della propria dimensione dell’anima che se vuol essere vera e credibile, non può e non deve avere limite di confine e mai li ha avuti in Maria Vittoria.

Un’autentica democratica che pone sopra a tutto la regola della ragione, del buon senso, del rispetto, della tolleranza, e così dicendo.

È in lei una certa vena polemica che talvolta non è capita immediatamente, ma che poi, molto spesso tralasciamo come tale perché vi abbiamo colto una verità, uno snebbiamento, per non dire una chiarezza.

Vado per sommi capi e quindi perché tacere del suo impegno politico, con i socialisti di Barga, in parallelo con Riccardo? Responsabilità che produsse non poche azioni di cui Barga ancora oggi ne serba memoria. Una su tutte la battaglia per la difesa dell’ospedale del 1969, che la vide parte molto importante; anche allora doveva essere chiuso, ma lo spirito unitario di Barga prevalse e la battaglia fu vinta. Quello spirito che oggi rimpiangiamo (1998) e per il cui mantenimento Maria Vittoria aveva contribuito nella speranza del bene di Barga. Di questa terra che la storia ci ha consegnato ricca di nobiltà, di ricercata e sofferta libertà e che se buoni e attenti depositari hanno l’obbligo morale e pratico, dopo averla amata, di ben servirla, così amandola ancora. Questo è uno degli insegnamenti di Maria Vittoria.

Altro aspetto importante di questa vita che ha ancora di fronte a se impegni di un certo spessore è quello culturale.

Noi, Amici dei Musei, abbiamo avuto occasione di sperimentare le sue provate capacità ed è lì, il bel saggio sul Duomo di Barga. Quella lezione che si tenne nel febbraio 1996 presso la Biblioteca Comunale di Barga a Palazzo Giannetti. Altra lezione fu: “Giovanni Pascoli e l’ambiente barghigiano del suo tempo”, del febbraio 1997, tenuta alla sala Pro Loco di piazza Angelio.

Efficace anche la sua prolusione al concerto risorgimentale che Opera Barga eseguì in collaborazione con la Fondazione Ricci il 3 agosto 1997 in piazza del Comune o Salvo Salvi a Barga.

Quel concerto, che personalmente auspicai, si tenne per onorare nel centenario dall’avvenimento, il celebre incontro tra Antonio Mordini e Matteo Renato Imbriani, che si ebbe sulla panoramica terrazza del Caffè Capretz a Barga e che Giovanni Pascoli fermò nel tempo con alate parole scolpite nel marmo:

“Da questa terrazza il 3 d’agosto del 1897

Antonio Mordini e Matteo Renato Imbriani

contemplarono il tramonto e il sole illuminando

le fronti severe e serene dei due apostoli dell’ideale

sembrava ricingere d’un fulgor di gloria

le due forti generazioni che fecero l’italia.

Sole che quando tramonti non fai che promettere l’alba

sia dell’italica idea, sia della gloria così!

Giovanni Pascoli”

In quest’occasione, prima che il maestro alzasse la bacchetta, Maria Vittoria ridette luce a quell’incontro tra due figure di primo piano del nostro Risorgimento.

(fine seconda parte)

Pier Giuliano Cecchi

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