1953: a Maranello si corre con i colori di Castelvecchio – di Pietro Moscardini

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Nel 1950 la Targa Florio era già ultraquarantenne.
Mille Miglia e 24 Ore di Le Mans erano assai più giovani (metà anni Venti). Non esistevano però gare di durata esposte direttamente ai più duri agenti atmosferici; all’erosione meccanica di strade sterrate dritte e desertiche o estremamente tortuose, fra specie arboree, animali e aspetti geologici mai incontrati prima. In altre parole non esisteva nessuna Parigi-Dakkar della prima ora. Questa corsa nacque nel 1950 e si chiamò Carrera-Panamericana. La Panamericana era una corsa che attraversava l’intero territorio del Messico; dal confine con gli Stati Uniti al passaggio nel Guatemala, da nord a sud in alcune edizioni, da sud a nord in altre. Erano strade sterrate e asfaltate con materiale ruvido, molto corrosivo per i pneumatici. Le strade asfaltate prendevano il nome di “carreteras”.
Alla prima edizione parteciparono 126 vettura provenienti da tutto il mondo ma solamente 6 erano di fabbricazione europea. Due erano le italiane, le Alfa 2500 Sport Freccia d’Oro. La vetture dovevano essere di serie con almeno 50 esemplari costruiti; carrozzeria chiusa a 5 posti. Le case automobilistiche americane se ne infischiarono altamente e presentarono potenti motori modificati. Le case europee (almeno per la prima edizione) si attennero scrupolosamente al regolamento rimanendo così fortemente penalizzate. Le due Alfa terminarono rispettivamente al quarto e all’ottavo posto, arrivando al traguardo della penultima tappa (esattamente la n° 103) con due pneumatici a terra perché troppo usurati. Era una gara spartana e poco controllata, che nel 1950 fu vinta dalla vettura n° 52, una voluminosa Oldsmobile 88 Couple di Portland (Oregon) guidata dal pilota Hershel McGriff. L’auto era di proprietà di una grande azienda che produceva piante di rose da giardino per cui l’auto era disegnata con vistosi ed eleganti mazzi di rose.

Tre anni più tardi alla Ferrari di Maranello di preparano ben 5 vetture con livree di scritte di uno sponsor riferito ad una piccola industria del comune di Barga. Le vetture sono adornate sulle fiancate dalla scritta “Cartiere e sacchettifici ‘Ricci’ – Castelvecchio Pascoli – Italia”, in posizione ovalizzata con al centro la grande scritta “Ricci”. Anche sul cofano motore e il bagagliaio appariva la grande scritta “Cartiere Ricci”. Le altre auto in preparazione per la corsa messicana avevano la scritta “Sinclar” che era una vecchia industria di lubrificanti italiana.

La cartiera Ricci si trovava in località Paroli a Castelvecchio Pascoli, sulle sponde della Corsonna, e produceva carta, sacchi e sacchetti per la commercializzazione dei prodotti alimentari, per larga parte all’epoca venduti in forma di prodotto sfuso. Si producevano inoltre sacchi in carta per l’imballaggio del cemento. I sacchettifici che le facevano da corollario altro non erano che piccole unità produttive che provvedevano all’incollaggio e alla rifinitura finale del prodotto, ed erano anch’essi dislocati in zona. La cartiera era di proprietà dei fratelli Ricci: Mario e Giuseppe; che la gestirono per buona parte degli anni ’50 arrivano ad occupare fino ad una trentina d’operai. Dopo la gestione Ricci la cartiera ha continuato a produrre attraverso alterne vicende fin verso l’inizio di questo secolo; dopodiché è diventata uno scheletro di archeologia industriale con intrappolata una fetta importante della storia delle “rosse” di Maranello.

Ogni auto della Carrera Panamericana aveva il suo pilota ufficiale ed una sorta di co-pilota che non era però un navigatore rally anni ’70; si trattava piuttosto di un esperto meccanico che poteva essere a bordo o meno della vettura assegnatagli. Bisogna inoltre ricordare che un buon numero di pezzi di ricambio maggiormente usurabili o di maggior fragilità potevano essere caricati in bagagliaio. Con estrema precisione passiamo a risalire ai numeri di gara e ai nomi dei piloti e meccanici-navigatori. Questi i nomi i numero delle auto di “Castelvecchio” partecipanti alla IV Carrera Panamericana:
  • la n° 12, una Ferrari 375 MM con l’equipaggio Maglioli – Carini con un frontale macchina leggermente modificato rispetto alle altre 375;
  • la n° 15, una Ferrari 375 MM condotta da Stagnoli – Scotuzzi che però non riuscì a portare a termine la corsa;
  • la n° 23 di Ricci – Salviati: anche questa era una 375 MM che fu guidata dallo stesso Mario Ricci avendo questo nome scritto sul tettuccio nella parte frontale, ed un’altra scritta di minima visibilità sul cofano anteriore che confermava questa ipotesi: “Pilota Mario Ricci”;
  • la n° 26 con la coppia Mancini – Serena;
  • infine la n° 45. In questo caso si trattava però di una 340 Spyder Barchetta carrozzata Vignale con alla guida Luigi Chinetti e il suo meccanico De Portago.
I piloti di punta erano due, vale a dire Umberto Maglioli e Luigi Chinetti, ma purtroppo nessuna di queste auto riuscì a salire sul gradino più alto del podio. Luigi Chinetti era un pilota che era già stato ingaggiato da Enzo Ferrari nel 1949 per correre la 24 ore di Lemans. Chinetti guidò a Le Mans una Ferrari 166 MM che condusse per il 70% del tempo di gara raggiungendo il primo posto. Fu così che Ferrari decise di incoronare subito questo signore, assumendolo nel 1953 quale importatore unico delle “rosse” negli Stati Uniti d’America. Per tutti gli anni ’50 e ’60 diverrà un ricchissimo cittadino americano che venderà Ferrari a grandi industriali e divi di Hollywood. Creò inoltre una ricca scuderia corse denominata N.A.R.T. (North America Racing Team).
Le competizioni automobilistiche erano talmente importanti per il mercato di quel tempo che si arrivò a toccare numeri da monopolio; come alla 24 Ore di Le Mans del 1951 che vide schierate ben ventisette Ferrari fra ufficiali e private. In quello stesso anno la Ferrari partecipò alla sua prima Panamericana arrivando a conquistare il gradino maggiore proprio con Luigi Chinetti che pilotò una Ferrari 212 Inter.
Umberto Maglioli raggiunse invece l’apice della sua fama portando al successo una Ferrari 375 Plus nell’edizione del 1954 della Carrera Panamericana. L’auto del 1954 aveva una potenza maggiore rispetto a quella dell’anno precedente ed anche un aspetto molto più corsaiolo.
La 375 MM Berlinetta del 1953 era una macchina elegante, potente e molto veloce. La sigla 375 stava ad indicare la cilindrata unitaria per cilindro. Con 12 cilindri si arrivava ad avere 4500 C.C. circa che erogavano una potenza di 350 CV a 7000 giri al minuto, con una velocità di punta che sfiorava i 260 km/h.
Molto bella anche la versione stradale che soprattutto nella parte anteriore aveva una linea moderna e aerodinamica. La versione più elegante fu carrozzata da Pininfarina.
La Carrera dl 1953 si corse dal 19 al 23 novembre. Fu suddivisa in otto tronconi cronometrati da sud a nord per un totale di 2542 km. Le auto iscritte furono 197 suddivise in quattro categorie: “Sport internacional”, “Turismo internacional”, “Sport Hasta 1600 C.C.”, “Turismo especial”. La Panamericana, in quell’anno, fu valida quale prova finale del neonato campionato mondiale Marche. La Ferrari e la Lancia erano ovviamente iscritte nella categoria più potente, la “Sport internacional”, dove parteciparono 30 auto. Le Lancia si aggiudicarono i primi tre posti con Fangio, Taruffi e Castellotti. Un quarto pilota Felice Bonetto perse la vita nella quarta giornata di gara, dopo un pauroso incidente.
Fangio vinse questa edizione senza mai vincere una tappa, ma sfruttando al massimo la sua regolare guida, pulita e corretta.
Le Ferrari “Cartiere Ricci” si aggiudicarono ben quattro tappe, con l’auto pilotata da Umberto Maglioli; furono vinte da Maglioli esattamente la quarta, la sesta, la settima e l’ottava tappa. Maglioli percorse i 300 km della settima tappa in 1h 27’ 45’’ stabilendo così la media record di 205 km/h su percorso stradale. Come si può ben capire era una gara senza limiti di sicurezza su strade diritte per decine e decine di chilometri dove di potevano toccare velocità di punta molto elevate. Altre volte i percorsi erano tortuosi e potevano andare a toccare altipiani sui 3000 metri sul livello del mare.
Se la Ferrari di Maglioli non riuscì a vincere la classifica finale fu colpa della quinta giornata dove fu classificata con il tempo massimo estremo che così era definito: “No allegarono a la meta causa averias”. Più difficile conoscere le esatte prestazioni del pilota barghigiano Mario Ricci. Sappiamo comunque che nella prima tappa si classifica 14° in 4h 12’ 28’’; nella seconda è 15° in 3h 34’ 40’’; 12° nella terza; 7° nella quarta tappa (suo miglior piazzamento); infine 8° nella quinta giornata. Le classifiche dei giorni successivi si fermano al decimo posto, dove non compare più il nostro pilota. Ritroviamo però il cognome Ricci nella classifica finale del 1953 stilata dalla Associacion Mexicana Automovilistica. Lo troviamo segnalato al sesto posto assoluto con il suo esatto numero di gara, il 23; ma con un nome che non gli corrisponde. Umberto Maglioli, il più medagliato di tappe lo troviamo fuori classifica ma con buon montepremi conquistato.
La logistica dell’intera spedizione fu curata dalla società “Scuderie di Guastalla”. Lo sponsor unico fu la cartiera di Castelvecchio. Le auto erano state tutte costruite a Maranello dalla Ferrari auto. Il montepremi finale che questa spedizione riuscì a riportare in patria fu piuttosto ingente e si aggirò sui 36.000 $.
Le auto di Castelvecchio cominciarono ad essere riscoperte negli anni ’90, ma naturalmente 43 volte più piccole di quello che erano in origine (scala 1/43). Il mondo del modellismo e del collezionismo le rende nuovamente ricercate. L’artigiano abruzzese Vincenzo Bosica realizza con perfezione maniacale i modelli con numero 12-15-26. Nel 2002 la fabbrica pesarese Art model riproduce una bella 375 MM con il numero 23 di Mario Ricci, sviluppando poi un nuovo modello nel 2014 con il numero 26. Anche sul catalogo del 2001 della casa napoletana Top-model si riconoscono diversi modelli delle Ferrari di Castelvecchio anche in versione sporcate di fine gara. Terminiamo nella scala maggiore 1/18 dove la B.B.R. di Saronno ha presentato nel 2014 all’annuale salone europeo del giocattolo di Norimberga una bellissima 340 Spyder Vignale con le scritte di Castelvecchio con riprodotta la simpatica targa di immatricolazione italiana: Bologna = BO29503 corredata con didascalia della data di immatricolazione e la specifica di esportazione per competizioni sportive.

Delle cinque vetture partecipanti alla corsa americana del 1953 si sono perse per sempre le tracce. Probabilmente hanno terminato la loro carriera agonistica in qualche circuito statunitense, sempre supponendo che non siano arrivate in fondo alla Panamericana troppo rovinate.
Non bisogna però dimenticare che alle cinque auto che attraversarono l’oceano bisogna aggiungerne una sesta che rimase a gareggiare in Europa e che risultò essere assai vincente. Questa Ferrari – Ricci (con il numero di telaio 0322AM) giunse quinta alla 24 Ore di Le Mans e raggiunse il successo nella 24 Ore di Spa, sempre nel fatidico 1953. L’auto rimase poi proprietà della famiglia Ferrari fino al maggio 2006, quando l’azienda decise di mettere all’asta 33 gioielli della propria collezione (F1 comprese). L’asta si tenne a Maranello e la Ferrari di Castelvecchio spuntò il secondo prezzo più elevato e fu aggiudicata alla funambolica cifra di 4.235.000 € (chiavi in mano), andando così ad occupare secondo una recente classifica di Quattroruote- Ruote classiche, il 66° posto fra le cento auto più costose al mondo dall’inizio del 2000.

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