Tutto il mondo è paese, ma… Barga piange

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Diversi cittadini incontrandomi mi sollecitano a scrivere qualcosa circa il degrado di Barga in genere e specialmente del castello. È questo un compito facile all’apparenza, ma a ben vedere, osservando come vanno le cose in Italia, dove quasi ogni luogo, più o meno grande, lamenta di queste disattenzioni, chiamiamole così, allora si corre il rischio di partecipare a chi la spara più grossa e di concorrere a infondere nelle persone un senso di scoramento. Mi auguro invece sia stimolo condiviso.

Premesso ciò, l’idea che qualcosa occorra dire resta pur vera e sempre utile, e così parlare anche della nostra e cara Barga, la Bella Signora Senza Tempo. Chi visita Barga rimane affascinato da un’improvvisa carraia castellana che sale o scende misteriosa, dall’inaspettato apparire della mole del Duomo e del suo massiccio e svelto campanile, dai viali cittadini che salgono o scendono la parte nuova della città, delle antiche e recenti piazze, veri e accoglienti salotti per tutti. Si soffermano e osservano, si fermano e mangiano o bevono, e noi, a volte con loro, in silenzio soffriamo, come padroni di una casa in comune, di non poter offrire agli ospiti una migliore visione della nostra città. Poi vanno, girano qua e là, si soffermano e a volte saremmo tentati di sparire per non scomparire di fronte a un’occhiata che ci pone in difficoltà.

Un signore e conoscente, fermandomi in questi giorni al Giardino, mi ha detto: “Scrivi qualcosa per questa Barga, perché non va bene sia trattata così”.

Per risposta gli ho detto: “Hai ragione, anch’io sono del tuo avviso, anche se ciò che vediamo o meglio si trascura a Barga si ha in quasi tutta l’Italia e i telegiornali più volte, per non dire giornalmente, lo pongono in evidenza”. Così, come questa persona, altre mi dicono di cose trascurate, come il servizio igienico al cimitero, che trattai in altro articolo su questo sito e su cui si è intervenuti. Non solo questo ma anche di pericoli, come la fogna che nel sottostante poggio dell’Arringo del Duomo, non essendo più in grado di far defluire le acque nello scarico a terra, lascia filtrare l’acqua piovana a metà del muro che cinge il Duomo vicino al SS. Crocifisso. Qui, alcuni sassi dello stesso muro, forse per l’erosione della malta dovuta alla stessa acqua, molto meno per probabili cause naturali, sono smossi, lasciando intendere che se non oggi, domani, potrebbero anche cadere.

Già avevo segnalato il degrado dello stesso muro dell’Arringo, dove vegeta una pianta che ancora è lì, come se nessuno l’avesse vista e segnalata. Alzando gli occhi dove c’è il Palazzo Pretorio, il piccolo giardino che un tempo serviva per l’ora d’aria ai carcerati, la vegetazione di alcune piante svetta troppo maestosa e straborda dal muro di cinta Un vero pericolo per la stabilità del luogo.  Poco sotto, sulla via che scende verso San Felice, si sta sfacendo il manto dell’asfalto ecologico. Tutto un ghiaino che con le piogge scende alle fogne e già le ha intasate, cosicché, quelle ora non servono più a nulla.

Anni fa mi presi la briga, su segnalazione accorata di un amico oggi scomparso, di porre in evidenza i pericoli cui andava incontro il seicentesco acquedotto che sta sul ponte di Macchiaia, segnalando la cosa con una lettera diretta ai nostri amministratori. Il silenzio fu l’unica risposta per me ma poi vidi che qualcosa s’intraprese sulla sommità e la facciata degli archi che guardano il ponte Lombardini, togliendo le spontanee piante e rimettendo il cemento. Da allora a oggi la cosa è migliorata ma occorrerebbe intervenire ancora per liberare la base degli stessi archi dalla vegetazione, che può creare seri problemi. Così il sottostante ponte, colmo dall’infestante vegetazione, tanto da tappare l’arco e se per fortuna stiamo andando verso il tempo in cui le foglie cadranno, poi ritorna anche l’anno nuovo e con esso il fogliame più vigoroso del precedente avendo rafforzato le radici che stanno nelle pietre dello stesso ponte.

Siamo al ponte di Macchiaia e allora saliamo la via che va all’omonima porta e vedremo ancora come il muro castellano sia colmo di piantine e altri virgulti; solamente ad altezza d’uomo si è intervenuto in questa estate passata. Avanti ancora, accompagnati da transenne che pongono in sicurezza il passeggero dal pericolo di un cadere del muro che limita il giardino di villa Buones Aires, eccoci arrivati nei pressi dell’antica Porta Macchiaia. Da qui si può osservare la via che scende e poi risale alla chiesa di Santa Maria della Fornacetta, e che abbia sul lato destro, sul muro che limita la strada, tutta caduta una rete metallica che era ornatamente colma di edere, così lasciando il passeggero nel pericolo per lo scoperto basso muro, su cui sono rimasti i punzoni ferrei di sostegno alla stessa rete. Quel muro sta al passeggero che vi si appoggi ben di sotto la cintola dei pantaloni.

Salendo ora verso Porta Macchiaia viene naturale guardarla e comprendere che il manufatto avrebbe bisogno di cemento che rinsaldi gli smossi sassi, ormai ridotti a farsi forza uno con l’altro.

Qui ci fermiamo ma potremmo andare avanti ancora e osservare qua e là cose che disturbano il buon senso delle cose, come quella costruzione di bozze cementifere che è lì vicina alla porta, abbandonata e assolutamente non bella da vedere. Oppure sul Fosso le cunette che stanno sotto il muraglione e lungo tutte le mura che sono ricolme di erba e piante. Potremmo continuare dunque, ma qui ci fermiamo, dicendo solo che per l’arredo cittadino e qualcosa di più, come la rinascita della fontana del Parco Kennedy, è stato fatto da benemeriti cittadini e cittadine associate tra loro. Un segno di speranza che ci spinge a credere che l’antico spirito di Barga non sia ancora spento e Dio voglia continui! Augurando che volga a fondamentale patrimonio di tutti.

 

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Commenti

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  1. Bell’articolo. Io sarei andato ancora giù molto più duramente. Comunque riflettiamo “mal comune” non vuole assolutamente dire “mezzo gaudio”. Ripeto che chi dovere rifletta. E poi agisca.

  2. Pier Giuliano Cecchi


    Giuseppe Luti: grazie!

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