Renaio: quell’isola valdese tra le montagne

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Omaggio ad una fetta significativa di storia di quella piccola, ma significativa comunità che è Renaio, piccolo gruppo di case della montagna barghigiana che insieme alla zona di Piastroso nella montagna di Coreglia racchiudono la testimonianza di una presenza protestante che risale fino a 140 anni orsono.

Oggi poco o niente è rimasto dei Valdesi a Renaio, ma il ricordo delle persone, le immagini, le testimonianze quello sì ed in omaggio a questa importante presenza,  la chiesa valdese di Lucca ha organizzato sabato 14 luglio  questa festa valdese, appuntamento “sul filo della memoria”.

Tutto quello che si è riscoperto, che si è ricordato sabato a Renaio è il frutto dell’iniziativa voluta dalla chiesa valdese ed organizzata in particolare, tra gli altri, da Silvano Mannori che davvero ha fatto un gran lavoro di ricerca ed organizzativo che merita di essere ricordato e sottolineato.

Quella del 14 luglio scorso è stata una giornata intensa, aperta dal culto evangelico con predicazione del pastore Stefano Giannatempo, cerimonia che dopo tanti decenni è tornata in paese, come ai tempi in cui erano vivi alcuni dei protagonisti della storia valdese di Renaio, la famiglia Marchi in particolare e per ultimo uno dei suoi personaggi più significativi, Enrico Marchi – che univa la militanza comunista alla fede protestante. Di Enrico, il Righetto, il titolare dell’appalto e bottega di Renaio ora passato alla nipote Franca che ne ricorda tanto la figura ed i modi, si è svolta dietro la scuola elementare, in mezzo ai castagni e con scenario le vette delle Apuane e degli Appennini; e con sottofondo, oltre alla musica al piano di Andrea Salvoni, i campanacci delle capre nei boschi sottostanti.

Nella ex scuola elementare dedicata a Giuseppe Marchi, partigiano ma anche tra i protagonisti della presenza valdese di Renaio, una mostra fotografica che ha ricostruito questa storia, resa possibile anche grazie alle foto fornite dalle sorelle Vilma e Ornella Guidi ed all’aiuto di Veronica Marchi, discendente anche lei della famiglia.

Con una presenza davvero numerosa di appartenenti alla comunità valdese di Lucca, ma non solo, poi c’è stato al ristorante Il Mostrico, nella locanda ora di Franca e che fu di Enrico e prima ancora di Eva, un ritrovo conviviale al quale  tra gli altri ha preso parte l’ex ministro e deputato Valdo Spini che con la sua famiglia ben conosce Renaio dove il padre Giorgio, noto storico che intitolò negli anni ’60 la scuola del paese a Giuseppe Marchi, lo portava in villeggiatura durante l’estate. Spini, ha ripercorso quegli anni, ricollegandosi in particolare all’impegno valdese anche al servizio della comunità; bene impersonato a  Renaio dalle battaglie condotte negli anni da Enrico Marchi; significativa  la battaglia per l’ottenimento ad esempio della luce arrivata solo dopo una grande manifestazione che avvenne nel 1972; o per la strada asfaltata e per altri servizi che fino a quegli anni Renaio non aveva.

Ha ricordato poi la storia di quelle che il padre definì ‘Le Valli Valdesi della Toscana’, come le ben più grandi valli piemontesi che sono il cuore della presenza valdese in Italia.
Renaio, Tiglio e  Piastroso furono centri più importanti dove vivevano molte famiglie valdesi.La presenza documentata lungo queste valli risale al 1879. In quell’anno alcune famiglie, soprattutto di figurinai di origine lucchese, di ritorno dalla Francia decisero di stabilirsi su queste montagne. A seguire anche altre famiglie di emigranti di ritorno dal Regno Unito, in particolar modo dalle miniere del Galles, si stabilirono fra queste montagne. In entrambi i casi tutti questi nuclei familiari erano entrati in contatto con la realtà protestante di quelle terre e decisero di seguirne le orme anche una volta giunti a casa propria.

Tutta la montagna alle spalle di Barga contava decine e decine di famiglie appartenenti alla Chiesa Evangelica Valdese. Nei primi anni del ‘900 i suoi esponenti appartenevano ad un ristretto nucleo medio-borghese, fatto di piccoli commercianti ed intellettuali. Il massimo splendore della comunità valdese risale al periodo fra le due guerre mondiali, dove si arrivò a contare qualche centinaio di praticanti. Ecco alcune frazioni col numero dei fedeli valdesi (fonte: Archivio Storico Valdese di Torre Pellice, Torino) Renaio: 7; Attoia: 17; Piazzana: 14; Piereta:  6; Bebbio:  4.

Nonostante questo non fu mai aperta una vera e propria chiesa dove i fedeli potessero andare  a seguire il culto, e mai fu affidato alla comunità di Barga un pastore che rimanesse in maniera stabile.

Con lo spopolamento della montagna piano, piano la locale comunità valdese si assottigliò sempre più a causa dell’emigrazione da un lato, e a causa dei matrimoni misti dall’altro. Fu per ultimo Enrico a mantenere viva e costante la presenza valdese nel paese; negli ultimi anni anche solo con la lettura del vangelo nella stanza centrale della sua bottega, quando non era possibile ospitare da Lucca il pastore. Con la morte di Enrico e poi con gli ultimi funerali valdesi di Renaio, che furono quelli delle sorelle Bruna e Giulia, si è persa poi definitivamente la presenza costante ed anche l’impegno per portare avanti il culto evangelico a Renaio.

Di Renaio, dei valdesi, della famiglia Marchi, si è parlato a lungo nel pomeriggio che è seguito anche con Veronica Marchi e Vilma Guidi che hanno raccontato la storia della loro famiglia, l’impegno per la chiesa valdese, ma in generale per la vita e la crescita di Renaio. Ma anche l’essere avanti e progressisti nel senso di essere precursori dei tempi, proclamando la parità di sessi, o altri diritti che oggi sono la normalità ma un tempo non lo erano nemmeno a Barga; e invece a Renaio sì…

E’ stata ricostruita la storia della famiglia la cui discendenza parte da Enrico ed Assunta, che  erano i genitori della indimenticabile Eva di Renaio. Avevano due  figlie, Eva e Maria; Eva ad appena sedici anni sposò Giuseppe Marchi un giovanotto di 36 anni. Per lei il nonno costruì la casa di Renaio, comprò i boschi di Prata ed insieme ebbero 6 figli: Gina, Giovanni, Lino, Maria, che purtroppo morì poco dopo la nascita, Bruna ed in ultimo Enrico che prese il nome del nonno materno. Tutti ragazzi belli e vivaci. Gina, come figlia più grande, ha rivestito sempre un ruolo particolare, facendo da cuscinetto fra Barga, dove sposandosi era andata a vivere, e Renaio. Aveva sposato infatti l’Armando, un ragazzo alto e magrissimo di sangue bolognese, originario del paese di Baragazza. Socialisti il ilc apostipite Enrico e Giovanni, comunista ma contestatore  Enrico, comunista infuocato ma ortodosso fino al midollo, Armando, con qualche galassia di contorno di liberal socialismo da parte degli Stefani, il Notaio e la moglie Maria Vittoria, protagonisti anch’essi della vita familiare dei Marchi, per la continuità, l’assiduità bella e familiare della loro presenza.

Davvero interessanti poi, le testimonianze  ascoltate direttamente dalla voce dei protagonisti di quegli anni; un servizio che la trasmissione Protestantesimo dedicò su Raidue alla comunità valdese di Renaio il 10 febbraio del 1991 ed al quale si è arrivati grazie ad un articolo sul Giornale di Barga del tempo;

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è stata anche ascoltata una registrazione di un servizio televisivo risalente agli anni ’70. Il tutto ha permesso, direttamente dalle voci che vengono dal passato, di ricostruire meglio la storia, la convinzione e la scelta della fede valdese, ma anche le difficoltà di essere valdesi nei decenni scorsi, spesso causa anche di perdita di lavoro o di difficoltà a trovarlo e di pregiudizi ed anche di frizioni con la chiesa cattolica.

Tutto superato adesso anche in uno spirito ecumenico che in questi ultimi anni ha riavvicinato le comunità evangeliche a quelle cattoliche in una azione molto più collaborativa.

Di Renaio, di Enrico e di tutti gli altri valdesi che ora non ci sono più, ma di cui rimane la storia, si è parlato anche con lo scrittore Glauco Ballantini, fratello del noto personaggio televisivo Dario; con lui e la sua famiglia presenti a Renaio per le lunghe vacanze estive dagli anni ’60 fino al 1980.

Glauco ha scritto anni fa il racconto “Undici Chilometri”, pubblicato a puntate sul Giornale di Barga, che ricorda quegli anni e ricorda i personaggi di Renaio, le persone conosciute da bambino e poi adolescente che hanno segnato la sua vita tanto da fargli scrivere più volte di essere “nato a Renaio”, pur legato alle terre di mare, livornese nel profondo delle sue radici e nel suo essere.

Proprio lui ci ha raccontato  che in Renaio è come se avesse trovato una isola, una realtà completamente staccata in quegli anni dai progressi della civiltà che si poteva trovare solo a undici chilometri da lì, a Barga. Una isola non nel mare, ma nelle montagne; un luogo di altri tempi senza la luce e senza comodità, ma vero ed intenso, genuino ed unico; dalle genti in grado di segnarti con la loro intelligenza e con il loro acume e di entrarti nel cuore. Proprio come Enrico o come Giovanni Marchi.  “Per me i valdesi sono Renaio – ci ha anche detto – sono Enrico, Giovanni, Giulia, Bruna, Eva.

Nel ricordo di questa e di altre isole Glauco ha scritto e presentato anche a Renaio il suo recente libro dal titolo Alboràn: 110 racconti di 110 parole ciascuno. Alboràn è un racconto ma anche una piccola isola del mediterraneo dove si trova una comunità, un eliporto, un faro ed un cimitero. E’ un posto essenziale, un po’ come Renaio, dove nel piccolo ci sono gli elementi di comunità: chiesa, scuola, locanda. Specie negli anni 70.

Nel libro 12 racconti sono dedicati proprio ai personaggi già descritti di Renaio: elaborazioni ed approfondimenti di quanto trattato nel racconto lungo “Undici chilometri.” che termina con un ultimo omaggio di affetto alla famiglia Marchi:

“Nelle giornate di fine agosto, ultime della vacanza, il tempo peggiorava, cominciavano le prime pioggerelle ed era il momento di ritornare a casa.
L’ultima visita da fare era al cimitero, posto nella parte alta del paese, sopra la bottega, sulla cresta della montagna. Piccolissimo, con un cancello sempre aperto dal quale si accedeva al prato verde dove spuntavano solo le pietre verticali delle lapidi, che davano proprio la sensazione di un cimitero inglese: il bianco delle lapidi ed il verde del prato.

Sono tutti là i Marchi, a cento metri dalla loro casa, a guardare Renaio attraverso gli alberi della loro montagna.

Eva, Enrico, Giovanni e Giulia “dormono sulla collina” ed il loro mondo, la sotto, ormai perduto: il Vinicio, la Valentina, il Peppe, il Notarone, i preti, le bestemmie, le pecore e le capre, il formaggio, la Skoda rossa, l’erba e i cartoni, i bastoni per le camminate, tutto finito “nel tacito e infinito andar del tempo”.
Tutto tranne loro, i castagni, che hanno visto nascere ed ancora presidiano Renaio”.

 

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