La storia dimenticata di Camp Monticello. Mercoledì a Lucca la presentazione

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LUCCA – Questa è una storia di guerra, di guerra minore, ma sempre di guerra. E’ la storia dimenticata di Camp Monticello e dei prigionieri di guerras italiani di quel campo.

Tutto nasce dalla storia di un uomo: il sottotenente pilota Antonio Bizio, abbattuto con il suo caccia CR 42 nell’agosto del 1942 sul Mediterraneo, viene recuperato in mare da una nave britannica, e dopo una sosta ad Edimburgo ( U.K.), viene trasportato in America.
Gli Alleati si erano spartiti il carico dei prigionieri per non far pesare sul solo Regno Unito l’onore della sorveglianza e del relativo mantenimento.
Dopo un lungo viaggio viene rinchiuso in un campo per “Prisoner of War”, adiacente ad una piccola città dell’Arkansas, Monticello.
Lì trascorrerà due anni di detenzione, assieme ad altri 3.000 prigionieri. italiani; alla fine questa prigionia si rivelerà meno pesante e disagevole di quella patita da tanti altri commilitoni in altri campi sparsi in America, in Kenya, in Canada, nelle Hawaii, in India, in Gran Bretagna, in Italia.
La permanenza dei prigionieri a Camp Monticello, e la vivibilità al campo, furono regolate dal criterio di “reciprocità “ fissato nel ’29 a Ginevra, che impegnava le potenze detentrici di prigionieri a corrispondere loro lo stesso trattamento dei propri soldati.
E i soldati americani stavano bene. Avevano risorse praticamente illimitate…
La qualità della vita nel campo aveva, incredibilmente, aspetti paradossali che sfuggivano alla normale comprensione degli italiani prigionieri dal fronte africano; …. “appena arrivato a Monticello un soldatino fu portato a lavarsi nelle docce calde; chiese per quanto tempo poteva rimanervi; gli fu risposto dalla guardia… quanto voleva! Si stese sul pavimento e rimane sotto lo scrosciare dell’acqua per ore…”
La qualità della vita al campo era indiscutibilmente alta, pur essendo un campo di prigionia.
I prigionieri avevano un ottimo rapporto con la cittadinanza, potevano uscire, fare acquisti nei negozi, ascoltare musica, leggere libri, fumare, andare al cinematografo, farsi curare i denti dal dentista, o visitare gli occhi e farsi confezionare gli occhiali ! Si erano costruiti una chiesetta dove alcuni cappellani celebravano la Messa.
In quel campo non si verificarono crudeltà, sopraffazioni, o gesti di inciviltà.
Un trattamento più pesante lo ricevettero i prigionieri cosiddetti NON COLLABORATORI, che non vollero abiurare al giuramento di fedeltà al fascismo; per loro furono adottate misure coercitive più severe.
Il campo di Hereford in Texas era uno di quelli. nUn altro di questi campi era qui vicino, sotto Pisa, a Coltano.
Era tristemente noto per il livello molto alto di severità e per le bassissime condizioni di vita.
Fu chiuso nel ’47. Per fortuna.
Altri campi di concentramento furono aperti in tutti i paesi che combattevano, il problema dei prigionieri di guerra, ancorché minore, era di fatto generale.
La memoria riporta immediatamente con la parola “concentramento” ai più tristemente noti Lager tedeschi, dove furono sterminati gli ebrei.
Ma questa storia minore fu in effetti molto diffusa e generalizzata. Tra tutti i paesi coinvolti nel conflitto mondiale.
Questa storia, la storia dimenticata di Camp Monticello viene ripercorsa dalla figlia di Bizio, la giornalista Silvia, accompagnata dal figlio che è il regista del film, in un viaggio che lei compie a Monticello, lungo i resti del campo.
Il film si svolge sul percorso che lei compie nei resti del campo, soffermandosi a lungo dove c’erano le baracche dormitorio, la mensa, le cucine, la Cappella…
Durante il viaggio ha la possibilità di incontrare e parlare anche con una delle guardie, ancora vivente; trova dei resti di vita del campo, vecchie bottiglie di Coca Cola, quelle di vetro a forma di ragazza, una confezione arrugginita di dopobarba, un cucchiaio, il filo spinato…
La ricerca dei segni.
La ricerca del pezzo di vita tolto al padre.

Mercoledì 11 alle ore 10 nella Sala Convegni “Vincenzo da Massa Carrara” della Fondazione Casa di Risparmio di Lucca, in via San Micheletto n.3, verrà presentato il docufilm “La storia dimenticata di Camp Monticello”, per la regia di Matteo Borgart, della sezione “Educational” del Lucca Film Festival & Europa Cinema 2018.
Con me, a parlare di Camp Monticello, oltre alla figlia Silvia, e il collega Ten. Col. della Aeronautica Militare Italiana, Edoardo Grassia.

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Commenti

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  1. Ho letto solo ora con interesse la rievocazione del campo di prigionia di Monticello, Arkansas. Anche mio padre fu rinchiuso in quel campo e tuttora conservo un suo diario di guerra. Se è interessato ad ulteriori informazioni mi contatti pure, in ogni caso complimenti pert la vostra ricerca storica.
    Franco Gemelli

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