Un barghigiano del 1795 porta la statua di San Michele a Castiglione

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Premessa

Sul Giornale di Barga di Natale 2017, è pubblicato un mio articolo in cui parlo di quale fosse lo stato sociale in genere nel Comune di Barga al tempo della dominazione francese: “Economia e commerci nella Barga napoleonica”.

Si tratta di un lavoro effettuato su due statistiche di quegli anni, la prima del 1804, tempo del Regno di Etruria, mentre la seconda del 1811, tempo del Dipartimento del Mediterraneo. Giova ricordare che l’exclave fiorentina di Barga era entrata sotto la dominazione francese contemporaneamente al resto del Granducato di Toscana: l’anno 1801 entrando nel Regno d’Etruria, mentre nel 1807, nel Dipartimento del Mediterraneo, questo sino alla Restaurazione dei vecchi sovrani.

Nelle varie evoluzioni politico-geografiche che avvennero in Valle del Serchio e Lucchesia in quel quindicennio, vediamo che Barga mantiene un ruolo molto importante per la Garfagnana Superiore, tanto da divenire essenziale per la sua vita giornaliera. Infatti, Barga, che da secoli era costretta per il suo stato di exclave fiorentina, a dover fare ricorso ai mercati granducali di Pisa e poi anche Livorno, a seguito di ciò aveva sviluppato tutta una struttura di barrocci di un certo livello, come di vetturali, che settimanalmente, forse alternandosi anche secondo le padronanze, viaggiavano per quei lidi, per poi portare in loco ogni occorrenza. Le cose destinate alla Garfagnana superiore, scese a Borgo a Mozzano, esattamente ad Anchiano, tramite i contadini di Barga muniti di bestie da soma, erano caricate e portate ai luoghi prefissati.

Eccezionale era il traffico delle vetture con il sale, che Barga prelevava a Pisa e poi anche a Livorno con speciali esenzioni granducali circa le tasse, per poi rivenderlo anche alla Garfagnana superiore, dove né “smerciava una quantità prodigiosa” perché qui costava meno rispetto ad altri mercati.

Contratti di vendita che duravano 9 anni, erano stati fatti tra il 1787 e il il 1788 con un Giacinto Michelini di Castiglione, Stato di Lucca, che aveva una “canova” del sale a Campori di Castiglione. Allo stato di Lucca, inserito in Garfagnana con diverse enclavi territoriali, Barga vendeva il Sale anche alle Tre Terre Lucchesi di Riana, Lupinaia e Treppignana. Altro contratto lo fece anche con Castelnuovo estense, con contraente Francesco Saverio Maggesi.

Come nota di colore si fa osservare che per la provvigione di sale da rivendere nelle dette terre, si assisteva a delle vere e proprie gare economiche tra lucchesi ed estensi, che per avere la privativa per ricavarne vantaggi economici rivendendolo all’altro stato, scrivevano al fiorentino Comune di Barga delle lettere con le loro offerte.

Le carrate del sale, composte di 22 sacche da 2 staia l’una e bollate a Pisa, partivano da Barga con capo carradore Felice Lucignani, mentre, sempre in quel periodo, la canova del sale era gestita per il Comune di Barga da Gaetano Tallinucci.

Si è fatta questa premessa per rendere edotto il lettore che, per le varie motivazioni che sommariamente abbiamo cercato di esporre, Barga era sufficientemente attrezzata di carri trainati da cavalli.

Questa premessa ci introduce all’argomento dell’articolo.

 

Luca Caproni vetturale di Barga, nel 1795, da Carrara porta a Castiglione Lucchese la statua di San Michele.

 Certamente fu il rapporto che avevano le terre cosiddette garfagnine, sia estensi come lucchesi, con gli esperti e attrezzati vetturali della terra di Barga, parte della Garfagnana Fiorentina, che senz’altro fece decidere agli uomini della vicaria lucchese di Castiglione, nel caso quelli impegnati nella chiesa di San Michele, il ricorso a uno di essi che andasse a Carrara a prelevare l’acquistata e pesante statua di San Michele Arcangelo. Sono questi anni d’importanti lavori di restauro alla chiesa di San Michele di Castiglione: tetto, pavimento e altro, e sicuramente anche di una rivisitazione degli arredi sacri, come la statua del titolare, appunto, probabilmente decidendo di cambiare un’ignota e vecchia statua ridotta in uno stato non più decente.

Circa l’assunto ci soccorre lo storico di Castiglione Samuele Cecchi, autore di un libro fondamentale per conoscere la storia della chiesa, eseguito l’anno 2009 sulla scorta di varie ricerche e anche ricorrendo ai sindacati o delibere dell’Opera di San Michele: “Appunti di storia – Quaderno 1 – Chiesa di San Michele”.

Prima di leggere quanto scrive Samuele Cecchi, crediamo sia interessante cercare di capire chi fosse stato questo Luca Caproni, questo ignoto personaggio di Barga che per il compito assunto, oggi è ricordato.

Di lui non abbiamo grandi notizie, però possiamo dire che è censito da bambino nello Stato delle Anime della Parrocchia di San Cristoforo di Barga, anno 1747.  Abitava in Pozza, luogo della stessa Barga che sta sulla via vecchia per Le Fornaci, qualche centinaio di metri dopo l’attuale Ospedale di Barga.

Il padre di Luca era Filippo di Luca Caproni di 30 anni, che alternava la vita di contadino sul podere con l’emigrazione invernale temporanea, nel caso è censito all’isola d’Elba, esattamente a Portoferraio. La madre era Filippa di Bastiano Da Prato di 36 anni. In casa c’era anche la madre di Filippo, Felice di Filippo Gonnella, di 67 anni.

Luca, poi detto il Cuna, quindi era nato nel 1745 e aveva una sorella, Maria Caterina di cinque anni più grande e oltre a loro, nella famiglia si trova altre due bimbe prese all’Ospedale di Pisa, Maria Domenica di 4 anni e Teodora di cinque mesi.

Conosciuti di lui questi poveri dati, ecco, allora, cosa ci narra Samuele Cecchi nel libro a proposito della statua di San Michele Arcangelo, quando l’anno 1795 si decise in seno dell’omonima Opera della chiesa, sia delle spese per l’esecuzione, sistemazione e del suo prelievo a Carrara, dove compare il vetturale di Barga Luca Caproni detto il Cuna, che aveva cinquant’anni.

La Statua di San Michele:

“Troviamo un’ampia descrizione nel libro dei Sindacati dell’anno 1795 e da qui ne deduciamo che la sua costruzione non risale oltre l’anno 1794. Ecco cosa ci riporta il sopraddetto libro. (I Sindacati dell’Opera di San Michele)

  • Per tanti pagati al Monsignore Iacopo Stoffetta per conto della statua di San Michele Arcangelo come da polizza n. 58. Paoli 146.
  • Per tanti pagati al Signor Notaro Filippo Lorenzi per il contratto, fatto col sopradetto Monsignore Stoffetta, come da polizza n.59. Paoli 59.
  • Pagati Paoli 3 e Cappelloni 4 per provista di pesi 11 di gesso, per collocare la statua di San Michele Arcangelo. Paoli 3,4.
  • Per tanti pagati a Luca Caproni di Barga detto il Cuna, Paoli 92 per il porto della statua di San Michele, da Carrara a Castiglione, compresa in questo la colazione a secondo del patto, come da mandato n.75. Filippi 67,9,8.
  • Per tanti pagati al Monsignore Iacopo Stoffetta di Carrara, Filippi 21, compreso in questo, tutte le gabelle di Carrara, Massa come per contratto di Ser Filippo Lorenzi il tutto in atto libero in Castiglione a riserva dei porti sopra accennati, dico per saldo e finali pagamenti come da mandataria n. 76.
  • Per tanti pagati in somma, Paoli 38 ½ per libre 10 di piombo e 25 di ferro, 3 di chiodi e fatto battere dei ferri a Simone Spelta e per del sapone e altre spese diverse per aver fatto i ponti, cuocere il gesso e collocare la statua al suo posto, ed aver mandato 10 persone per aiutare a tirare il baroccio da Campori a Castiglione così pattuito da Ascanio Cecchi deputato e per sua mano, come da mandataria n. 77. Filippi 33,4,8
  • Per tanti pagati a Matteo Turriani, Oste a Castiglione per aver somministrato le cibarie ai due maestri carrarini, per collocare la statua al suo posto e per tutto il tempo che vi occorse, non essendo l’Opera obbligata a pagare altro che le cibarie ai due maestri come da mandataria n.79. Paoli 18,5,4.
  • Per tanti pagati al Mariani di Pieve Fosciana cappelloni 18 per doratura della spada e catena e Paoli 1 per la fattura della catena di rame, cappelloni 15 per la legatura di due piane (illeggibile) e cappelloni 5 per la spada col suo manico, come da mandataria n. 80. Filippi 5,7,8. (Sindacati OPA S. Michele).

 

Nel leggere quanto sopra si espone, interessante per la particolareggiata descrizione, parrebbe di capire, restando il dubbio, che quel tale Monsignore Jacopo Stoffetta fosse stato o un intermediario oppure lui stesso l’autore del bel San Michele.

Simpatico anche il quadretto che ci possiamo immaginare nel vedere giungere a Campori, Luca Caproni, il Cuna, e qui magari vederlo scendere, nell’attesa che dal Castello arrivassero i dieci uomini pattuiti che dessero una mano a lui, ma soprattutto ai cavalli, affinché il carro carico della pesante statua potesse superare la ripida salita che porta a Castiglione. Tra l’altro, per la scrivente cosa di particolare interesse, così com’era stato pattuito in nome dell’Opera di San Michele da Ascanio Cecchi, un mio antenato, nipote del celebrato cartografo Domenico Cecchi.

  

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