Quando a Bagni di Lucca vennero internati ebrei, anglo-maltesi e jugoslavi

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L’Associazione Toscana Volontari della Libertà Lucca in occasione delle commemorazioni legate alla Giornata della memoria desidera accendere un lume sulla storia degli internati in lucchesia: le donne, i bambini, gli anziani, gli uomini, ebrei, anglo-maltesi e jugoslavi finiti a Bagni di Lucca. La cittadina ha rappresentato durante il secondo conflitto mondiale un luogo particolarmente significativo. Fin dal 1941 Bagni di Lucca venne scelta dalle autorità fasciste per alloggiare temporaneamente cittadini “ostili” all’Italia. Arrivarono quindi 80 cittadini di origine ebraica e a fine gennaio del 1942 li raggiunsero 200 stranieri di nazionalità anglo-maltese provenienti dalla Libia. Grazie alla ricerca di Andrea Giuseppini oggi possiamo ricostruire questa storia. Gli internati maltesi dovevano essere considerati “italiani non regnicoli”, ovvero italiani che non avevano prestato giuramento al regime e verso i quali si nutrivano sospetti. Per questo furono costretti ad abbandonare la Libia. Tra questi si trovavano 25 bambini di età inferiore ai sei anni e molte erano le donne e gli anziani. Furono alloggiati in sei alberghi e dovevano rispondere due volte (al mattino e alla sera) agli appelli nominali. Gli ebrei, in gran parte austriaci, polacchi e tedeschi,  invece erano al domicilio coatto.

Per controllare questo numeroso gruppo di “controllati”  il Ministero aveva inviato sei agenti, un funzionario e un impiegato di Pubblica Sicurezza.

Il 18 marzo 1942, in seguito a un ordine di trasferimento, giunsero da Montecatini Terme a Bagni di Lucca altri 250 sfollati dalla Libia sempre di nazionalità anglo-maltese. Questi vennero ricoverati a Villa Demidoff.

Nel maggio 1942 il Ministero dell’interno stabilì di internare in località più sicure tutti quei cittadini che mostravano un irriducibile attaccamento all’Inghilterra, dividendo il folto gruppo di anglo-maltesi. Già il 20 maggio la prefettura di Lucca rese noto il primo elenco di 118 anglo-maltesi per i quali era stato disposto l’internamento in alcuni comuni in provincia di Modena. Partirono dunque per Pavullo 15 internati, a Lama Mocogno (7), a Montese (7), a Frassinoro (14), a Castelvetro (7), a Maranello (12), a Fiorano Modenese (8), a Finale Emilia (18), a Castelfranco Emilia (15) e infine gli ultimi 6 a Novi di Modena.

In quei giorni giunsero a Bagni di Lucca per ricongiungimento familiari altri 17 anglo-maltesi.

Nel frattempo proseguì l’opera di “discriminazione” degli anglo-maltesi ancora presenti negli alberghi di Bagni di Lucca. Un altro elenco di sette nomi di persone da internare per i loro sentimenti “britannici” fu redatto il 22 giugno 1942 in seguito a una ispezione compiuta dal camerata militarizzato Salvatore Raniolo.

Il 15 settembre 1942, tutti gli anglo-maltesi ancora presenti a Bagni di Lucca vennero convocati presso il vecchio cinema di Ponte a Serraglio. Alla presenza di Carlo Mallia, consigliere nazionale del Fascio di Combattimento di Malta, e del marchese Guido Galcagnini, funzionario del Ministero degli affari esteri, venne chiesto loro se intendessero “dare la loro spontanea adesione al Fascio di Malta. Quasi tutti dichiararono che era loro intenzione rimanere inglesi”.

Dopo pochi giorni iniziarono i trasferimenti verso il campo di concentramento di “Fraschette” approntato ad Alatri in provincia di Frosinone. Il 17 ottobre avevano lasciato Bagni di Lucca 189 anglo-maltesi, mentre altri 80 si trovavano ancora nella cittadina termale (sette di loro erano ricoverati in ospedale).

A metà novembre del 1942 il gruppo venne nuovamente convocato dal Fascio per chiedere la spontanea adesione al regima. Anche in questa occasione nessuno aderì, ma gli 80 rimasero in città fino al settembre del 1943.

Nell’ottobre del 1942 arrivarono a Bagni di Lucca provenienti dal campo di concentramento di Molat (un’isola di fronte a Zara) 110 civili jugoslavi, rei di avere connivenze o familiarità con ribelli. Rimasero nella cittadina termale fino al 9 gennaio del 1943 quando anche questi vennero avviati al campo “Fraschette” di Alatri.

Nell’autunno del 1941 erano stati nel frattempo inviati al domicilio coatto a Gastelnuovo di Garfagnana circa 80 ebrei di nazionalità austriaca, polacca e tedesca. Questi il 4 dicembre del 1943 vennero radunati (solamente due famiglie non si presentarono riuscendo prima a nascondersi e poi a fuggire in territorio libero, i Meier e i Kienwald) e condotti a Bagni di Lucca. Rinchiusi nell’ex albergo “Le terme” ai bagni caldi, rimasero nella cittadina termale fino alla fine di gennaio del 1944 quando in treno furono trasportati ad Auschwitz, dove tutti – tranne la famiglia Toronski – trovarono la morte.

L’Associazione Volontari della Libertà Lucca presso il Museo della Liberazione, a palazzo Guinigi, sta lavorando anche alla memoria dei tanti lucchesi rastrellati e condotto come prigionieri al lavoro coatto in Germania.

Un’altra pagina della storia di un territorio che è uscito martoriato e ferito dall’odio dei regimi totalitari e dall’orrore della Seconda guerra mondiale.

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