Fornaci, un arrivederci o un addio ?

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(di Romano Verzani) –

E’ con sgomento e tristezza che stiamo assistendo all’ inarrestabile decadenza di questo paese che è stato il teatro compiacente delle piccole follie della gioventù, mia e dei tanti amici veri, che, o non ci sono più, o sono emigrati in altri lidi più accattivanti sul piano paesaggistico o lavorativo. Fornaci di Barga era nato, quasi per caso, nell’ Agosto del 1915, quando la famiglia Orlando di origini Livornesi, decise di localizzare nelle desolate campagne intorno al fiume Serchio, un grande stabilimento metallurgico che rispondesse a certe necessità strategiche e militari. Intorno a questo grande complesso nacque Fornaci. I lavoratori impiegati erano migliaia. Negli anni successivi, la dottrina sociale del fascismo imponeva alle strutture guidate dal capitalismo di destinare parte dei profitti al compimento di opere al servizio dei lavoratori. Nacque così, dove è adesso il complesso inutilizzato del “Campone”, una scuola che miscelando studio e pratica lavorativa sfornò nel tempo operai specializzati (meccanici, elettricisti, tornitori ecc.) di altissima professionalità. Si

costruirono le “Case Operaie”, un complesso di abitazioni per soddisfare, almeno in parte, le necessità abitative dei lavoratori e, ciliegina sulla torta, l “Asilo” (odierno Ceser) una struttura avveniristica per l’epoca, ancora oggi valida, che accoglieva orfani e disadattati dando loro un mestiere e possibilmente un’ istruzione. La “Fabbrica” era il termine di ogni aspettativa. Per un giovane di allora l’assunzione alla SMI era il raggiungimento di un sogno. Il porto sicuro che avrebbe accompagnato la vita, la famiglia, i figli, fino ad una tranquilla pensione. A distanza di 60 anni e più ci rendiamo conto di quanto illusorie e fallaci fossero quelle speranze e come il mondo sia drammaticamente cambiato, quasi all’ insaputa di tanta gente, che continua a pensare e comportarsi con gli stereotipi di tanti anni fa. La nascita della SMI fu senza dubbio la fortuna di Fornaci e dei suoi esercizi commerciali situati lungo la attuale via della Repubblica e quindi facilmente accessibili anche ai mezzi motorizzati e che qualche ottimista interessato continua ancora oggi a definire “Centro commerciale naturale”.

Nacquero allora (forse non sono tanti a ricordarlo) il Marchi, assoluto re delle calzature, il Vanni e il Verzani numeri uno della mobilità motorizzata e non, il Pierantoni leader assoluto dell’ortofrutta, il Puccini al top nell’abbigliamento, il Corazza per l’utensileria e molti altri più piccoli ma proiettati verso una crescita sicura. La presenza di questo grande complesso metallurgico fu senza dubbio la fortuna di Fornaci ma anche il suo limite assoluto. La popolazione del tempo era soddisfatta di far parte della “Fabbrica”. La sicurezza che ne derivava fece però si che si spegnesse piano, piano ogni spirito imprenditoriale e questo fatto si è poi dimostrato clamorosamente deleterio quando le fortune della “SMI” hanno iniziato a declinare per tanti motivi e nello sviluppo commerciale ed urbanistico sono entrati a gamba tesa sindaci politicizzati, pronti ed attivi a cogliere le opportunità offerte dal quadro politico in divenire. Il Comune di Barga non ebbe mai un sindaco con attitudini manageriali che andasse oltre la normale amministrazione e il piccolo cabotaggio e la famiglia Orlando non seppe produrre eredi capaci di gestire la crisi che cominciava ad attanagliare il tessuto industriale Italiano.

Così la decadenza è stata lenta ma inesorabile e il dibattersi della “SMI” ora “KME” fra mille artifici sindacali e tavoli istituzionali, fatti da patetici inutili personaggi, rotola lentamente ( salvo miracoli ) verso una inevitabile chiusura. Tutto avviene nel silenzio più assordante delle voci più importanti del cerchio magico di Renzi. Il destino di Fornaci appare segnato e solo a un gruppo di volonterosi ragazzi del “Fornaci 2.0” è affidato ora il difficilissimo, donchisciottesco compito di trasformare un addio preventivato in un miracoloso arrivederci.

Romano Verzani

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